La struttura architettonica (per vedere la prima parte clicca QUI)
“Nel porto di Brindisi, sulla riva del Seno di Ponente opposta alla città, il terreno scende al mare con un dirupo di circa 10 metri, alla cui sommità è sorto il Monumento Nazionale al Marinaio.
Questa parte del monumento che ha la forma di un timone simbolico, sovrasta il dirupo per 43 metri e sorge dai piedi di esso raggiungendo cosìun’altezza complessiva di metri 52 circa. La parte inferiore del timone è quindi incastrata nel dirupo e vi penetra per una trentina di metri;” (1)
“Ci scindi alla marina ti nfacci a ‘na vitrina,
cu tanta monumenti c’attiranu li genti,
nc’eti nu Timoni grandi ca no si veti all’atri vandi,
‘ndi sovrasta pi l’altezza eti già menza billezza,
avi altari pi priari alli nuestri eroi ti mmari,
tanti giuvini piccati a cumbattiri mandati,
ca la vita annu lassatu ci la navi hannu ffundatu”
° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° °
“il timone è serrato ai fianchi da un basamento e da due scalinate scavate nel terrapieno come trincee, volutamente strette in confronto alla mole centrale, larghe metri 5 ed ascendenti con una rampa continua di 72 scalini, senza riposo di pianerottoli intermedi. Le scale, chiuse tra due pareti verticali e dominate in alto dal cielo, danno a chi le percorre, l’impressione di un ardua salita.” (1)
Sull’ala sinistra del Monumento al Marinaio, un grande striscione ricorda una ferita ancora aperta nella carne del popolo italiano: dopo due anni, i nostri marò risultano ancora ingiustamente detenuti in India, in completo dispregio delle leggi internazionali che regolano la materia.
Questo interessante video ci mostra quanto la questione dei nostri due marò sia sentita all’interno delle nostre Forze Armate.
“Entro il basamento è ricavata una Cripta, che consta di un’unica navata con abside terminale. La navata è suddivisa in cinque campate, l’ultima sopraelevata di tre scalini sulle precedenti. In ogni campata, a destra e a sinistra, si aprono cappelle poco profonde, quasi nicchie a pianta rettangolare, il cui pavimento è pure sopraelevato di tre gradini su quello della navata centrale. Il terzo di tali scalini è un lastrone di marmo nero spesso cm. 15, lungo metri 3,50, largo metri 1,15, su cui sono incisi nomi dei Marinai che diedero la vita per la Patria. Il pavimento della navata è similmente di marmo nero con una fascia perimetrale. Interposti alle campate, ed impostati direttamente sul pavimento, si innalzano arconi dello spessore di m. 1,25 in forma di parabole allungatissime il cui vertice raggiunge m. 9,10.
Questi arconi, con gli altri formanti le aperture delle cappelle e ad essi ortogonali, hanno in alto i loro vertici su 4 lati di un quadrato. Lo spazio così determinato si presta ad una copertura con volta a crociera e si è infatti impiegata una volta di tradizione locale, che è una crociera sulle cui diagonali, ad una certa distanza dall’imposta, si innesta una volta stellata a 4 punte.
La Cripta è dedicata alla Vergine Maria Stella del Mare e la sua statua in bronzo, modellata da Amerigo Bartoli sorge su un altare di pietra di Trani, al centro dell’abside.
La Vergine protende le braccia ai venti, in fondo ad una lunga fuga d’archi, simili, nel loro assieme, allo scafo capovolto d’una nave. La cripta è illuminata da una suggestiva luce naturale ed artificiale.” (1)
“Esternamente, a destra e a sinistra del Monumento, il dirupo del terreno è stato definito poligonalmente e sorretto con muri inclinati alti m. 10,50 che appoggiano sul terreno della banchina con un sedile di pietra massiccia lungo tutto il loro sviluppo di 160 m. Alle due estremità i muri di sostegno sono innestati a muri con assi loro perpendicolari e formanti due ali, tra il terrapieno e il mare, che delimitano un piazzale innanzi al Monumento.
