Finita la dominazione veneziana nel 1509, anche Brindisi come tutto il Regno di Napoli, passò sotto la sovranità spagnola.
Fu una lunga dominazione caratterizzata da malgoverno e pestilenze, ma, soprattutto, aggravata dall’esosità delle tasse.
Il popolo subiva tutto il peso dell’imposizione fiscale perchè nobiltà e clero, pur vivendo nel lusso, erano esenti da imposte.
Fu in questo quadro che il 5 giugno del 1647, un mese prima della rivolta di Masaniello a Napoli, scoppiò a Brindisi la prima sommossa rivoluzionaria.
“Il tumulto, anche se non si può negare che abbia avuto estensione e durata insolite, fu uno dei tanti contro le esose gravezze fiscali che si sentono più pesanti in tempi di carestia; fu un’esplosione di malcontento durato a lungo contro il malgoverno, una delle tante jacqueries, ma non ebbe finalità di cambiare il regime.
Si gridava “Viva il re – muoia il malgoverno” – “Abbasso le gabelle”.
Per non uscire dalle mura di Brindisi, analogo è il tumulto popolare scoppiato nel 1408, ai tempi di Ladislao, in cui rimase ucciso Percicallo Minutolo, capitano della città, autore d’indebite vessazioni fiscali, e, analogo è l’altro del 1412 in cui la plebe gridava: “Viva re Ladislao e mojrano li tradituri!” ed altri consimili che si verificheranno nei secoli seguenti, ultimo quello del 5 aprile 1946 in cui fu incendiata l’esattoria delle imposte allogata nel palazzo De Marzo.
Qualunque sia l’interpretazione da dare, la sommossa del 1647 fu violenta e non mancarono, durante il succedersi degli avvenimenti, gravi fatti di sangue. La plebe incendiò e distrusse il palazzo di Ludovico Scolmafora, esattore dei tributi, che sarebbe stato ucciso se non si fosse rifugiato nel vicino monastero dei domenicani della Maddalena (attuale Municipio).
Furono dalla plebe “abbruciate” varie case tra cui quelle dei Della Verità. Il giovane Carlo Della Verità, o che fosse anche lui un esattore dei tributi, o perchè particolarmente inviso, fu trucidato ed il suo cadavere fu trascinato dietro un cavallo per tutta la città.
Non sarebbe mancato l’episodio eroicomico. Il Camassa scrive che nel palazzo che fu poi dei Crudo, in via della Congregazione, si sarebbero rifugiati molti nobili per sfuggire all’ira della plebe. I rivoltosi sarebbero penetrati nella casa dove in un braciere si stavano arrostendo delle uova. Per caso ne esplose uno e lo scoppio avrebbe intimorito talmente i rivoltosi che questi se la diedero a gambe gridando: “tradimento, tradimento”. Dove il Camassa abbia trovato la notizia è un mistero: le fonti coeve sono mute al riguardo”. (1)
Sull’esito della sommossa, che ebbe il suo ultimo tragico atto due anni dopo, invitiamo a leggere qui.
Il Palazzo Scolmafora, che si trova sulla destra in fondo a Via colonne, come indicato dall’iscrizione su una delle architravi delle finestre, fu ricostruito nel 1652 dopo il terribile incendio del ’47!
“L’edificio ha, al piano terreno, un aspetto quasi fortilizio, con andamento a scarpata e senza aperture, fatta eccezione per l’accesso ad una piccola corte alla leccese su largo Colonne, esaltato da un arco a tutto sesto, su due ordini, dalle larghe bugne piane.
