Santuario di Cotrino – Latiano (Br)

Cenni storici su Latiano

“Alcuni storici pongono l’origine di Latiano nell’XI secolo e precisamente nel 1092 e precisano che Latiano sarebbe derivata da un villaggio originariamente denominato Malignano. Altri storici propendono per il secolo precedente poiché nel Chronicon Volturnense del 947 è attestata la presenza di un toponimo Latinianu fra Oire e Meganghe che identificano con l’odierna Latiano situata appunto fra le città di Oria e Mesagne. Quindi si può ipotizzare l’esistenza del casale di Latiano precedente alla fondazione di quello di Malignano e la successiva fusione di entrambi con la definitiva scomparsa del secondo, di cui sarebbe rimasta traccia nella chiesa campestre di San Nicola de Milignano ancora esistente nei primi anni del XVII secolo e distante cinquecento passi dal centro della città di Latiano.
Nel territorio di Latiano vi erano altri casali quali Cotrino e San Donato, che per varie cause si spopolarono nei secoli XIV e XV ed i cui abitanti confluirono nei paesi vicini facendo aumentare la loro popolazione.” (1)

Nella terra di Carmelo Conte

Prima di inoltrarci per la strada che porta al Santuario, ci fermiamo ad ammirare davanti alle porte del Cimitero l’opera monumentale “TERRA RISORTA E LE PORTE DEL CIELO” (alta m. 11 x 8 di larghezza) dello scultore Carmelo Conte (per approfondire vedi QUI)  realizzata in bronzo, acciaio, pietra e cemento che rappresenta un omaggio ed un pensiero per i defunti. “Essa costituisce la sintesi del mistero della risurrezione e rappresenta la prima stazione della Via Crucis dove le pie donne, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salomè, si recano al sepolcro portando gli aromi per imbalsamare Gesù, ma appena giunte al sepolcro sulla soglia trovano un angelo che indica che Cristo è risorto.
In questa opera l’angelo, all’alba del terzo millennio, continua ad indicare alla Madonna, raffigurata come madre dell’umanità sofferente con le sue spine, i suoi chiodi e la croce nel petto, il messaggio di speranza per gli esseri umani insito nella risurrezione di Cristo. Proprio per questo al centro dell’opera è collocato un sepolcro simile al globo terrestre (m. 3 di diametro) dove meridiane e parallele formano finestre e porte attraversate dalla luce irradiata dalla pietra sepolcrale di Cristo, fondamento della nostra speranza eterna. L’opera vuole essere un invito alla speranza per tutta la comunità latianese da parte dello scultore che vive d’arte e per l’arte, tra la gente”. (2)

La tomba di Armando Monasterio e della moglie Carmela Perrucci

Uno sguardo all’interno del luogo destinato alla sepoltura dei morti di Latiano ci fa notare, situata nelle immediate vicinanze dell’ingresso, la tomba con epigrafe dedicatoria del valoroso  partigiano già  condannato al confino dai fascisti e successivamente eletto più volte deputato della Repubblica e Sindaco di Latiano,  Armando Monasterio insieme con la moglie (a).

L’antico Santuario dedicato alla Madonna di Cotrino

“Situato a circa 1 Km dal centro di Latiano questo luogo di culto mariano sorge in seguito ad un prodigioso ritrovamento, avvenuto agli inizi del ‘600 da parte di una contadina “offesa in tre sensi del corpo perché cieca, sorda e muta”, alla quale in sogno apparve la Madonna che, sanandola nel corpo, le indica un luogo in cui si erge su un muro nascosto tra i rovi la sua sacra immagine. La povera donna, riconoscente, unitamente al marito si conduce a Cotrino, località campestre presso Latiano, dove, scoperta la santa effige, si adopera elemosinando tra la popolazione locale, per l’edificazione di una piccola chiesa. Il vescovo Mons. Lucio Fornari, Vescovo di Oria, constatato l’ampio consenso devozionale il 9 Marzo 1606 istituisce la festa liturgica della Madonna di Contrino. L’anno successivo, con bolla datata 3 Febbraio 1607 ad opera dello stesso vescovo, la chiesa viene elevata a Rettoria e concessa al Capitolo della terra di Latiano. In seguito la chiesa fu ampliata ulteriormente, con l’aggiunta, nel 1856 della facciata in stile neoclassico.L’attiguo monastero, progettato nel 1915 dall’Ing. Gennaro Bacile, fu affidato nel 1922 alle cure dei Monaci Cistercensi. Nel 1992 essi, su progetto dell’Ing. Luigi Sticchi, edificarono un nuovo convento e l’attuale moderno tempio. La festa della Madonna di Cotrino si celebra dal 4 al 6 Maggio con processioni e fiaccolate.” (3)
“Sulla strada vecchia che collegava Latiano ad Oria sorge il piccolo santuario, annesso al monastero dei Padri Cistercensi e dedicato alla Madonna di Cotrino. All’ingresso si legge la seguente iscrizione latina: Hoc Templum A.D. MDCCCLXXXII Paulus Gioja pro sua civiumque salute magnificavit. Da ciò si deduce che il tempio venne ingrandito nell’anno 1882, con la costruzione anche dell’attuale facciata. Entrati nella piccola chiesa, l’occhio del visitatore si concentra subito sull’effigie della Vergine, posta attualmente al centro dell’altare maggiore, dove si trova a partire dal XVIII secolo. Originariamente, infatti, la sacra effigie era collocata nella parete laterale verso la strada vecchia di Oria, per poi essere trasportata col vecchio muro, in cui era dipinta, nella parete di prospetto, al di sopra dell’altare maggiore.” (4)