Al piazzale si accede per archi praticati nei muri d’ala e nel centro di esso.” (1)
La minaccia incombente
Qualche anno fa, un cittadino col cane che, passeggiava nei pressi del Monumento, si accorse che l’acqua zampillava dalle chianche. Quel signore pensò bene di chiamare i Vigili del Fuoco per accertare che non vi fosse una situazione di pericolo.
Gli operatori giunti sul posto scoprirono che, sotto la pavimentazione, vi era una camera sotterranea che si era riempita di acqua dolce.
In proposito è intervenuto l’ing. Gianfranco Perri che, anche se vive e lavora all’estero, continua ad interessarsi con profondo amore di questa terra “Se l’esistenza di quella camera risultava ignota, è evidente che deve trattarsi di una struttura appartenente ad un ben più ampio e articolato sistema di drenaggio che non serve solo il piazzale,” dice l’ing. Perri, “…vuol dire, quindi, che la sua via di sfogo (naturalmente al mare) deve essersi in qualche modo ostruita, per lo meno parzialmente.”
Per la verità, qualche tempo prima, anche il funzionario comunale geom. A. Indini, aveva segnalato al Comm. Prefettizio e alla Marina, il problema delle infiltrazioni al Monumento al Marinaio che, a dir suo, erano già ben visibili sin dall’anno 2000.
“In merito agli eventuali pericoli”, continua l’ing. Perri intervistato sull’argomento dal giornalista di Senzacolonne, “molto dipende dalla funzionalità del sistema: “Se si tratta di un sistema di drenaggio la cui funzione è limitata allo smaltimento delle acque piovane…allora il pericolo è limitato” anche se non va sottovalutato; ma se così non fosse “si potrebbe compromettere addirittura anche la stabilità statica”.”
“Se il sistema di drenaggio ha in qualche modo perduto efficacia ed efficienza, cosa si deve fare e che pericolo si corre? Quello che c’è da fare è semplice ed intuitivo: bisogna completare l’esplorazione sotterranea e subacquea per verificare lo stato del sistema, per quindi – eventualmente – provvedere alla sua risistemazione e al suo pieno ripristino funzionale.” (2)
Attualmente le infiltrazioni tendono ad aumentare e – senza voler creare allarmismi inutili -non sappiamo ancora quali siano le influenze profonde sulla struttura, appare quindi necessario che la Pubblica Amministrazione, non si limiti ad interventi di ordinaria amministrazione quali la semplice pulizia e svuotamento del serbatoio dell’acqua, ma, affronti e risolva in via definitiva il problema.
Link a Senzacolonne. Monumento a rischio – Acqua nel sottosuolo indebolisce la struttura Infiltrazioni_Monumento_2012
Sull’argomento, qualche studioso sostiene anche, che l’ubicazione del Monumento al Marinaio sia stata errata, in quanto si trova proprio sopra una grande sorgente sotterranea che ne mina la sicurezza e stabilità, conosciutissima nell’antichità come il Pozzo di Plinio, che sarebbe la causa delle tante infiltrazioni di acqua dolce che si stanno verificando! Ma sulla esatta ubicazione del Pozzo non c’è univocità tra gli archeologi, e, anche in tal caso resterebbe il mistero del perchè tali problematiche si stiano verificando solo a 80 anni di distanza dalla costruzione.
La lunga Scala a Chiocciola
Il terrazzo, accessibile al pubblico, concede una magnifica vista della città e del porto.
Vi si accede con l’ascensore o salendo una lunga scala elicoidale che, passa per le sale storiche poste su pianerottoli, dove sono visibili oggetti e reperti del passato.
Si potrà ammirare, inoltre, una lunga serie di riproduzioni fotografiche d’epoca, disposta lungo le pareti delle scale interne che, consente di seguire tutte le varie fasi dalla costruzione alla inaugurazione del Monumento.
Da finestrelle poste nella scala per portare aria e luce, l’appassionato di fotografia potrà riprendere, dall’alto, delle belle immagini del porto interno, con l’effetto di una cornice naturale.
