“Attraversiamo Via Taranto e, percorsa la breve Via de’ Roma, ci troviamo di fronte ad un istituto scolastico che occupa il suolo su cui sorgeva uno dei due conventi dei domenicani che esistevano a Brindisi e che furono soppressi nel periodo napoleonico. Alle sue spalle si trova la Chiesa del Cristo.” (1)
Chi vi arriva da Lecce, invece, potrà attraversare il bellissimo arco di Porta Lecce, con la sua antica edicola risalente al 1617 e, subito a destra salire la prima scalinata. Si troverà di fronte l’ex scuola “G. Marconi” e, a destra, la chiesa del Cristo.
“Sulla facciata della chiesa troviamo, appena leggibile, a sinistra del portale, sulla prima fascia bianca della decorazione , l’anno della fondazione: 1232, A (nno) FU (n) D (atio) CON (ven) tus.” (1)
“Il fondatore fu Nicola Paglia da Giovinazzo, discepolo di S. Domenico. Restauri effettuati in questo secolo hanno riportato all’antica bellezza e semplicità la facciata che, come quella della posteriore S. Maria del Casale, è caratterizzata dalla struttura monocuspidata, dagli archetti pensili e dalla bicromia ottenuta alternando la pietra bianca e il carparo.” (1)
Il luogo di culto si presenta così: “una sobria chiesa gotica ad aula unica, con una bellissima facciata “a capanna” bicroma” (2). “Di particolare bellezza il rosone costituito da due fasce concentriche a motivi vegetali e da una raggiera di 16 colonne. Esternamente ad esso v’è un altro semicerchio vegetale che termina con due colonne sui cui capitelli poggiano due aquile.” (1)
Guardando con attenzione alla base delle colonne, notiamo figure bizzarre e irreali; solo che, le incisioni anzichè essere collocate sul portale, come era accaduto con le chiede di S. Giovanni al Sepolcro e S. Benedetto, sono state poste sul rosone.
“Sulla lunetta sovrastante il portale, nel 1966 è stato collocato un rilievo di Giacomo Erriquez rappresentante il Crocifisso con ai lati il beato Nicolò Paglia e san Domenico di Guzman.” (3)
“La chiesa, (..) appare oggi ridotta di 1/3 in lunghezza rispetto all’originaria impostazione, per la demolizione, resasi necessaria fra XV e XVI secolo per la compiuta definizione del saliente difensivo di Porta Lecce, del vano presbiterale e corale. ” (3)
“Nell’interno, ad unica navata, con tetto a capriate, sono, sulle pareti limitari, i due soli altari barocchi non demoliti durante i restauri del 1950 e del 1972. ” (3)
“Sulla sinistra è quello realizzato il 1640 da Giulio Cesare Penna per volontà di Marco Antonio Noguerol che in questa chiesa volle essere sepolto; a sua memoria fu ammurata l’epigrafe tuttora in sito in cui si precisa esser stato miles hastatus in arce rubra e dunque di stanza sulle fortezze di Sant’Andrea. L’altare è dedicato alla Madonna del Rosario coi misteri scolpiti fra intrecci roseiformi; su di esso un’epigrafe rende sia l’impegno finanziario del Noguerol a proposito della sua dotazione che quello dei predicatori per le sacre funzioni a celebrarsi.” (3)
“Sulla destra è l’altro altare, ora intitolato al Sacro Cuore di Gesù ma in precedenza a San Domenico, con stemma dell’O.P., con stucchi e statue rappresentanti San Giuseppe, la Vergine e San Domenico; le tele ora in sito, a sostituzione di quelle secentesche, sono state dipinte nel 1955 da Umberto Colonna.” (3)
“Pregevoli il Crocifisso ligneo (sec. XIII), sull’altare dell’abside, e la Madonna della Luce (a destra di chi entra), statua lignea del XIII secolo (?) attribuita ad intagliatore italo-francese.” (1)
