Giovedì 9 luglio abbiamo avuto il privilegio di visitare a Lecce nella grande sala del MUSA, il Museo Storico-Archeologico dell’Università del Salento, la prima mostra retrospettiva in Italia dedicata al grande scultore brindisino Edgardo Simone, vissuto tra l’Italia e gli USA nella prima metà del Novecento.
Ci piace precisare che il “piccola esposizione” del titolo va inteso solo per il numero delle opere – che poi tanto piccolo non è visto che sono ben 18 – e per la loro dimensione e non certamente per la qualità di quanto messo in mostra a Lecce che, invece, rivela alcuni caratteri stilistici tipici del percorso artistico di Simone come viene specificato meglio in seguito dallo stesso prof. Massimo Guastella, curatore della mostra.
L’esposizione è nata nell’ambito della seconda edizione “Sull’arte contemporanea: metodologia e ricerca nei luoghi dell’Università”, rassegna ideata e organizzata dalla delegata del Rettore alla Conoscenza, Ricerca e messa in valore dei Beni Culturali Letizia Gaeta e con la cura scientifica di Massimo Guastella, docente di Storia dell’arte contemporanea.
E proprio questi ultimi sono intervenuti per spiegare il significato e l’opera del brindisino Edgardo Simone nel panorama artistico nazionale ed internazionale, nella bellissima sala Messapica, dopo i saluti di rito dell’Università e della Facoltà.Saluti di rito che propriamente tali non sono stati, in quanto sono sfociati in un lungo apprezzamento sull’operato del brindisino prof. Guastella che ha avuto il gran merito di rivalutare e proporre l’opera di questo artista agli occhi di studiosi, pubblico e critica.
All’evento era presente un pubblico eterogeneo composto principalmente da studenti che ha potuto gustare, letteralmente toccando con mano, le varie opere ad una ad una prima che venissero immesse nelle teche di cristallo da dove usciranno solo alla fine della mostra. E’ stato un contatto simbolico ovviamente quasi a dire che l’arte deve essere qualcosa di fruibile, vicina alla gente e sempre più collegata al mondo del tangibile e del reale.
Molto gradita è stata anche la performance dell’attore Simone Franco che ha impreziosito la serata con delle letture a tema.
Certamente spiace da brindisini che questa bella mostra sul nostro scultore non sia stata proposta nella sua città natale anche se non ci sorprende! Nemo propheta in patria e la nostra città non fa eccezione. Il giorno in cui s’inaugurò il Monumento ai Caduti, come si legge su “L’indipendente”, giornale dell’epoca, tra i tanti nomi citati nell’articolo l’unico nome che non venne fatto fu proprio quello di Simone, l’autore del Monumento, che pure aveva ideato ed eseguito gratuitamente il lavoro.
La mostra sarà visitabile fino al 6 novembre 2015, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13,30, e il martedì e giovedì dalle 15,30 alle 18,00.
Riferimenti biografici
Edgardo Simone nasce a Brindisi nel 1890. Appresi i rudimenti dell’arte plastica, nel 1908 si reca a Roma. Sotto la guida dei Cozza accede al Regio lstituto di Belle Arti.
Nel clima artistico romano assimila quell’eclettismo in voga nei primi decenni del Novecento, tra verismo ottocentesco, simbolismo, Déco e poliedrismi dei secessionisti, che sarà la sua ricorrente cifra stilistica.
Lascia Roma per diplomarsi a Urbino. Raggiunge Napoli e completa gli studi nell’Accademia partenopea.
Dopo la leva nella Grande Guerra, nel milieu artistico napoletano adotta il verismo di D’orsi e l’art nouveau di Renda e De Luca.
Negli anni Venti alterna bronzetti di folclore e di gusto liberty all’esecuzione di monumenti ai caduti, a Napoli e in Campania, Verona, nel ferrarese, Lucania, Monopoli e Brindisi, riecheggiando i fregi vittoriani dello Zanelli, il simbolismo rodiniano e la potente plastica del Mestrovich. Sul finire del 1927 si trasferisce negli Stati Uniti per erigere il Monumento ai caduti a Tampa.
Dopo New York, durante la crisi del ‘29, risiederà con alterne fortune tra Washington e Detroit, poi a Cleveland e Chicago, dove presenta le sue opere all’Esposizione Universale del 1933, Coronado e Hollywood. Qui collabora a varie scenografie con la MGM.
Muore cinquantottenne a Hollywood, nel 1948.
Note su Edgardo Simone (di M. Guastella)
È questa la prima mostra ordinata in Italia dopo la morte di Edgardo Simone, scomparso a Hollywood nel 1948, e dopo la retrospettiva organizzatagli dal figlio Silvan nel 1961, nella sua galleria di Los Angeles.