Dalla piazzola di accesso, si potranno vedere i giardini che circondano il Monumento, le ancore appartenute alle corazzate austro-ungariche Tegetthoff e Viribus Unitis, e i due cannoni in dotazione a sommergibili anche essi austro-ungarici, che adesso fanno bella mostra di sè ai lati del Monumento.
Il Panorama
Presentiamo volentieri il video della pacifica invasione al Monumento Nazionale al Marinaio di Brindisi, fatto da “Invasioni digitali”. Se vuoi saperne di più clicca qui
Seno di Levante
Banchina tratto Staz. Marittima, giardini Vitt. Emanuele III, Capitaneria di Porto, Dogana Finanza
Banchina tratto piazzetta Dionisi
Lungomare Calefati zona ex Punto Franco
Lungomare Calefati (part.)
Seno di Ponente
Seno di Ponente (part.)
Seno di Ponente (part.)
Castello Svevo con navi militari alla fonda nella zona dell’Arsenale
Castello Svevo con navi militari alla fonda nella zona dell’Arsenale
Il Porto: zona Sciabiche
Il traghetto da e per il Casale
Banchina dal lato del rione Casale (particolare)
Il Porto: tratto di lungomare
Porto: tratto di lungomare
Hotel Internazionale, banchina di fronte al Monumento al Marinaio
Di rimpetto al Monumento al Marinaio: particolare della Colonna Romana che spunta dietro alla palazzina Belvedere
Tratto di lungomare con la Casa del Turista e Palazzo Montenegro
Tratto di mare del Porto esterno
Canale Pigonati. Punta delle terrare e inizio zona industriale
Punta delle terrare. Dietro gli alberi c’è l’ex spiaggia di S. Apollinare, in lontananza villa Monticelli/Skirmut. All’orizzonte l’inizio della zona industriale
Porto medio e Porto esterno
Canale Pigonati zona Casale. Il Castello Alfonsino in lontananza
Il Castello Alfonsino all’orizzonte
“Li brindisini e la jatta ssittata”
Due interventi postati sul gruppo facebook di “Brindisini la mia gente” da Andrea Ecclesie – accompagnatore turistico appassionato di archeologia, e Lucia Tramonte – poeta vernacolare, ci danno in modo diverso, punti di vista anche differenti sul nostro Monumento che, con la bonaria ironia, tipica del brindisino autentico, viene simpaticamente definito la “Jatta ssittata”:
– Andrea Ecclesie “Visto dall’alto ha la forma dell’aquila imperiale, poichè è monumento fascista. Si chiama la ¨jatta ssittata¨ (in dialetto brindisino) perchè il monumento ha la forma di un gatto seduto, anche se per gli architetti la forma é quella di un timone di nave.
La forma di questo monumento fu ispirata da un monumento già esistente, che si trova a Colonia, in Germania. (in proposito si veda il Monumento al Marinaio – prima parte)
Secondo la mia opinione comunque, il nostro monumento è molto più bello di quello tedesco. Nella chiesetta sottostante vi sono i nomi di tutti i marinai italiani morti durante la prima guerra mondiale, il numero delle navi commerciali e militari affondate, le ampolle contenenti le acque degli oceani dove sono affondate le navi militari
e la campana della nave Benedetto Brin, affondata nel porto di Brindisi per l´esplosione della santabarbara.
(Nota: La nave da battaglia italiana Benedetto Brin apparteneva alla Classe Regina Margherita. Costruita su progetto elaborato dall’ispettore del genio navale Benedetto Brin e dal generale Micheli era un’ottima unità per la sua velocità, protezione, armamento, qualità marine ad abitabilità.
La sua costruzione iniziò nel 1899, venne varata nel 1901 a Castellammare di Stabia e, consegnata alla Regia Marina nel 1905, ricevette la bandiera di combattimento il 1º aprile 1906.