Le finestre del secondo piano, chiuso superiormente da alte merlature, hanno cornici finemente decorate e recano iscrizioni di gusto latino lungo i fregi.” (4)
Ma, su ogni finestra c’è un’iscrizione che ricorda quei giorni e il monito divino che ne è derivato; nell’ordine troviamo:
“Combusta reviviscit” – Ciò che è stato bruciato rinasce a nuova vita
“Deo vindicta et retribuet” – A Dio spetta la punizione e la ricompensa
“Christus nobisque state” – Dio è con noi
“Si deus …uis contra ” – ??? (parz. illeggibile)
“Ne gloreris in divitiis” – Non riporrai la tua gloria nella ricchezza
“Exalta virtus” – La virtù eleva
“Sancti Rosarii Meritis Protegit” – Protegge col beneficio del santo rosario
“Divinun auxilium aedificavit” – L’aiuto divino (la) costruì.
Si ritiene interessante riportare sull’argomento, quanto scriveva Claudia R. Taschetta già nel 1959, in una delle “Prime indagini sull’architettura civile in Brindisi” (2):
” Di fronte a Palazzo Perez, con ingresso sulla via Scolmafora, c’è palazzo Foscarini (all’epoca era il nome del proprietario del palazzo Scolmafora ndr), anch’esso storicamente tra i più meritevoli della città.
E’ancora bello, pur se danneggiato dalla guerra e sciupato dai soliti adattamenti moderni. Vi si scorgono chiaramente le prime strutture di tipo medievale, le aggiunte quattrocentesche e i restauri secenteschi, effettuati – come dice una iscrizione – dopo un incendio.
Basta entrare nel cortile per osservare, nei supporti dei balconcini e delle scale, le volte antiche: e, nell’ultimo piano, al disotto di una veranda moderna, agli occhi dello stupito visitatore si rivelano le armoniche e robuste linee dell’antico profilo architettonico.
Sulla facciata, agili ed eleganti finestre di nobile linea con piccolo architrave, fregi ed iscrizioni latine testimoniano l’alto valore storico di questo edificio – anche se, come si è detto, ora deturpato all’interno da aggiunte volgari e da abitazioni assai modeste e mal tenute (per una si accede da una porta a portale e scalini indubbiamente antichi e ridotti in condizioni pietosissime).
Ci sembra doveroso evidenziare che, l’Associazione Culturale Remuri, partendo dalla “distruzione delle Sciabiche – il quartiere più antico di Brindisi” che rappresentava la storia e il cuore della città, ha chiesto con una missiva all’Amministrazione Comunale, la costituzione di un Museo che ricordi la tradizione marinara e la gente di mare brindisina. Ove la proposta dovesse concretizzarsi, si fa richiesta, inoltre, che detto Museo venisse intitolato ai F.lli Marinazzo, sfortunati protagonisti della vicenda narrata.
Si dice ancora nella lettera: “nel passato esisteva un Pendio Marinazzo tra la strada De Leo e la via Sciabiche, ma è anche vero che la via è sparita insieme al resto del quartiere… Così come è misteriosamente scomparsa una scultura che, a detta di qualche anziano, sembra facesse bella mostra di sé nel Parco della Rimembranza (pure esso distrutto!), a ricordo dei due eroici pescatori.” (3)
“Per riparare a questo ingiustificato e colpevole silenzio – dice la lettera – mi parrebbe doveroso, ove l’idea del Museo delle Sciabiche si concretizzasse, intitolarne la struttura ai fratelli Marinazzo.”(3)
Brundarte si associa alla richiesta.
Foto d’epoca
Si ringrazia la Prof. Gina Lepore per la traduzione delle iscrizioni latine.
Bibliografia e siti web:
“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica.”
(1) Brindisi ignorata – saggio di topografia storica, di Nicola Vacca. Vecchi e C. – Editori, Trani 1954.
(2) https://www.yumpu.com/it/document/view/15271389/prime-indagini-sullarchitettura-civile-in-brindisi-culturaservizi/6
(3) http://www.brundisium.net/approfondimenti/shownotiziaonline.asp?id=7785
(4) Scoprire Brindisi, guida alla città. Soroptimist Int. Ass. Club di Brindisi, Ragione 1997.