Si tratta di una stupenda icona di epoca bizantina che, dopo vari rimaneggiamenti e soprattutto dopo il restauro ultimato nel settembre del 1965, mostra ai devoti e ai tanti pellegrini il volto tenero di una Madre con in braccio il suo Bambino (Madre della tenerezza o glicofilusa), in un atteggiamento mirabilmente affettuoso, espresso dal contatto delle guance. Gli occhi a mandorla della Vergine sono rivolti verso il pellegrino, riflettendo uno sguardo amoroso e profondamente materno, quasi a voler indicare la possibilità anche per lui di essere partecipe di tanta intimità e amorevolezza. Il capo della Vergine e del Bambino sono ornati della sacra aureola. Il Bambino ha lo sguardo rivolto verso la Madre, ma con la sua mano destra, in un atteggiamento benedicente, esorta il devoto a lasciarsi afferrare dalla stupenda atmosfera orante e amorosa, creata dai due protagonisti. Probabilmente, le attuali linee di contorno, vistosamente artefatte, e le campiture di colore, impoverite o distrutte, conservano solo una vaga memoria della originaria stesura, dei cui ripetuti rifacimenti hanno risentito in particolare i tratti somatici dell’icona. Ad uno sguardo d’insieme, tuttavia, è possibile ancora oggi rendersi conto della maestosità artistica e del grande valore dell’immagine mariana di Cotrino. (4)

“L’originale Via Crucis a stampa antica della fine del XIX° secolo, raffigurante le stazioni dei pellegrini di Gerusalemme dal Palazzo del Pretorio di Pilato fino al Calvario e al Sepolcro, invita a ripercorrere spiritualmente il tragitto penoso del Salvatore. La statua lignea di San Bernardo, realizzata nell’anno 1950, proveniente dalla Fabbrica di Ortisei, permette alla mente e al cuore del visitatore di sintonizzarsi con gli slanci eroici del grande devoto della Madonna, il Doctor mellifluus o Doctor marialis. La tela raffigurante San Giuseppe (protettore della Congregazione Cistercense di Casamari), realizzata nel 1991 dal religioso cistercense padre Agostino M. Caputi di Latiano, e collocata sull’altare del 1924, dono dei coniugi Geremia e Crocifisso Rubino, avvolge il fedele in una stupenda atmosfera di pace e di intimità spirituale, virtù proprie della famiglia di Nazareth.
La Chiesetta mostra, in generale, un’architettura semplice, con elementi baroccheggianti presenti nel presbiterio e soprattutto sull’altare maggiore, che rappresenta la parte più antica e più interessante dell’intero santuario.” (4)

“La volta, di recente restaurata, nascondeva una stupenda raggiera eucaristica, con al centro la scritta IhS (Iesus hominum Salvator), attorniata dai simboli eucaristici del calice, del campanello e del messale e da una stella, forse simbolo mariano. Ai lati, fa da contorno un particolare di sfumature cromatiche sul verde-verdone, con un gioco speciale di ombre e di luci, simile a stoffa preziosa.” (4)