Varo della nave. Foto e commenti wikipedia
Durante la guerra italo-turca partecipò allo sbarco a Tripoli nel 1911 e l’anno seguente fu impiegata nel Mar Egeo.
La Benedetto Brin andò perduta alle ore 8 e 10 minuti del 27 settembre 1915 nel porto di Brindisi a seguito all’esplosione della santabarbara, chi dice a causa di un problema con le munizioni, chi in seguito ad un sabotaggio austriaco e chi a causa di sabotatori italiani attratti dalle promesse austriache di una ricompensa in denaro per ogni nave affondata o danneggiata. Perirono 421 tra ufficiali, sottufficiali, sottocapi e comuni, Il comandante della 3ª Divisione Navale della 2ª Squadra, contrammiraglio Ernesto Rubin de Cervin, e il comandante della nave capitano di vascello Gino Fara Forni di Pettenasco. – fonte wikipedia)
BAD – Fototeca Briamo
Incendio al centro della Benedetto Brin prima dell’affondamento
BAD – Fototeca Briamo
La corazzata Benedetto Brin dopo il sabotaggio del 27 settembre 1915 mentre affonda; dal settimanale “Vita” del 19/9/63
BAD – Fototeca Briamo.
L’affondamento della nave. Foto e commenti wikipedia
Fregio in bronzo della Benedetto Brin, uno dei pochi cimeli recuperati
BAD – Fototeca Briamo
4/11/1921. Sull’ossario dei morti della Benedetto Brin. Dopo l’assoluzione data dall’arcivescovo, le autorità, le madri e vedove dei caduti
depongono corone e mazzi di fiori . Fototeca Briamo
Sopra l’altare della cripta, vi è una stella a cinque punte iscritta in un cerchio. Il pentacolo ha la sua origine nel simbolo del pianeta Venere, antica stella dei naviganti. Venere ogni otto anni, sulla sua ellittica, traccia un pentacolo perfetto. Le antiche popolazioni scelsero il pentacolo come simbolo di perfezione e gli associarono: Spirito, Acqua, Terra, Fuoco e Aria. Difatti al Casale si festeggia l’Ave Maris Stella che proviene dal latino e vuol dire Salve stella del mare.
Il termine ¨jatta ssittata¨ è un termine che viene probabilmente dalle Sciabbiche (vedi qui). Difatti è un nomignolo dato dai nostri nonni. Io personalmente l’ho trovato su alcuni testi che raccontano della storia del Monumento, nell´Archivio di Stato e nella Biblioteca De Leo.
Terra e mare sono le nostre origini (..) La meraviglia della nostra città è riscoprirla nella sua storia millenaria e nelle leggende dei suoi vicoli. Nello studiare la storia di Brindisi molte volte mi sono chiesto perchè il brindisino non conoscesse o non volesse ricordare qualcosa della sua città benchè l’amasse, come ogni cittadino possa amare la sua città. Questo è solo un pensiero che vi espongo in via ipotetica: dato che la città per secoli è stata preda di saccheggio, depredamenti, distruzioni e anche di epidemie causate dalla chiusura del porto interno (dal Principe di Taranto Orsini de Balzo), per non far entrare navi nemiche nel porto, la popolazione ha in seguito dimenticato e abbandonato la storia e anche se stessa. Solo al giorno d’oggi, o almeno da trent’anni a questa parte, vi è un continuo lavoro di alcuni eruditi nello scavare nella propria storia per riportare così in auge l’antica Brentesion‐Brunda‐Brandizzo‐Brindisi.
Lucia Tramonte
Lu Monumentu
…Ci a bbasciu alla marina
to passi ti va’ faci,
sempri lu viti nanti,
puru ca no ti piaci.
Mpizzatu a mmienzu a mmienzu,
iertu si pavoneggia.
Tanta prusupupea
ci sapi a ddo la ppoggia!
Nasu ti Purcinella
lassatu a pponta a mari,
ricorda ddi vint’anni
quant’ annu statu amari.