Il primo “fu molto venerato in tutto il Salento determinando forti flussi devozionali attestati dalle riproduzioni che, acquistate dai pellegrini, sono state rinvenute in vari centri salentini. Vuole la leggenda che sia giunto a Brindisi, su una nave, del veneziano Giovanni Cappello, proveniente da Alessandria d’Egitto; si sarebbe trattato di approdo forzoso determinato dalle avverse condizioni del mare. Proposto il Crocefisso alla venerazione nella chiesa del Cristo perché potesse essere venerato dal popolo brindisino, sarebbe stato impossibile rimuoverlo da tale collocazione. Nell’occasione, ne sarebbe stato asportato l’indice della mano destra quale sacra memoria da conservare in Venezia.” (4)
“La Madonna della Luce (o Madonna in trono – fonte wikipedia) è conosciuta anche come Madonna della Pisara per la leggenda che vuole la Vergine punire con una Pisara, pesante attrezzo agricolo in pietra, l’oltraggio subito da un soldato francese. E’ possibile che la statua provenga dall’altra chiesa domenicana della Maddalena, sul sito dell’attuale palazzo di città, essa pare opera non estranea ad ambiti o influssi arnolfiani ed attribuibile al XIII secolo.” (4)
All’interno della sagrestia della duecentesca chiesa del Cristo dei Domenicani, v’è anche un altro piccolo crocifisso: “ha dimensioni simili all’altro conservato nel museo diocesano. Stilisticamente è molto differente perché, di fattura arcaica, richiama i crocefissi del XIII e XIV secolo. Quest’opera anonima, di cui è sconosciuta la provenienza, pare databile alla fine del XV secolo. (..) Il corpo del Cristo del piccolo crocefisso è in ottime condizioni; la croce è stata certamente rifatta. Sul capo la corona di spine è molto evidente, con grossi rami che s’incrociano in modo ondulatorio. (..) Gli arti inferiori e superiori hanno buone proporzioni; in alcuni punti sono evidenziate le varie parti anatomiche con l’accentuarsi del chiaro scuro, come nel caso delle ginocchia. I piedi, stilisticamente arcaici, sono grandi, soprattutto le falangi. Essi sono posti uno sull’altro e ovviamente, secondo l’uso del tempo, trafitti da un solo chiodo.
Il corpo di Cristo è di toni policromi molto scuri, la pelle è marrone, i capelli e la barba sono di colore castano scuro, il perizoma di color ocra. Le ferite grondano sangue di colore rosso scuro dal volto, dal costato, dalle ginocchia e dalle mani. Tali colori scuri richiamano soprattutto i crocefissi medioevali. Il Cristo è stato rappresentato in un momento in cui è ancora vivo ed esprime i terribili tormenti subiti. Le sue membra, già lacerate dal dolore che hanno sopportato a causa della flagellazione, ora sono percorse dal tremito e dall’angoscia: le sue forze sembra stiano venendo ormai meno. L’espressione del volto, in cui è dolore e riflessione” (4)
Ancora oggi, la leggenda del Crocefisso viene ricordata tra i fedeli e, la brindisina Lucia Tramonte – a cui rivolgiamo un vivo ringraziamento e i più sinceri complimenti – ha voluto riferirsi ad esso con questo simpaticissimo componimento in dialetto locale.
L’Istituto Tecnico Commerciale “G. Marconi”
Nel 1927, di fronte al forte deterioramento delle strutture del Convento dei Domenicani del Crocefisso connesso alla chiesa, l’Amministrazione Provinciale diede avvio ai lavori per la sistemazione del fabbricato e la collocazione al suo interno dell’Istituto Tecnico Commerciale G. Marconi. I lavori ebbero termine il 30 giugno 1928. (6)
CRISTU TI LI DOMENICANI
Piccenna, virgugnosa, a n’angulu rruccata, ‘nci sta na chiesa a Brindisi a Cristu cunsacrata.
Intra, nu Crucifissu a mmienzu sta ppindutu: to uecchi sofferenti, na facci ti patutu!
Ci po’ lu uardi megghiu, ti ddueni ca a na manu, no teni cchiù nu tiscitu, li manca sanu, sanu.
Tu pienzi ca a tant’anni la tarla è rusicatu, li surgi o li ‘mbaloti du tannu annu lassatu…
Sintiti qua nu picca, pircè cussì non eti: è statu nu miraculu, nu segnu ti la feti!