Da Brindisi, dopo le giovanili prove artistiche, attestate dai maestri salentini Luigi Guacci e Cesare Augusto Lucrezio, si reca nel 1908 a Roma. È affidato al magistero di Adolfo e Lorenzo Cozza, che gli consente l’accesso all’istituto di Belle Arti.
Nel triennio 1908-1911, assiste al completamento del Vittoriano, con la Dea Roma e i rilievi di Zanelli, la Fontana di Rutelli di Piazza Esedra, vede le opere dei maestri europei presenti all’Esposizione Internazionale, su tutti di Mestrovic e Rodin. È al francese e al simbolismo che si ispira nel Rimorso, perduta figura virile assisa che con il Ritratto del padre ( 1910) è tra le sue prime produzioni plastiche.
II suo iter artistico troverà la costante cifra stilistica nell’eclettismo dell’ambiente romano, dove confluiscono art nouveau e stile simbolista, suggestioni neobarocche e gusto art Decò dei secessionisti austriaci-tedeschi (si veda la Galera assalita), ritorno alla classicità rievocata dalla scultura dei francesi e dalla plasticità monumentale d’ispirazione michelangiolesca del serbo Mestrovic. Più che i corsi accademici, pratica i cantieri delle «due esposizioni di P. d’Armi e Valle Giulia», assiste Adolfo Laurenti nelle decorazioni per il Palazzo dell’Esposizione e osserva Giovanni Prini (vedi il Fante che bacia una donna con elmetto). Tra gli esiti memori del soggiorno romano va considerato il bronzeo Nudo femminile, appartenuto alla collezione del Marchese Moronti di Rieti e poi a Federico Zeri. Passato all’accademia di Belle Arti di Napoli, accoglie la lezione verista di D’0rsi, l’eclettismo di Luigi De Luca, il gusto liberty di Peppe Renda.
Tra gli anni Dieci -Venti, risponde a quei caratteri una serie di statuette da salotto, in terracotta o bronzo, come il Cocchiere napoletano, II Territoriale congedato, di vivo folclore partenopeo,
il Tango di genere mondano ed i soggetti femminili dai volti graziosi, nei piccoli busti, o di maliziosa sensualità, come Garconne o Salomè con la testa del Battista dalle suggestioni simboliste e secessioniste.
Escluso il soggiorno ferrarese dove, verso il 1922, ha il «suo studio a Palazzo dei Diamanti», impegnato al progetto del concorso aggiudicatosi per il Monumento ai Caduti e ai Martiri, mai realizzato, Simone muove lungo tutta la penisola per eseguire numerosi monumenti commemorativi dei caduti della Grande Guerra. ln bronzo o marmo bianco di Carrara, impiega l’ampio repertorio che gli è proprio, non privo di retorica, tra rievocazioni zanelliane, secessioniste e attenzione per l’arte classica, facendo ricorso alle poderose anatomie mestroviciane.
Talvolta concepisce il monumento-fontana quale arredo urbano. Simone è apprezzato nelle rassegne espositive leccesi, da Pietro Marti a Totò Genovesi.
Sul finire del 1927, parte per gli Stati Uniti d’America, per realizzare il Monumento ai caduti di Tampa. Giunto a New York avvia il ventennio della stagione americana. Inizialmente, espone parte della produzione italiana, come i bronzetti fusi a Napoli dalla Fonderia Laganà. La padronanza delle tecniche artistiche e l’ecletticità del suo stile assicurano le attenzioni della critica, ma soprattutto della committenza per le abilità di ritrattista. Effigia, tra altri, Solomon R. Guggenheim, Thomas Edison, David Niven, Marlene Dietrich. Una mostra personale gli viene ordinata alla National Gallery di Washington. Sin dal 1929, per far fronte alla crisi, oltre ai ritratti, reitera a uso commerciale un repertorio bozzettistico di genere su temi infantili. Traduce scugnizzi e guapparielli dei vicoli napoletani in monelli chapliniani come il Bellhop (Facchino di Hotel), il Caddie o i piccoli jazzisti di colore.
Le graziose statuine femminili sono tratte dall’American life. Coast to coast esegue, con versatilità, opere di tipologia e generi diversi, dalla ritrattistica alla statuaria, dal soggetto civile alle allegorie, dal genere sacro all’oggetto d’arredo, in piccola e in larga scala, dalle statuine-lampade alle sculture da giardino. Nel 1933, naturalizzato americano, si trasferisce a Chicago, per ordinare le sue opere alla Mostra Italiana dell’Esposizione Universale. Sua ultima tappa Hollywood, dove realizza ceramiche nelle stilizzazioni Art Nouveau. Negli anni Quaranta collabora come scenografo con la Metro-Goldwyn-Mayer: dovrebbe appartenergli il Gesù Cristo che appare tra gli arredi sacri del film The song of Bernardette, vincitore degli Oscar nel 1944.
