“Nella località Monticelli, in agro di San Donaci, posta circa 100 metri a sud del “Limitone” (a) e quindi in territorio bizantino, si trova il Tempio di San Miserino.
Nelle immediate vicinanze, e precisamente di fronte a Masseria Calce dove c’è stata una frequentazione abitativa dall’inizio dell’impero sino all’alto Medioevo, sino a pochi anni fa si conservavano resti di Domus con mosaici, distrutti dalle escavazioni meccaniche del terreno.
All’inizio del tratturo che conduce al vigneto, nel quale al disopra di un rilievo del terreno trovasi l’edificio, è possibile notare un deposito di massi erratici megalitici, probabilmente messapici o romani, associati ad una consistente quantità di frammenti di tegole e, sino al 1995, un rocchio di colonna scanalata rivestita di stucco, poi trafugata.
Dal sito, ubicato nella fascia nord-ovest del territorio di San Donaci sul limite del confine con il territorio di Mesagne, ricco di reperti ceramici, è possibile godere un ampio panorama che abbraccia con lo sguardo i territori di Mesagne, Cellino, San Donaci, San Pancrazio, Torre S. Susanna sino ad Oria. Difatti il toponimo Monticello sembra derivare dalla posizione preminente del terreno e degradante verso la sottostante vallata a mezzogiorno.” (1)
“Il Tempio di San Miserino secondo alcuni rappresenta il 2° edificio di culto cristiano del Salento, che per secoli fu un importante polo di attrazione del culto cristiano, per la sua particolare rilevanza monumentale merita un’ importante collocazione nel panorama architettonico meridionale, poiché in esso si innesta la tradizione costruttiva romana mediante l’uso della pianta centrale a forma ottagona con copertura a cupola e materiale concretizio o in conglomerato e quella armena-bizantina.” (1)
“Giova rammentare che il ricorso alla pianta ottagona, con nicchie perimetrali rettangolari e semicircolari coperte da volta, deriva dalla elaborazione del modello tipologico della sala orientale della Domus Aurea neroniana e del ninfeo della Domus Augustana diffuso nella maturità dell’architettura romana con le varianti delle murature esterne circolari, quadrate mistilinee (Vestibolo Piazza d’Oro a Tivoli) e poligonali. Tale particolare tipologia, nata intorno al I sec. d. C., sarà esportata più tardi in provincia ed usata prima per tombe – ninfei ed ambienti termali poi, nei primi secoli del cristianesimo, per battisteri e martirion.
Secondo il Soprintendente R. Dì Paola trattasi di edificio sepolcrale poi adattato a battistero, mentre secondo R. Jurlaro, iniziale ninfeo poi trasformato nel periodo bizantino in edificio di culto, chiesa o battistero, ascrivibile al periodo compreso tra il VI – VIII sec.” (1)
“E’ da considerare altresì l’ipotesi di un ambiente termale, o molto più verosimilmente di un mausoleo, con accesso dal vano porta est di tipo strombato al quale in epoca iniziale più tarda è stato aggiunto il pronao – corridoio.
Poichè non è possibile, attualmente, leggere compiutamente il livello ipogeo del manufatto architettonico, si reputa essenziale, al fine di risolvere le suddette incognite, procedere ad uno scavo sistematico del luogo per individuare altresì le eventuali strutture di rifornimento idrico.” (1)
“Difatti l’impianto tipologico è caratterizzato da un vano a forma ottagona inscritto in un cerchio del diametro di mt. 5,50, delimitato esternamente da un quadrato (7,65 x 7,30), sui cui lati si aprono alternativamente nicchie semicircolari e rettangolari divise da pilastri monolitici in carparo e coperte rispettivamente da semicalotte, da archeggiature o piccole botti a tutto sesto, su cui si innesta, sul fronte sud, l’ingresso con pronao (b) rettangolare (4,00 x 2,00) fiancheggiato, sul versante orientale, da ambiente similare coperto anch’esso da botte. L’altezza massima nel complesso risulta di mt. 4,50.” (1)
“Sotto il profilo conservativo l’immobile, alla luce del millenario abbandono, sì presenta gravemente danneggiato ed in fase di avanzato degrado, manifestato dal crollo parziale della cupola, con due lacune aperte al centro e sulla parte sud – est, associato al crollo di talune archeggiature e sottostanti mutazioni di sostegno (lato nord – ovest), che lasciano sospesa la calotta. Alla scomparsa del vano sul fianco occidentale (probabile nartece) e del corridoio ovest affiancato al pronao, si associa la quasi scomparsa della copertura a botte del vano attiguo che presenta una lacuna al centro.” (1)
“Considerevole la vegetazione spontanea cresciuta intorno all’edificio dopo le recenti abbondanti piogge, che hanno determinato la crescita di muschi e licheni (attacchi biologici sulle superfici esteme).