Fucaliri ti casa
pi ci è ssutu a piscari,
pi ci la vita strusci
ntra l’ondi ti lu mari,
Timoni ti na navi,
tomba ti marinari,
eroi senza vuleri,
ca non d’ amà scurdari!
Lucia Giovanna Tramonte, luglio 2007
Un Monumento ancorato alla città
Si riportano, anche, le “amare” riflessioni concesse alla rivista online Free24 (anno 1 n. 34 del 29/6/12, per chi volesse leggere l’articolo completo), da Alessandra Caputo giornalista-pubblicista che, ripercorre un po’ la storia per concludere che questo Monumento è stato ottenuto solo grazie alla tenacia dei nostri “padri” che si sono prodigati tanto per averlo, mentre, adesso, noi non siamo in grado nemmeno di garantirne l’ordinaria manutenzione.
” Brindisi, 13 giugno 1926.
Il Teatro “Giuseppe Verdi” è gremito. In platea, come tra i palchi, nessun posto vuoto. Il silenzio è assoluto interrotto solo da scroscianti applausi. Sul palcoscenico uno dei più grandi “tenori di grazia” della storia dell’opera: Tito Schipa.
Foto wikipedia
Ma l’esibizione di quel 13 giugno fu eccezionale non solo per gli artisti in scena. Fu lo stesso Schipa a volerla e organizzarla.
Un concerto vocale “pro Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia”.
Il governo demandò alla città l’onere della spesa, sollecitando al comitato la presentazione di un progetto di massima del monumento. Fu una corsa contro il tempo. Il comitato cittadino presieduto dall’allora Podestà Serafino Giannelli e sostenuto dal deputato locale Ugo Bono e in modo particolare dall’allora vicesegretario del PNF, Achille Starace, si adoperò in tutti i modi per raccogliere fondi.
Furono promosse sottoscrizioni, organizzati veglioni e concerti, emessi e venduti francobolli celebrativi con la leggenda “pro-Monumento al Marinaio”. Non fu sufficiente.
Chiudi-lettera “Pro Monumento al Marinaio”. Anno 1930
Un primo progetto offerto spontaneamente e gratuitamente dall’architetto barese Saverio Dioguardi, fu accantonato perché irrealizzabile. La somma raccolta dal comitato sino ad allora era pari a quasi un milione di lire, il progetto ne prevedeva dieci. Le conseguenze non si fecero attendere.
Il Duce, infastidito dal troppo tempo perso, sentenziò lo scioglimento del comitato, ordine non eseguito solo grazie alla mediazione di Starace e alla decisione dello stesso comitato di non superare per la costruzione del monumento il tetto massimo di 3 milioni di lire. La raccolta fondi riprese. Fu allora che al sindaco Giannelli balenò in mente un’idea: coinvolgere l’amico fraterno e grande artista Tito Schipa. Il famoso tenore colse al volo l’invito.
Schipa non risparmiò idee e impegno chiamando a raccolta alcuni tra i più noti musicisti e cantanti dell’epoca (che Giannelli provvedeva a ringraziare con solenni banchetti). Per un intero anno Schipa fu impegnato in giro per l’Italia esibendosi con enorme successo nei maggiori teatri della penisola. Memorabile fu il concerto tenuto proprio a Brindisi al teatro “Verdi”.
il tenore fu preceduto dalle esibizioni del baritono De Mitri e delle soprano Botrugno e D’Ambrosio, accompagnati al piano dal maestro Angelo Vitale. Tutti artisti brindisini. Protagonista sul palcoscenico, Schipa intonò arie tratte dal “Werther” di Massenet, dalla “Marta” di Flotow e dall’ “Elisir d’amore” di Doninzetti mandando letteralmente in visibilio un rapito uditorio.
Se si vuole ripercorrere il clima di quella serata c’è qui la possibilità di ascoltare dalla vera voce di Tito Schipa le arie tratte dal “Werther” di Massenet che furono cantate in quel memorabile evento:
L’espediente escogitato da Giannelli si rilevò valido. Dal tour di Schipa venne raccolto oltre un milione di lire. A integrare la somma (con 1.200.000 lire) ci pensò la Lega navale, che si era assunta l’onere della costruzione del monumento. (..)