Vinìa ti l’Allessandria nu riccu bastimentu caricu ti ricchezzi sia t’ oru ca t’argientu
Purtava ossi ti santi, Matonni bizantini… ti stinchi ti li martiri, li stivi erunu chini.
Quando si scè truvau a mienz’a n’uracanu, iunduli comu liùni lu sta gnuttiunu sanu.
Matonna ccè timpesta! Li lampi a cientu a cientu spaccaunu li nuvegghi gunfiati ti lu vientu.
Fo’ grazia o fo’ fortuna, o comu santu sia, la varca si ‘nd’assiu ti mmienz’a dda paccìa.
Mittendu peti a ‘nterra, li mari pillicrini, ‘ntra Cristu riparara circandu prutizioni.
Lu monucu priori, mancu ‘nci l’ier’a diri, li porti scampagnau cu pòzzunu trasìri.
Venn’a sapè cussìni, c’a sott’a la sintina, stava nu Crist’an’ croci pittatu cu arti fina.
Ttaccau subit’an curtu, e sobbr’a n’altarinu mpizzau du beddu Cristu vinutu ti luntanu.
Tutti li brindisini no vòsira priàti. E ci pi devozioni, ci pi curiositati,
cu li cappiedd’a manu vènnira a cintinara, ca mancu alli Sipolcri si veddi dda’ jumara.
Cristu nchiutatu a n’ croci vitìa di pinitenti, lu cori li scattava, vulìa quasi cu scendi.
“La feti vostra è grandi! -lu Signori pinsau- Rumagnu qua cu vui, no vogghi’a mi ‘ndi vau!”
E quandu nu picuezzu, feci cu ‘ndi l’assìa… a’ voglia cu tirava quiddu no ‘nci vinìa.
Bellu pritinchiucatu, nu giòvini chiamàra ma mancu quiddi razzi ti dda’ ‘ndi lu tiràra.
– Miraculu eti quistu! critàu na vicchiaredda. -Miraculu addaveru! Tutti ti tret’a quedda.
No si capìu cchiù nienti, fo tuttu nu rrivuetu, Cristu no’ si muvìu ne’ mancu ti nu metru.
Lu tiempu sta passava, e com’a Salomone lu vescuvu truvau na bella soluzioni.
-Pi volontà divina, Cristu rumani quài Tagghiamuli nu tiscitu no ndi parlamu cchiui!
Partiu lu bastimentu nu picca cuntrariatu e a Brindisini ristau nu Cristu…mutilatu!
(Ottobre 2009 Lucia Tramonte)
IL GIALLO DEI RECENTI RESTAURI
Si ritiene opportuno ripercorrere, in estrema e personale sintesi, la cronaca dei lavori e le considerazioni fatte da Laura Casone (vedi bibliografia punto 2) in merito ai restauri effettuati nell’ultimo secolo dei circa 800 anni di vita della Chiesa.
“Come la chiesa di S.Paolo, quella di Cristo (detta anche di S. Domenico o del Crocifisso) è un esempio di parziale “sbarocchizzazione”: in essa sono tuttora visibili due monumentali altari barocchi in pietra, collocati in un’architettura ad aula unica priva di qualsiasi altro ornamento. (..) Nel corso del secolo scorso fu a lungo lasciata in stato di abbandono, anche per la sua posizione periferica (adiacente a Porta Lecce); con verbale del 9 settembre 1867 fu data in concessione al Comune di Brindisi per permetterne l’apertura al culto.” (2)
Il 19/1/1888 il Ministero esprimeva al Prefetto le sue preoccupazioni per il muro di destra.
Nell’agosto 1888 il Genio Civile redigeva la “Relazione sulle condizioni statiche della chiesa”, descrivendo lo strapiombo della parete sud-est, per il quale era stata già eseguita la costruzione di due contrafforti. Come soluzione si auspicava il radicale rifacimento del tetto e della parete ma, dati gli eccessivi costi dell’intervento, si suggeriva la semplice applicazione di cinque catene metalliche a consolidamento della muratura.