Superfluo rilevare la presenza di abbondante materiale calcareo all’interno, derivato dai crolli e dai material erratici provenienti dal terreno circostante.” (1)
Per una visualizzazione in 3D sia degli esterni che dell’interno, clicca QUI (www.viaggiare inpuglia.it)
“Sulla parte ovest del lato centrale si notano tracce di archi e di murature di spina dello spessore di cm.60, analogo al resto dell’edificio, appartenuti ad un vano scomparso delimitato da resti di fondazioni a circa mt. 5,00 dal fronte occidentale.
La copertura del vano ottagono è composta da cupola ribassata alta mt. 2,00, con spessore variabile dai 20 ai 40 centimetri, impostata tramite un sistema di piattabande anulari dotate di mensole verso l’interno (1,00 x 6,60 x 0,27) sulle sottostanti archeggiature in ghiere di conci tufacei, perfettamente sagomati (cm. 8 x 27 ), poggiati su pilastri monolitici ornati da capitelli (30 x 60) con stucchi raffiguranti foglie d’acanto, posti in essere nel momento di adattamento dell’edificio pagano alla nuova destinazione ecclesiastica.” (1)
“Sul lato est del prospetto, “si noti lo sfondamento della nicchia a scarsella e l’incavo laddove si innesta l’ambiente a botte, probabile alloggiamento per una fistula ( Tubo usato nell’antichità per la conduttura delle acque)” (2)
“A Sud il vano presenta due stipiti, probabilmente quelli della porta d’ingresso; è da escludere la possibilità di un ingresso sul lato occidentale, dal momento che il filo del muro sembra interrompersi per un tratto troppo stretto.” (2)
“Il livello del pavimento del vano centrale, incassato nel banco roccioso e secondo alcuni rivestito da mosaico bicromo in tessere nere e bianche analogo a quello rinvenuto in San Giovanni al Sepolcro in Brindisi, è sottoposto di almeno mt. 2,00 al piano di campagna.” (1)
“Il sistema statico è caratterizzato, quindi, da forze risultanti dalle spinte della calotta ribassata assorbite dalle archeggiature sottostanti e da queste ripartite ai pilastri in carparo, intermedi fra le nicchie e quindi contenute e neutralizzate dalla massa muraria perimetrale.” (1)
“La tecnica costruttiva è in opus caementicium (opera in cemento) nelle cupole, nelle volte e nelle murature perimetrali, mista nei muri in opus incertum (opera incerta), basata su 2 – 3 filari di blocchi (h = cm. 40) ed in conci di tufo e pietra costituenti le fondazioni emergenti poggiate sul terreno e gli angolari legati da malta di calce sugli archi e nelle murature delle absidi.” (1)
“Per quanto riguarda l’apparato decorativo, l’ambiente centrale presenta pavimentazione musiva che, messa in luce nei recenti lavori di restauro, si è conservata sul lato occidentale e lungo i muri perimetrali delle absidi.
Il mosaico è bicromo, a tessere bianche e nere, tessuto secondo un ordito abbastanza rettilineo, in cui sono incasuate crustae in calcarenite di dimensione e forma variabile; presenta una decorazione geometrica, costituita da una fascia di cornice in tessere bianche di forma ottagonale che segue l’andamento delle absidi.” (2)
“È ipotizzabile la presenza di un emblema: la cavità che si individua al centro del vano farebbe pensare ad un’avvenuta asportazione del pannello musivo. (..)
Al culmine dei pilastri che incomiciano le absidi, sono attualmente in posto cinque degli otto capitelli che contraddistinguevano l’ambiente centrale di San Miserino.
Di forma troncopiramidale, molto bassi e schiaccìati, sono caratterizzati dalla presenza di motivi decorativi in stucco. La decorazione è costituita da un fregio a foglie d’acanto spinoso, con apice arrotondato e leggermente aggettante, alternate a boccioli.” (2)
“Lembi di intonaco dipinto sono presenti sulle pareti dell’ambiente centrale, in particolare nelle absidi; tuttavia il loro stato di conservazione non permette di avanzare ipotesi circa la composizione dell’intero complesso decorativo nelle varie fasi cronologiche.
Se ne identificano, ad ogni modo, più mani; gli strati più antichi presentano una fattura migliore rispetto a quello più recente, meno compatto e facilmente sfaldabile. (..)