Dietro l’altare, attraverso due porticine, vi è l’ingresso nel coro del monastero, il cuore della vita monastica, realizzato A divozione di Vincenzo D’Ippolito fu Ferdinando nell’anno 1924. Eleganti “stalli” lignei accolgono i monaci per i momenti della preghiera in comune; infine, la figura del Santo re Davide nell’atto di arpeggiare la cetra, le immagini dei volumi della liturgia delle ore e le iscrizioni Septies in die dixi tibi laudem e Psallite sapienter, il tutto frutto del pennello di Salvatore Murra, abbelliscono la volta e creano un’atmosfera particolarmente orante”. (4)

Il nuovo Santuario

“I lavori di costruzione del nuovo santuario ebbero inizio nell’anno 1978 e furono ultimati nel 1992. La prima pietra fu benedetta il 22 ottobre 1978 dal padre Nivardo Buttarazzi, Abate Preside della Congregazione Cistercense di Casamari. Il nuovo edificio fu progettato dagli ingegneri Oronzo e Luigi Sticchi e la realizzazione dell’opera fu affidata all’impresa edile «Simeone D’Antona». La chiesa è lunga 55 metri, di cui 8 destinati al porticato d’ingresso o sagrato; è alta 28 metri sul piano del piazzale, degradando a metri 20 nella navata centrale e metri 16 in corrispondenza del presbiterio. La superficie totale è di metri quadri 1500, coprendo uno spazio che è 12 volte più grande dell’antico santuario. La dedicazione della nuova chiesa avvenne il 7 novembre 1992 con la presenza del vescovo di Oria mons. Armando Franco.

“Nel suo interno la chiesa custodisce le preziose opere bronzee, di notevole valore artistico, realizzate dallo scultore Carmelo Conte di Latiano: l’artistico Tabernacolo (raffigurante il mondo con quattro lance ad indicare i punti cardinali, ai cui lati orizzontali appaiono tre linee, rappresentanti le virtù teologali, e a quelli verticali sette, rappresentanti i sacramenti della chiesa: al centro troneggia la figura del Cristo, dal cui petto squarciato sgorgano grappoli d’uva e spighe di grano, segni tipicamente eucaristici, mentre gli fanno corona i dodici apostoli, con lo sguardo di tutti rivolto verso il loro Signore, ad eccezione del traditore);” (4)

“le 14 stazioni della moderna “Via Crucis”, le cui scene conformi alla descrizione evangelica culminano nella maestosa statua bronzea del Cristo Risorto, circondato da tralci di vite, spighe di grano e colombe, realizzata nell’anno 1995 e dedicata al giovane Nino Milano (..); la suggestiva croce a stilo, posta sul presbiterio, accanto all’altare maggiore.” (4)