Opere in mostra
Testa di bimbo
Opera di un impegno più personale, dagli intenti veristico sentimentali è la Testa di bimbo. Sia il soggetto sia la sua trattazione inscrivono l’0pera nella tradizione della ritrattistica ottocentesca in cui le annotazioni veriste convogliano nel bozzettismo. Avviando dunque il genere del ritratto, lo scultore brindisino si specializza in statuette di piccolo formato in bronzo, sin nella produzione giovanile. Perciò le parole di encomio a Simone, redatte già nel 1913 presumibilmente dal direttore Giustino Durano sulla testata locale “Indipendente”, lasciano presupporre un’attività precocemente avviata, per lo meno, in ambito cittadino:
«Noi che dal primo momento abbiamo seguito con simpatia l’inclinazione di questo giovane ingegno d‘artista additandolo al pubblico. non abbiamo che a compiacerci con noi stessi per averlo incoraggiato a ben continuare, sicuri che la nostra profezia si sarebbe avverata! Oggi con orgoglio tracciamo queste righe, certi che non saranno le ultime, perché fidiamo che il Simone onorerà il paese stesso e se stesso».
Territoriale in congedo
In mostra (si tratta della Prima Mostra d’Arte Salentina, ideata e organizzata dal prof. Pietro Marti ndr) compare per la prima volta il Territoriale in congedo, una estroversa figura di soldato “divertente” e sbrindellato. Senz’altro una delle sue invenzioni plastiche più gradevoli e felici, il bronzetto è esposto in varie mostre; evidenzia un verismo strettamente imparentato con quello ottocentesco di scuola napoletana, da Gemito a D’Orsi e Cifariello, e ci riporta alla mente i musicanti del De Matteis. Il soldato territoriale, in divisa e berretto, gavetta a tracolla e scarpe rotte in punta, che incede allegramente suonando l’organetto a bocca si ricollega a una serie di piccoli bronzi di gusto verista e di costume che segnano il passaggio a una maniera di modellare con caratteri di realismo minuto e insistenti dettagli.
Ritratti di donna
Sul ritratto femminile Simone sviluppa una serie di piccole teste in bronzo, all’incirca di 15 cm di altezza, di consonanza stilistica.
Il Ritratto di donna (Brindisi, Collezione privata) — acquisito sul mercato d’arte ceco —, potrebbe confermare trattarsi di un’effige con cui vi è familiarità, a cui è accostabile una affine versione in ceramica, già presente nella collezione Simone Britain.
Simone dimostra perizia esecutiva, assimilata ed espressa con sicura padronanza tecnica plastico-compositiva nel genere, caratterizzata da un intenso verismo; non manca di un modellato costituito da piccoli dettagli tratti dalle modelle: occhi, orecchie, naso, bocca, capigliature, sono appena accennati ma di grande efficacia in virtù di delicati passaggi chiaroscurali.
Il condizionato movimento dei volti, portati verso l’alto per seguire lo sguardo, (..) intona un atteggiamento di serenità, interiore, il cui intento appare vagamente simbolico, di purezza morale.
Nei bustini femminili Simone mette a fuoco la fisionomia reale del soggetto — dato ricorrente nella linea della scultura italiana coeva, eredità della tradizione tardo ottocentesca —, e pur tuttavia si avvale di motivi di aggiornamento stilistico, che esprime in una elegante sintesi plastica di ascendenza liberty, facendone un apprezzabile esempio della sua produzione di questi anni.
Tango
La rappresentazione della coppia danzante un passo di tango, che sembra riprendere il canyengue (a), evidenzia qualità e motivi di buona scultura per l’accurata rifinitura di ogni sua parte.
Il gruppo bronzeo, di piccole dimensioni, si inscrive nel genere della ritrattistica mondana, dando prova di un realismo attento al dettaglio — si vedano gli indumenti dei due personaggi — e alle intonazioni espressive, con quel sorriso marcato della donna di matrice rendiana, che suggerisce di accostarlo, latamente, a “Uscita dal ballo” del maestro di Polistena.
Fors’anche la scena di genere aspira, tardiva, alla tematica del ballo cara all’impressionismo. Un significativo precedente plastico di inclinazione simbolista è il Valzer del 1891 di Camille Claudel, in cui la scultrice francese sa trovare il giusto equilibrio tra dinamica del passo e stabilità nella danza appassionata della coppia bronzea.
Nell’articolato andamento spaziale, fortemente dinamico, del ballo argentino, generato da Simone attraverso molteplici punti di vista, sembra concretizzarsi l’equilibrata composizione scultorea a un tempo verista, espressionista e simbolista.