Ciascuna delle absidi è incomiciata da una banda di colore rosso, che, risalendo dal lato corto dei capitelli, si raddoppia lungo la linea di risega che caratterizza l’imposta della semicupola.” (2)
In conclusione si può quindi dire che: “La struttura originaria doveva necessariamente essere connessa con una unità abitativa più grande, attiva perlomeno dall’età imperiale, che si inquadra perfettamente nel tipo di popolamento che caratterizza il comprensorio territoriale in cui è inserita, entro il quale troviamo attestate nel raggio di un chilometro le realtà insediative di masseria Calce e masseria Malvindi.” (2)
“Nel 1962, l’Osservatore Romano nel sottolineare il significato religioso della chiesa vetero – cristiana nella Puglia e l’importanza storico – artistica, ne auspicava il recupero.
Con D. M. 16/6/95, il Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali ha assoggettato alla normativa di vincolo, ai sensi della Legge 1/6/38 n. 1089, l’edificio (part.lla 570). Recentemente è stato proposto l’ampliamento del vincolo alle particelle 571 – 569 -570, per garantire una zona di rispetto e la salvaguardia di eventuali sottostanti strutture e reperti di interesse storico.
Considerata la necessità di arginare i fenomeni di deterioramento e degrado delle connotazioni fisiche e strutturali, la Soprintendenza di Bari, in applicazione dei disposti di cui agli artt. 16 e 17 della suddetta legge di tutela, ha più volte invitato e diffidato i proprietari ad eseguire le necessarie opere di presidio e salvaguardia.
Vista l‘inosservanza ed il rilevante interesse storico degli immobili e l’improcrastinabile esigenza di recupero con finalità di pubblico godimento, si imponeva la necessità di acquisire il bene al Demanio dello Stato, e sono stati invitati preliminarmente i proprietari ad esprimersi in merito; rilevato nuovamente l’assenza di alcun riscontro, su proposta dello scrivente, il soprintendente Roberto Di Paola, con nota del 10/1/97 avviava le procedure di espropriazione per pubblica utilità dei beni ai sensi della Legge 2359 / 1865 richiedendo una stima aggiornata del valore all’Ufficio Tecnico Erariale di Brindisi ed informando, nel contempo, il Ministero competente con riferimento alla sola particella 570 sulla quale insiste l’edificio.
Pertanto il suddetto provvedimento potrà segnare la rinascita fisica del Tempio e dei luoghi circostanti, i quali opportunamente scavati per rimettere in luce i resti dell’antico insediamento romano ed altomedievale, potranno costituire una significativa testimonianza nel cuore del Salento. Si segnalano, pertanto, le ipotesi di intervento, finalizzate al recupero, restauro e valorizzazione del tempio (..).
Auspico quindi che l’interesse e la determinazione sinora dimostrata dallo scrivente e dal Soprintendente Di Paola nei confronti dell’insigne monumento, con particolare riguardo alle fasi di espropriazione, al fine di sottrarlo all’oblio e degrado e per far sì che diventi un parco archeologico inserito nei percorsi di itinerari turistici della vicina Mesagne ed Oria, trovi l’interesse dell’Università agli Studi di Lecce, degli Enti Locali viciniori, delle Associazioni Culturali ma soprattutto richiami l’attenzione dei cittadini, possessori morali, cui spetta il diritto di garantirne la sopravvivenza.” (1)
Ovviamente, tutto questo ad oggi non si è verificato e mentre il Tempietto di S. Miserino versa nelle deplorevoli condizioni in cui lo si vede dalle fotografie scattate il 12 Ottobre 2014, si resta in attesa che accada qualcosa, incrociando le dita e sperando che non cada nel frattempo!
In ultimo, si posta il video del gruppo ciclistico Friends’ Bike in visita al Tempietto che, tra il serio e il faceto secondo il loro costume, con mal celata competenza esplorano il monumento. Chi lo vorrà potrà scrivere sulla pagina facebook del gruppo https://www.facebook.com/groups/602936576410724/?fref=ts ed eventualmente accordarsi per una visita.
Note:
a) Il Tempietto di San Miserino, è situato sul tracciato di un’antica strada che discostandosi dalle due vie ufficiali, la ‘Calabra’ e l’Appia, per il tratto tra Lecce ed Oria, permetteva di raggiungere più rapidamente la via Appia per Roma partendo da Otranto. Questa scorciatoia ricordata anche da Strabone non faceva altro che riprendere un antico percorso messapico che collegava Otranto con Cavallino ed Oria e sulla cui direttiva era sorta Rudiae e, successivamente, Lupiae.
Tale variante ebbe un ruolo importante anche durante la guerra goto – bizantina e venne utilizzata come asse di scorrimento preferenziale per lo spostamento degli eserciti. Essa doveva avere lo stesso andamento del cosidetto “Limitone dei Greci”, ossia di quella strada bizantina di arroccamento contro le incursioni dei Longobardi.