PRIMA STAZIONE Gesù prega nell’orto degli ulivi. Descrizione della scena. Al Cristo, inginocchiato per terra in adorazione, si contrappone l’immagine centrale dell’albero d’ulivo, il cui tronco si immedesima nell’angelo consolatore. Questi ha lo sguardo rivolto verso il Cristo e sul petto il calice amaro della passione. Sembra quasi che la natura tutta si concentri in questo momento sublime sulla passione dolorosa, che il Cristo sta per affrontare, e che è già iniziata in tutta la sua drammaticità in questo primo momento doloroso. Ma se tutta la natura è immedesimata nel dramma della passione del suo Signore, i discepoli, quasi a mo’ di cornice, collocati sul lato destro del quadro, dormendo e assopiti nel sonno della loro tiepidezza e stanchezza, sono profondamente assenti a questo particolare momento della vita del loro Maestro, totalmente ignari che ciò che sta accadendo sta per cambiare la storia e rinnovare anche la loro esistenza. (5)
SECONDA STAZIONE Gesù baciato da Giuda Iscariota. Descrizione della scena. L’immagine del Cristo al centro del quadro, leggermente rivolto verso il traditore, è di una emblematicità unica: il volto tenuto alto, ma visibilmente sconvolto; il movimento teso e retto, come su un podio; le mani lungamente distese, che sembrano cercare il contatto di una relazione verace con le due figure umane, Giuda e il soldato. È presentato nella sua durezza e cruda realtà il dramma, che si sta avverando nel suo estremo paradosso: il bacio di un amico, segno di affetto e di tenerezza, nonché di amore e di vera relazione, diviene il segnale per la cattura, dato ai nemici di Gesù; e l’amico ne è personalmente partecipe e protagonista. Nel volto di Gesù sembra espresso, con stupende pennellate artistiche, il dramma che egli sta subendo. Incredula, a lato del quadro, una quarta figura umana: è il giovane, avvolto nel solo lenzuolo, seminascosto dietro l’albero, che poi scapperà via nudo, e che forse è lo stesso avvolto nel lenzuolo, che comparirà nella tomba vuota. Ora assiste incredulo allo straziante spettacolo: lo sguardo sbigottito e la mano sul petto esprimono plasticamente lo stupore e la meraviglia del giovane spettatore. (5)
TERZA STAZIONE. Gesù davanti al Sommo Sacerdote Caifa e al Sinedrio. Descrizione della scena. Alla staticità della figura imperante del Sommo Sacerdote, seduto sulla poltrona trionfante del potere, le mani ampie e poggiate sulle ginocchia, lo sguardo cinico e serioso, ostentando sicurezza e legalità, circondato in alto dai volti dell’intero Sinedrio, che tracciano linee, per emanare il verdetto, si contrappone la figura dinamica di Gesù, con un piede sul primo gradino a forma di triangolo e l’altro sul secondo, sempre a forma triangolare. Egli richiama la presenza trinitaria di un Dio, che in Gesù non si lascia fossilizzare in forme stereotipe, archetipe e tradizionali di potere religioso e cultualistico. Gli stessi capelli del Signore, sventolati dal vento, danno l’idea di un dinamismo spirituale, contrapposto alla staticità dei detentori del vecchio culto, incapaci di rinnovamenti profetici. Sono davanti due schemi contrastanti di spiritualità e densità religiose, che si respingono l’un l’altro: quello del Sommo sacerdote e dell’intero Sinedrio, destinato alla sua irrimediabile sconfitta, e quello autentico di Gesù, mosso dalla forza e dalla dinamica dello Spirito, destinato a rinnovare la storia e il cuore del mondo. Ai piedi del Sommo Sacerdote, il triplice volto umano, a tre dimensioni,sventolato dal vento, dice forse che l’energia di Dio, seppure relegata nella bassezza, abbatte gli stereotipi umani di gloria e di potere. Questo piccolo volto, che si squarcia, fa uscire alla fine quell’essenza del vero volto, che è dentro ciascuno di noi. (5)
QUARTA STAZIONE. Il triplice rinnegamento di Pietro. Descrizione della scena. All’accusa e al giudizio delle tre figure umane, raffigurate con il dito puntato contro Simon Pietro, di cui la prima ha addirittura due dita rivolte contro l’apostolo, si contrappone il dito di Pietro puntato contro se stesso. Al centro c’è il fuoco, che arde, e l’immagine emblematica del gallo, avvolta in un cerchio splendente, simbolo del sole o della nuova luce, è il segno profetico indicato da Gesù come compimento del tradimento. A Pietro non rimane che auto-accusarsi, puntando il dito contro se stesso, riconoscendosi colpevole dell’infame tradimento. Non è tanto l’accusa rivolta dagli altri che cambia o trasforma la vita dell’uomo, ma l’auto-accusa, umile e sincera, procura il rinnovamento. I tre volti del Signore, in alto sul lato destro del quadro, richiamano il triplice rinnegamento, che ha usurpato e schiaffeggiato la dignità del Maestro, di cui Pietro, in quel momento, è l’indegno discepolo. (5)