Manifesto esposto all’interno del Monumento al Marinaio
Il 4 novembre del 1933 il Monumento al Marinaio d’Italia fu inaugurato con una grande manifestazione alla presenza del re Vittorio Emanuele III. In pietra di carparo e di Trani, era alto 53 metri, con 2 grandi fasci littori in travertino bianco posti sui fianchi e due cannoni a decorare il piazzale superiore (in sostituzione delle due statue di marinai previste in origine).
Foto (1)
Foto (1)
Foto (1)
Foto (1)
Spesa prevista 1.200.000 lire, a consuntivo fu di 2.300.000. I 2/3 furono coperti dai proventi dei concerti di Tito Schipa.
Al termine del secondo conflitto mondiale, il monumento di aspetto chiaramente fascista che trionfava nella splendida cornice naturale del porto di Brindisi non era visto di buon occhio dai tanti alleati che occupavano la città.
Si fece presto in effetti a ‘scrostare’ quella chiara appartenenza, eliminando i due enormi fasci littori dalle facciate laterali del monumento e cancellando la frase “Capo del Governo Benito Mussolini” dalla lapide sovrastante.
Un monumento nuovo dunque, che, pur perdendo l’impronta fascista, rimaneva ancorato alla sua città quale testimonianza di una vocazione al mare, nella vita e nella morte.
E, forse per esaltare più la vita, negli anni Sessanta, il Comune e la Provincia di Brindisi si prodigarono per abbellire ed enfatizzare quel luogo di memoria, giungendo a realizzare, grazie al Comune, i giardini sottostanti e un consono impianto di illuminazione, mentre la Provincia si occupava dell’ara votiva: una fiamma alimentata a gas mediante un deposito di venti bombole nell’adiacente area della Marina Militare. Il tutto sorvegliato da cinque guardie giurate della Marina. Costantemente.
Col sopraggiungere degli anni Ottanta però le attenzioni verso il Monumento vengono meno, vuoi per la fornitura di gas, vuoi per il gran numero di auto appartate e situazioni di degrado che andavano caratterizzando quel luogo di memoria storica.
La fiamma e la bandiera vanno dunque in pensione, salvo rare cerimonie ufficiali.
Il Monumento resta lì, saldo, attendendo l’interesse dei suoi concittadini per decine di anni.
Fortunatamente, la Legge n.186 del 31 luglio 2002 istituisce la “Giornata della Memoria dei marinai scomparsi in mare”. Proposta dell’on. Giovanni Carbonella, con l’art.1, la legge intende commemorare questa giornata proprio a Brindisi, ai piedi del monumento, unico in Italia, il 12 del mese di novembre di ogni anno.
Per la cerimonia ufficiale, che si svolse un anno dopo, alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in una riunione preventiva presso la Prefettura, veniva ribadito che la fiamma votiva, una volta accesa, vi sarebbe rimasta per sempre, in quanto Sacrario Nazionale, e allo stesso modo si decise per la permanenza delle bandiere sui pennoni laterali.
Il tempo della cerimonia ufficiale e vennero ammainate le bandiere e spenta la fiamma. Quella fiamma scaturita dalla mano di Andreotti il 18 luglio 1965.
Nel 2007, non ci fu nemmeno il gas per accendere la fiamma votiva.
Una cerimonia che, annualmente, si ricorda di Brindisi e del passato che fu, con una corona votiva sulle note dell’inno di Mameli. Fino ai giorni nostri. Una volta all’anno.
Per il resto, il Monumento è storia vecchia, buona per i polverosi libri di storia.
Un monumento nuovo dunque, che, pur perdendo l’impronta fascista, rimaneva ancorato alla sua città quale testimonianza di una vocazione al mare, nella vita e nella morte.
Qualche decennio più tardi di quel mondo fatto di re e dittatori non sarebbe rimasto nulla.