Bambino che passeggia – Bellhop (Facchino d’Hotel) – Abbondanza
L’impronta monumentale ed eroica in cui si era mantenuta costantemente la sua scultura pubblica degli anni venti, nelle prove americane è abbandonata via via in favore di un’analisi del vero di nitida espressività, non disgiunta da fini elogiativi. come rivela la copiosa ritrattistica, riferibile alla sua prima produzione statunitense. Si tratta di opere sostenute da una elaborazione compositiva che, per quanto personale, non è priva di influssi da ambienti italiani, quali un Saverio Gatto ad esempio.
A sculture allegoriche l’artista accosta opere di genere improntate a schietta semplicità in cui riprende il mondo dei bambini napoletani rapportandoli alla società “statunitense“. (..) Esemplari tesi a infondere nello spettatore emozioni e suggestioni del mondo infantile sono alcuni piccoli gessi, Bambino che passeggia (passato per il mercato americano a Buffalo Grove Illinois), e Bellhop (Facchino d’Hotel) (..), Abbondanza.
Leda e il cigno
Leda e il cigno (Brindisi. Coll. privata), un esuberante corpo femminile in posa accanto al volatile che è tra gli esiti migliori dell’artista.
La scultura, dall’attenta modulazione plastica che slancia il corpo assiso della figura, evidenzia l’assunzione di modelli derivanti dall’arte simbolista, tanto nell’impostazione formale quanto nella trattazione dettagliata della corporatura; la rappresentazione, laica ancorché mitologica, manifesta non solo la pura bellezza del nudo ma anche una spudorata voluttuosità, assistita dall’acuta intensità espressiva che gli infonde abilmente lo scultore.
Testa di fanciulla
La produzione ceramica del periodo della sua maturità artistica vissuto a Chicago e poi a Hollywood, consta di alcuni pezzi di singolare qualità che artatamente Edgardo fonda su modi realisti sino a spingerli poi in direzione Art Nouveau. Lo testimonia tra gli altri la “Testa di fanciulla” copiata da un esemplare in bronzo di altro autore e di proprietà di Edgardo, (..)
Vaso con Cariatidi passanti
Sin dalla partecipazione alla mostra alla galleria napoletana Corona del 1926, emerge che Simone si dedica all’arte decorativa con la realizzazione di vasi in terrecotte policrome.
L’artista brindisino pratica l’arte del fuoco anche negli Stati Uniti portando avanti una produzione in ceramica, assai meno nota, caratterizzata da morbide linee sia sotto il profilo formale che decorativo. Esaminando le opere ceramiche si direbbe che lui sia tra i tardi cultori del secessionismo floreale, ispirato ai modi del formulario Art Nouveau, del quale adotta un linguaggio eclettico, tra figurazioni e stilizzazioni astratte.
Ninì realizza un limitato numero di oggetti dalle svariate forme, gamme di colori variegate, e funzioni – candelieri, vasi, brocche, centrotavola. Conferisce alle superfici, curate nelle decorazioni, effetti molto particolari. In ogni elemento mette in evidenza la valenza estetica del dettaglio plastico, ovverosia nelle applicazioni non perde le peculiari caratteristiche artistiche. (..)
Sono poco più di una decina di esemplari dalle policromie smaltate, marcati nei Simone Studios, quelli oggi noti della sua attività d’oltreoceano. (..)
Completa il gruppo degli oggetti d’uso “Il vaso con Cariatidi passanti”.
Bagnante (Nausica?)
Risalgono alla produzione plastica del 1944 alcune sculture (..). Si dedica, inoltre, ad alcuni rilievi tra sacro e profano: i due tondi della Cacciata dal Paradiso terrestre, identici nella redazione, due raffinati nudi femminili, la Bagnante e il pendant Donna che decora un’anfora e un mitologico Pan.
Altre opere presenti nella esposizione:
Caddy – Addetto alle mazze da golf anni ’30
Suonatore di armonica anni ’30
Maschera anni ’40
Testa di bimbo
Per chi volesse ulteriormente approfondire a questo link l’articolo correlato Monumento ai caduti – Brindisi di Edgardo Simone
Bibliografia:
Edgardo Simone – Scultore (1890-1948), di Massimo Guastella. Mario Congedo ed. 2011 – Galatina (Le)
Note
(a) ll Canyengue è la pura essenza delle radici del tango; la sua origine risale approssimativamente intorno al 1900. La parola “Canyengue” è di derivazione africana e significa camminata ritmica. È una danza sensuale e picaresca, i movimenti sono tagliati e briosi. Il tempo musicale usato era di 4/4 ma con il passare del tempo si evolve in 2/4.
[…] Per chi volesse approfondire a questo link l’articolo correlato Edgardo Simone – Piccola esposizione negli spazi del MUSA […]