QUINTA STAZIONE. Gesù davanti a Ponzio Pilato. Descrizione della scena. Al volto stravolto e quasi incredulo di Gesù, che si vede abbandonato da colui che avrebbe dovuto proteggerlo e farsi suo garante in virtù del potere che rappresentava, si contrappone l’immagine spavalda, sicura e arrogante del governatore Ponzio Pilato. Con il volto ben elevato, ostentando sicurezza e potestà, compie il gesto meschino del lavarsi le mani sostenuto dalle tante mediocrità di tutti i tempi. Egli decide di non assumersi alcuna responsabilità e di approfittarne del malcapitato per continuare i suoi giochi politici con il potere religioso locale, rappresentato dal Sinedrio, e i suoi interessi nei confronti dell’imperatore, dimostrando così di saper gestire una situazione bollente e delicata,qual era la provincia romana della Palestina. In realtà, però, Pilato non è che comandante del nulla, perché a decidere non è lui, ma sono gli accusatori, ben evidenziati nel quadro, dove a mo’ di cornice, con il dito puntato contro Gesù, diventano i protagonisti della vicenda. Ma, tuttavia, il vero protagonista è Gesù, che ha i piedi ben posizionati sul suo piedistallo, i cui due volti rappresentano la sua piena consapevolezza, umana e divina. Agli occhi di Dio, infatti, è altro ciò che conta: il vento proveniente dalla persona del Cristo e che si interseca con il triangolo in alto è la potenza della Trinità, che travolge i giochi di potere e le meschinità dei potenti del mondo, rappresentati dal secondo triangolo in frantumi. (5)
SESTA STAZIONE. Gesù flagellato, legato alla colonna. Descrizione della scena. In un estremo atteggiamento di abbandono nei confronti del proprio Dio, rappresentato dalla lastra triangolare su cui il condannato è adagiato, Gesù si lascia colpire dai crudeli flagelli che un soldato romano, a dorso nudo, raffigurato con una bellezza bruta e animalesca del corpo e con movimenti perfetti e simmetrici, sferza contro il misero malcapitato. Egli inveisce, scaricando su quel corpo inerte tutta la ferocia di un animale che azzanna e squarcia la preda. La scena degli schernitori in alto e degli oppressi in basso, avvolti nel manto spinoso, crea la drammatica contrapposizione di tutti i tempi, plasticamente rappresentata dai due triangoli, che come due finestre si aprono ad esprimere la logica dello scherno e della derisione, da una parte, e la logica pregna di umanità, che si fonde col dolore di Gesù, dall’altra. (5)
SETTIMA STAZIONE. Gesù caricato della croce. Descrizione della scena. Il momento è estremamente drammatico: Gesù è curvo sotto il peso della croce, su cui è sormontato il mondo intero, dove i vari cristi giacciono nel loro dolore e nella loro sofferenza e i volti sono l’espressione più acuta del loro dramma umano. È la terra intera in questo momento che si fonde con il legno della croce, affinché Gesù possa prendere su di sé le sue sofferenze e i suoi dolori. L’uomo del dolore, che ben conosce il patire, è l’emblema della sofferenza di tutta l’umanità. Egli la fa sua,per redimerla e salvarla. Ma quella croce sta per sfaldarsi: il piede del Cristo, fuori della cornice, e il piede della croce quasi in frantumi, sono entrambi destinati a traguardi ulteriori e a mete di libertà. (5)
OTTAVA STAZIONE. Gesù aiutato dal Cireneo. Descrizione della scena. Un attimo di pausa e di sollievo; un lieve e leggero respiro prima di riprendere la salita. In questo momento la croce è interamente sorretta dal Cireneo, curvo sotto il suo peso. Gesù è rivolto verso lo spettatore, con la mano destra poggiata sulla spalla sinistra del suo soccorritore, e l’altra ancorata al triangolo del suo Dio. Grazie all’aiuto del Cireneo, ora la meta verso il Golgota, indicata dalla scalinata, è più percorribile. Ma l’aiuto viene sempre dalla Trinità, espressa dai tre volti al di sopra del legno, ad avvertire che in ogni dolore umano è Dio che si identifica e soffre. La scena di un salvataggio, in alto a destra, è l’emblema dell’umanità, chiamata a collaborare alla salvezza, onde evitare la propria distruzione totale: “Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te” (Sant’Agostino,Sermo 169,13). (5)
NONA STAZIONE. Gesù e le pie donne. Descrizione della scena. L’intero quadro è un canto alla vita. Il rigoglioso ramoscello in alto sulla croce indica il dono della vita che Gesù, ramo verde, sta per donare all’intera umanità; un bimbo allattante sulle ginocchia della donna in primo piano, collocata a destra, e un ragazzo situato davanti alle tre donne sulla sinistra, sono il chiaro segno della vita; la loro raffigurazione, con il seno ben in evidenza, sta ad indicare il dono della maternità, che ciascuna donna porta dentro di sé. La scena dell’incontro di Gesù con le pie donne diviene qui un poema alla vita, che comunque trionfa e si rinnova. Gesù è il ramo verde, che con la sua passione e morte ha dato linfa nuova, per rendere vera e autentica la vita dell’umanità. (5)