Il Monumento al Marinaio è ancora lì. Monolitico reduce, ci rammenta il sacrificio di migliaia di giovani e l’orgoglio di essere Italiani.”
Nostro intervento facebook del 19 maggio 2021
Il serpente che ci insidia
L’apertura della banchina al Casale, nella zona ex catene, ha offerto una nuova prospettiva di ripresa per chi si propone di fare qualche foto. Così accade che, quando fotografiamo il Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia, possiamo incappare anche in qualche gradita sorpresa. Non mi riferisco soltanto alla possibilità di vederlo spuntare in mezzo al verde quasi fosse un albero, ma, anche al fatto di poter vedere la statua a figura intera della Madonna, come era nelle intenzioni dell’artista che l’aveva progettato.
Così ci capita di scoprire che, nel dente del timone, oltre alla Madonna c’è anche un ospite ai suoi piedi: il serpente.
E, infatti, nella descrizione delle opere d’arte, troviamo che il quadro più famoso, la Madonna della Serpe di Caravaggio, mostra Maria e il Bambino mentre schiacciano il serpente del peccato originale alla presenza di Sant’Anna.
Fin qui, nessun problema, ma, il 29 maggio 1996, l’agenzia Adnkronos diffonde una nota – che riportiamo integralmente, in cui dice che “Quadri e statue che raffigurano la Madonna mentre schiaccia la testa del serpente andrebbero tutti rifatti perche’ si basano su un clamoroso errore teologico. Una svista nata da una traduzione poco corretta dall’ebraico al latino del testo del Protovangelo e che per secoli e’ rimasta inalterata divenendo fonte inesauribile di ispirazione per artisti, scultori e pittori. A rivelarlo e’ stato nientemeno che il Papa in persona che stamattina nel corso dell’udienza generale, in un passo del suo discorso si e’ soffermato a parlare di ”una singolare santita’ che investe Maria in tutta la sua esistenza” e cioe’ dell’immagine della Madre di Dio che calpesta Satana.”
”Abbiamo gia’ avuto modo di ricordare in precedenza -ha spiegato Giovanni Paolo II davanti a migliaia di pellegrini- come questa versione non corrisponda al testo ebraico, nel quale non e’ la donna, bensi’ la sua stirpe, il suo discendente a calpestare la testa del serpente. Tale testo attribuisce quindi, non a Maria, ma a suo Figlio la vittoria su Satana. Tuttavia, poiche’ la concezione biblica pone una profonda solidarieta’ tra il genitore e la sua discendenza, e’ coerente con il senso originale del passo la rappresentazione dell’Immacolata che schiaccia il serpente, non per virtu’ propria ma della grazia del Figlio”.
Meno male che c’è la coerenza, altrimenti sarebbe stato un bel problema per noi portare giù, da un’altezza di 54 metri,una statua che pesa 10 tonnellate.
(per vedere la prima parte clicca QUI)
Ringraziamenti:
All’amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini;
ai nostri concittadini: Gianfranco Perri, Andrea Ecclesie, Lucia Tramonte, Alessandra Caputo
all’Archivio di Stato per aver consentito l’accesso al materiale disponibile;
alla Biblioteca Arcivescovile A. De Leo di Brindisi, per aver gentilmente messo a disposizione le fotografie dell’archivio personale fotografico T.Col. Briamo, comprensivo di didascalie del presente articolo;
al giornale Senzacolonne da cui è tratto l’articolo di G. Perri;
al giornale online Free24 da cui è tratto l’articolo di A. Caputo;
alle reti tv: Tgnorba24 e Telebrindisi web-tv;
al sito: Invasionidigitali.it.
Bibliografia e siti web:
“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica.”
(1) Architettura – Rivista del Sindacato Naz. Fascista Architetti diretta M. Piacentini – Milano. F.lli Treves editori, Roma. Febbraio 1934 – fasc. II e IX
(2) Gianfranco Perri – da un articolo su Senzacolonne. Monumento a rischio – Acqua nel sottosuolo indebolisce la struttura. (vedi link sopra)