All’indifferenza delle Autorità (il Comune negò il concorso alle spese), fece riscontro la vigile partecipazione di privati cittadini, soprattutto muratori, che riuniti in Confraternita, effettuarono i lavori.
Nel febbraio 1928, il Ministero delle Finanze richiese all’Intendenza di Finanza di Brindisi una ricognizione degli arredi mobili e immobili presenti nella chiesa. Dalla descrizione risulta che nella chiesa vi erano quattro altari barocchi dedicati a S. Domenico (1680), a S. Tommaso (sec. XVII scuola napoletana), alla Madonna del Rosario (1640 scuola napoletana) e a S. Vincenzo Ferreri (sec. XVII scuola napoletana) : di questi ne rimangono solo due e le loro tele sono state sostituite nel 1955 da altre, eseguite da Umberto Colonna, raffiguranti la Madonna del Rosario e il Sacro Cuore di Gesù.
Nel 1929 le opere di consolidamento della parete destra necessitarono dello smontaggio di uno dei due altari ad essa addossati e il repentino ricollocamento in sito. Non sappiamo quali fossero le caratteristiche dell’intonaco che andò distrutto, ma prima, con tale termine si indicava tutto l’arredo barocco (vedi chiesa di S. Paolo).
Si dovette intervenire nuovamente nel 1947 a causa dei danni subiti dalla chiesa per i bombardamenti del 1941. Nel maggio 1947 il Soprintendente Schettini richiedeva al Genio Civile l’autorizzazione alla demolizione e ricostruzione del muro laterale destro. L’ing. Casamassima rispose: “Prima di procedere alla demolizione (già eseguita) dell’altare (..) ho voluto riprodurne l’insieme al fine di esserne agevolato nella ricostruzione”. Casamassima sottolineava che erano venute alla luce due arcate in tutto simili a quella esistente in fondo all’abside. Sicuramente dovevano essere due entrate originarie della chiesa, di sommo interesse per lo studio della chiesa stessa. Inoltre, sin dal luglio 1947, in una delle perizie di parlava del ripristino di affreschi di notevole valore artistico venuti alla luce in seguito alla spicconatura di intonaco deteriorato.
Poichè i lavori di restauro eseguiti in questi anni comportarono la demolizione provvisoria degli altari, e visti i danni causati all’interno della chiesa da due famiglie che abusivamente vi avevano dimorato, “è probabile che si sia deciso di sfruttare le “favorevoli circostanze” per ridurre gli altari a due, anche perchè alle spalle degli altari si trovavano tracce di affreschi e antiche monofore che verranno in seguito ripristinate (?).” (2)
Il 10 giugno 1952 il Soprintendente Schettini scriveva ancora al Provveditorato e all’ing. Capo del Genio Civile, rassicurandolo che “l’altare principale previsto nella perizia non solo fa parte integrante dell’edificio di culto e dell’organismo architettonico, ma sostituisce l’antico e pregevole altare distrutto in seguito agli eventi bellici”.
Conclude Laura Casone, “quest’affermazione è in totale contrasto con una fotografia che denuncia la presenza dell’altare maggiore settecentesco (..). Emerge dunque il forte sospetto che Schettini abbia mentito circa i danni subiti da quell’altare, provvedendo di persona alla sua eliminazione per poi rammaricarsene con le autorità.”
Senza voler entrare nel merito delle polemiche relative agli altari smarriti e forse, poi ritrovati, il dubbio che ci rimane è che la chiesa, già privata di due altari, probabilmente, sotto quello strato di intonaco che la riveste e che, ha restituito il monumento alle “semplici, severe ed eleganti linee romaniche originarie”, conserva ancora nascosti molti tesori artistici.
Un ringraziamento all’amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini.
Foto d’epoca
Chiesa di Cristo circondata dalle mura difensive della città antica, fotografata dalle gradinate dell’ex Palestra Galiano
Aggiunto all’articolo in data 15 settembre 2017
Quando nacque la chiesa del Cristo (anno 1232) la Massoneria non era ancora nata, anche se taluni senza produrre evidenza storica fanno risalire la sua nascita addirittura ai tempi di Salomone, quindi è probabile che il simbolo più noto della massoneria che ritroviamo sull’abside della chiesa di Cristo, sia stato posto durante i lavori di restauro che hanno interessato la chiesa innumerevoli volte nel corso della sua storia.