DECIMA STAZIONE. Gesù inchiodato alla croce. Descrizione della scena. Il quadro è dominato dall’immagine di Gesù sdraiato sulla croce, alla quale gli uomini lo inchiodano. Egli è fra l’incudine e il martello e il crocifissore in primo piano è piegato per terra con un atteggiamento animalesco, ad indicare la bestialità dell’azione che egli sta compiendo. Un drappo si attorciglia intorno alla figura di questo essere brutale, per poi fare da spinta e da eco all’urlo della terra squarciata dal dolore. Esso diventa volto trafitto dai tre chiodi, che in alto urla la propria pena straziante, proiettandosi verso tutta l’umanità. (5)
UNDICESIMA STAZIONE. Gesù in mezzo ai due malfattori. Descrizione della scena. A differenza dei due malfattori, legati alle loro rispettive croci con le corde e i cui corpi sono supportati da numerose cataste di legno, Gesù invece è inchiodato alla sua croce con un portamento nobile e dignitoso. È lo stesso e medesimo dramma che i tre protagonisti stanno vivendo, ma in Gesù esso è superato, nella libertà, dalla sua signorile dignità. I tre legni sono incastonati nella montagna del Golgota, ma è solo la croce di Cristo, che unisce la terra al cielo, fatto di angeli e stelle. Tutto ciò fa da cornice al dialogo che si instaura tra Gesù e il buon ladrone: i loro sguardi rivolti l’uno verso l’altro trasmettono una relazione ed una comunicazione straordinarie, che si realizzano nonostante il drammatico momento. Totalmente assente a questo intreccio dialogico è il secondo malfattore, raffigurato con il capo rivolto verso la parte opposta, ossia la terra, esprimendo il totale rifiuto del cielo stellato e del regno angelico. (5)
DODICESIMA STAZIONE. Gesù con sua madre e il discepolo prediletto. Descrizione della scena. Diviso in due triangoli, il pannello presenta il momento di Maria, raffigurata sul piedistallo, che è il podio su cui ora ella realizza in pienezza la sua maternità. Dal suo grembo fecondo nascono, come fiori, i figli della Chiesa. Il suo volto orientato verso Gesù, le braccia aperte, lo sguardo sbigottito e incredulo, rendono molto evidenti i sentimenti, che emanano dal suo cuore. Il discepolo prediletto, da parte sua, tenendo stretta a sè la madre, la accoglie nel suo cuore. Un soffio sospinge il drappo posato sulla croce: è la vita che sprigiona dalle doglie del parto; Maria è ora madre di un’umanità finalmente riscattata.  (5)
TREDICESIMA STAZIONE. Gesù muore sulla croce. Descrizione della scena. È l’ora della morte di Gesù; l’ora del velo del Tempio di Gerusalemme che si squarcia; l’ora del cielo arato e solcato dal dolore; l’ora della croce che sanguina, investendo la Chiesa, che ne è depositaria. Gesù morto sulla croce è attorniato dai testimoni di ieri e di oggi, avvolto da un cerchio grandioso con in alto un eccellente triangolo, ad indicare che nella croce il mondo e l’universo intero finalmente si incontrano, immergendosi nell’amore trinitario. Il papa Giovanni Paolo II, che raccoglie l’ultimo lamento, portandolo al suo petto e, appoggiata a lui, madre Teresa di Calcutta, regina della carità, seguita da una treccia umana, sono i testimoni della croce nel nostro mondo contemporaneo così contraddittorio e lontano da Dio, ma che, pur nella sua ambiguità, non è riuscito a cancellare e annullare la presenza del Creatore, producendo anzi così eccelsi testimoni della fede. San Benedetto e San Bernardo, San Francesco d’Assisi, il beato Bartolo Longo e Padre Pio, raffigurati alla sinistra della croce, sono i testimoni di una fede plurisecolare, che è sgorgata dal Calvario e si è dilungata lungo i secoli. Il volto del giovane, figlio dell’artista, alle spalle dei santi, è anch’egli testimone muto, ma eloquente, della fede giovane delle nuove generazioni. (5)
QUATTORDICESIMA STAZIONE. Gesù deposto nel sepolcro. Descrizione della scena. Il devoto gesto della sepoltura è raffigurato con eloquente pietà. Di fronte alla morte non resta altro da fare se non questo sublime esercizio, tipico e proprio dell’uomo di tutti i tempi. Anche nei confronti del Cristo è compiuta quest’opera pia, espressa in tutto il suo dramma dalla croce conficcata con i chiodi nel cuore della madre, in sintonia con la profezia del vecchio Simeone. La dignità del sepolcro è simboleggiata dai due triangoli, l’uno che fa da coperchio e l’altro che inghiotte il corpo senza vita del Signore. Ma la sepoltura non mette del tutto la parola fine: all’orizzonte, la figura delle tre donne, che portano in trionfo il vessillo della croce, avvolta in un drappo, accennano con i loro movimenti l’inizio della vita nuova dopo la morte, la vita della risurrezione e della gloria, simboleggiata dalle tre spighe, che alludono al chicco di grano che, marcito nella terra, produce molto frutto. (5)