Questa strada viene fortificata al tempo in cui cessate le lotte tra i Bizantini ed i Longobardi restò assegnata a quest’ultimi la parte settentrionale del Salento secondo un tracciato che andava da Torre S. Stefano, presso Otranto, passando a nord di Lecce e attraverso i territori di San Pietro Vernotico, Mesagne ed Oria si ricongiungeva alla via Appia. Restavano dunque ai Longobardi Taranto. Oria e Brindìsi; ai Bizantini Otranto, Lecce e Manduria.
b) Nei templi antichi, lo spazio compreso tra la cella del tempio e le colonne antistanti e, in alcuni particolari edifici di culto, come i mitrei, la stanza che precede il santuario; nei templi greci ha in genere profondità uguale o poco maggiore all’ampiezza di un intercolumnio, in quelli romani è assai vasto e talvolta quadrato. Per estens., la parte anteriore di un edificio sacro o profano, anche moderno, che abbia forma simile. (Treccani.it).
c) In architettura la scarsella è un’abside di piccole dimensioni a pianta rettangolare o quadrata che sporge all’esterno della struttura principale.
d) opus scutulatum, con scaglie di pietra o marmo, di vario colore e formato, inserite in fondi di vario tipo e disposte sparse o secondo motivi decorativi, secondo modalità utilizzate dal I secolo a.C.
e) La risega è un arretramento della faccia esterna o interna dei muri (per cui la parte di muro soprastante viene ad essere meno spessa di quella sottostante corrispondente), spesso per procurare una superficie d’appoggio a delle travature (di solito lignee).
Un ringraziamento all’ amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini.
Bibliografia e sitigrafia:
“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”
1) Il Tempietto di San Miserino nel territorio di San Donaci, di Giovanni Matichecchia. Stampato da Tiemme Industria Grafica – Manduria (TA), luglio 1997.
2) L’edificio di San Miserino (Sandonaci – BR) – Aspetti storici ed architettonici, di Silvia Marchi (Pubbl. Brundisii Res n. XXIII)
Notevole la magnificenza della componente visiva dell’articolo. Eccellenti le foto, infatti, che molto aggiungono alla conoscenza stocica del manufatto sperduto nella campagna…
Un “bravo” da rivolgere a tutti coloro che hanno collaborato con FRANCESCO GUADALUPI, così sovvenendo, lala sua meritoria costanza nelle “scoperte” di questi reperti del passato…
ALFIO
Grazie Alfio, caffè pagato da Maurizio!!! 😉
Leggi bene : “conoscenza storica” (e non stocica) – “sovvenendo alla ecc.” (e non “sovvenendo lala eccc.)
[…] a Torre Santa Susanna, Terme romane di Malvindi a Sud di Mesagne, tempietto di San Miserino (vedi QUI) a Nord di San Donaci, reperti archeologici ritrovati presso la masseria “La Mea”, a […]
Mi ha fatto un grande piacere rivedere in immagine la serie di antichi edifici dell’area attorno ad Oria, che tanto ci avevano affascinato quando, negli anni Settanta, con Michele D’Elia battevamo le campagne per cercare di capire di più di questa terra “difficile e meravigliosa”. Tanta acqua da allora è passata sotto i ponti, io sono diventata forzatamente stanziale e temo di scoprire che quanto ricordo non esiste più o peggio, che non interessa più a nessuno. Grazie perciò di quanto fate per mantenere viva la conoscenza e, quando è ancora possibile, vivificare la memoria di luoghi ancora magici!
Gentile Prof.ssa Pina Belli D’Elia, desidero innanzitutto ringraziarLa per l’immenso patrimonio storico e culturale che le sue ricerche, certo in uno con il lavoro di tanti altri suoi colleghi, hanno lasciato a questo territorio ma anche per aver contribuito attraverso la scoperta di luoghi meravigliosi quanto preziosi per la loro bellezza, a cambiare il paradigma dominante negli anni della ricostruzione post-bellica, cioè che solo il nuovo e moderno fosse bello, gettando nel dimenticatoio e condannando al degrado del tempo i segni tangibili della nostra storia. Per fortuna si è seminato bene e, un po’ ovunque (vedi Torre S. Susanna, San Donaci, Oria, ecc.), sono sorte associazioni locali di cittadini che lottano per la tutela dei luoghi. Ultimamente si è aggiunto anche il FAI della provincia di Brindisi che ha lanciato una campagna per il finanziamento dei “Luoghi del cuore” tra cui spiccano appunto la Chiesa di S. Maria Gallana, il Tempietto di S. Miserino e S. Pietro a Crepacore. Comunque La ringrazio molto per i suoi interventi che contribuiscono ad attivare una discussione invero mai sopita.