Il contrassegno di “squadra e compasso” che qualche “mastro muratore” ha voluto lasciare a perenne memoria dell’associazione, incidendoli – come ben si vede dalle immagini – direttamente sul peduccio di appoggio di uno degli archetti che coronano la parte superiore dell’abside, si lega direttamente, come ci racconta Wikipedia, alla massoneria operativa quando i due simboli vennero utilizzati insieme a partire dal XVII sec. Nel complesso simbolismo massonico, “la squadra è talora detta rappresentare la materia ed il compasso lo spirito o la mente. Ancora, la squadra può esser detta rappresentare il mondo del concreto, o la misura della realtà oggettiva, mentre il compasso rappresenta l’astrazione, o giudizio soggettivo o possono anche simboleggiare l’opera creativa di Dio.
Il compasso può essere sottoposto, sovrapposto o intrecciato alla squadra, a voler significare l’interdipendenza fra i due, posizioni diverse indicano anche gradi differenti.”
Nostro articolo facebook del 4 ottobre 2020 – Il vecchio rosone della Chiesa di Cristo
Scorrendo le vecchie fotografie della Chiesa di Cristo, siamo rimasti particolarmente colpiti dalla straordinaria semplicità e bellezza del vecchio rosone in muratura che gli architetti responsabili dei lavori di restauro, hanno inteso sostituire con il classico e, anch’esso molto bello, rosone attuale.
Come ben si vede dalle immagini dell’Archivio del prof. Briamo, in custodia presso la @Biblioteca Pubblica Arcivescovile, si trattava di un originale ornamento della facciata, fatto con piccole pietre sbozzate a “punta di diamante”, lasciate ad arte sporgenti dal muro a scopo decorativo.
Ci dispiace pensare che quel rosone così particolare possa essere andato distrutto, meglio sperare che possa essere andato ad adornare un’altra chiesa.
Le nostre foto odierne
Bibliografia e sitigrafia:
“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”
(1) Guida di Brindisi, di Vittoria R. Petrosillo. Ed. Finiguerra Arti Grafiche – Lavello (Pz) per conto Congedo editore 1993
(2) Restauri a Brindisi tra Ottocento e Novecento : demolizioni, ripristini, reinterpretazioni, di Laura Casone. Ed. Congedo 2006
(3) http://www.brindisiweb.it/arcidiocesi/chiese/brindisi/cristodomenicani.htm
(4) Link: AntonioMingolla. Su due inediti crocefissi lignei brindisini. (pdf)
(5) Fototeca Briamo per gentil conc. della Biblioteca Arc. A. De Leo – Brindisi
(6) Brindisi Nuova Guida , G. Carito. Ed. Prima 1993
Gent.mo Guadalupi,
mi complimento con lei per l’ottimo lavoro svolto nell’elaborazione del sito, sia sotto l’aspetto del testo che delle immagini, davvero straordinarie e, soprattutto, inedite. Da Docente di Storia dell’Arte nei Licei, avro’ d’ora in qualche riferimento in piu’ per le mie lezioni sulla storia dell’arte di Puglia.Vivissimi complimenti, e ancora grazie.
Nicola Morrone-Manduria (TA)
E-MAIL. nicolamorrone@libero.it
Ringrazio il prof. Morrone per le belle parole di apprezzamento e perché ha compreso perfettamente lo spirito del blog, che vuole essere non speculativo ma di servizio al nostro territorio. Francesco Guadalupi
Le foto , tra l’altro, sono tra le piu’ belle che abbia mai visto relativamente al patrimonio artistico brindisino. Grazie ancora del servizio reso a tutti, cittadini e cultori, non solo brindisini.
Nicola Morrone-Manduria-TA
La ringrazio ancora per la sua gentilezza! Riuscire ad essere utili può dare un piacere infinito.
[…] (XIII secolo) come la chiesa di Santa Maria del Casale (vedi QUI) o la chiesa del Cristo (vedi QUI + 6) a […]