“All’ingresso della chiesa il fedele ha l’opportunità di accostarsi alla grandiosa figura del Cristo Crocifisso, scolpito su un tronco unico di albero d’ulivo dall’artista Giuseppe Di Giorgio di Brindisi nell’anno 1990. L’opera rivela la sua maestosità e permette al fedele di accostarsi all’immagine inusuale di un Crocifisso, che lo invita a ripercorrere l’intero dramma, vissuto dal Cristo sulla croce e ben evidenziato sia dai lineamenti del volto e sia dall’intero portamento dell’uomo trafitto. Addossato alla parete laterale destra, il Crocifisso è un richiamo impellente, che interpella il visitatore, richiamandolo alla preghiera e alla meditazione della passione del Salvatore. (4)

Al centro del presbiterio domina imponente il mosaico della Madonna di Cotrino, realizzato nell’anno 2006 dall’artista Alessia Cataldo della Ditta Domus Dei di Roma.” (4)


“Le meravigliose e splendide sette campane, disposte in alto sul campanile della facciata, sono state finemente cesellate dalla Ditta Capanni di Castelnovo De’ Monti (RE) e riccamente impreziosite da immagini dello scultore Carmelo Conte, di cui le tre più grandi sono dedicate rispettivamente a San Benedetto da Norcia, a San Bernardo di Chiaravalle e alla Madonna di Cotrino, mentre le altre quattro a San Giovanni Battista, al beato Bartolo Longo, ai tre fondatori dell’Ordine Cistercense e a San Giuseppe. Come le sette note musicali, esse nei giorni festivi e nelle solennità eseguono dolcissimi inni mariani, con i quali invitano i fedeli alla preghiera e alla lode.” (4)

Oggi il Monastero è sede di un seminario. Di impianto settecentesco il chiostro dagli alti colonnati, come il resto del complesso monastico. “Attraverso un maestoso e suggestivo portone in legno di faggio, realizzato nella prima metà del ’900, si accede nella biblioteca del Monastero.” (4)

La Madonna di Cotrino

L’anno 2006 in occasione del quarto centenario dell’istituzione della festa liturgica della Madonna di Cotrino, i monaci Cistercensi, attuali custodi del Santuario, hanno festeggiato
l’evento con numerose manifestazioni e celebrazioni religiose con l’intervento di autorità ecclesiastiche (..). Per questo straordinario evento essi hanno commissionato un medaglione ricordo allo scultore Carmelo Conte, che magistralmente e sinteticamente ha raffigurato la storia del Santuario: nel recto è rappresentato il ritrovamento dell’effigie e la relativa leggenda, mentre nel verso la storia recente del Santuario a partire dalla venuta dei monaci Cistercensi il 20 agosto 1922 (1).

Un ringraziamento all’amico Mario Carlucci che ha collaborato con me nella ripresa delle immagini.

Note:

(a) http://www.anpi.it/donne-e-uomini/armando-monasterio/

Bibliografia e sitigrafia:

“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica o sitografica.”

(1)    La via di Maria, di Autori vari – a cura di A.Maria de los Reyes. Stampato da Tiemme Srl Manduria (Ta) maggio 2008
(2)    http://www.comune.latiano.br.it/index.php?option=com_content&view=article&id=29&Itemid=67
(3)    http://www.viaggispirituali.it/2012/03/santuario-santa-maria-di-cotrino-latiano-brindisi/
(4)    http://www.santuariodicotrino.it

(5) https://nuovozenith.files.wordpress.com/2011/10/via_crucis1.pdf

0 commenti

  1. Grazie di cuore per la magistrale presentazione storico-artistica e per l’ottimo servizio fotografico del monastero! Congratulazioni e…ad maiora!
    (P. Antonio-priore del Monastero di Santa Maria di Cotrino)

    1. Grazie per le belle parole e per l’accoglienza ricevuta. Spero che questo lavoro possa servire ad avvicinare ancor di più i fedeli al vostro Monastero!

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