Era il 2010 quando l’Amministrazione Comunale di Brindisi, guidata dal Sindaco Mennitti, si fregiava dell’opportunità di allestire una mostra permanente in una degna sede comunale essendo stata acquisita una collezione di opere, dipinti e disegni, del Maestro Armando Scivales, effetto di un lascito alla città avvenuto alla sua morte.
La sistemazione, nei locali dell’ex complesso delle Scuole Pie – sede della Fondazione Nuovo Teatro Verdi – nel cuore del centro storico cittadino, fu veramente una scelta eccezionale e costituì un piccolo risarcimento operato dall’Amministrazione nei confronti di questo suo figlio che, finchè è stato in vita, non ha mai dimostrato di voler veramente amare. Nel merito si può vedere l’episodio di seguito descritto nella sua bibliografia, del mancato ritiro nel 1976 di un dono alla città che molto amareggiò l’artista.
Ma Scivales amava tantissimo la sua terra, di cui rappresentava ambienti campestri e personaggi del popolo, la amava anche e nonostante le contraddizioni di un’industrializzazione che la devastava e una marginalità diffusa, perchè era il posto in cui per tutta la vita aveva desiderato tornare e ritrovare i luoghi a lui cari.
Scrive Scivales: “qui sono nato e qui finirò i miei giorni”. Alla sua morte, con un gesto di grande generosità che ha cancellato tutte le incomprensioni del passato, ha voluto donare alla città di Brindisi buona parte del suo patrimonio artistico per dare a tutti noi, la possibilità di ammirare per sempre le sue opere.
Biografia
“Armando Scivales nasce a Brindisi il 6 gennaio 1917 in una stanza a piano terra e la strada è la sua prima esperienza di vita collettiva.
La morte prematura del padre nel 1924 lo obbliga a trasferirsi a Gallipoli presso gli zii materni, perché la madre non ha i mezzi per mantenerlo.
A 12 anni, di ritorno a Brindisi, deve abbandonare la scuola e mantenersi con lavoretti di fortuna – prima un laboratorio di falegnameria poi un laboratorio di stucchi artistici e decorativi dove scopre le sue attitudini – ma la madre desidera per lui un lavoro fisso e viene assunto dall’Amministrazione provinciale di Brindisi come apprendista allievo fuochista al reparto compressori stradali.
A 20 anni viene chiamato a svolgere il servizio militare nella Regia Marina e la disciplina di bordo, la navigazione e gli sbarchi sono esperienze di vita essenziali per la sua formazione, negatagli durante l’adolescenza. Prossimo al congedo, scoppia la guerra e viene trattenuto in servizio. Al proclama di Badoglio, decide di raggiungere di nascosto Marina di Carrara dove sposa la ragazza che aveva conosciuto a La Spezia durante un congedo e con lei parte per Milano dove vive in clandestinità fino alla Liberazione, adattandosi a lavori sottopagati mentre la moglie, libera di circolare, ottiene un lavoro fisso. In questo periodo il figlio di quattro anni viene lasciato ai nonni.
Riacquistata la libertà nel ‘47, ormai trentenne, può iscriversi a un corso serale di disegno presso l’Accademia privata OSCADER, quindi frequenta per un anno la scuola di nudo sotto la guida del Prof. Albano Rossi.
Grazie alla stima e all’amicizia dello scultore Peter Rosa, può frequentare la società ”Patriottica”, vecchia e prestigiosa istituzione culturale ed artistica milanese, dove completa la sua educazione valendosi anche di un’assidua frequentazione ai musei e alla Pinacoteca di Brera. Nel 1954, spronato dall’amico incisore Marco Costantini, che abita e lavora a Laveno Mombello, dove Scivales soggiorna per un periodo di lavoro “en plein air”’, allestisce la sua prima mostra in una sala di quel piccolo paese. È un avvenimento di scarsa rilevanza; nonostante i suoi trentotto anni non è che all’inizio della sua creazione artistica ma è un primo passo che inoltre gli offre l’opportunità di conoscere i pittori Ampelio Tettamanti, Giuseppe Motti e lo scultore Giusppe Scalvini. Grazie alla loro amicizia, gli è facile, nonostante il carattere introverso, introdursi nell’ambiente artistico milanese che, in quegli anni di fermenti, ruota intorno alla “Casa della cultura” in San Babila, centro del movimento realista in cui si identifica.
In quegli stessi anni a Suzzara il sindaco Tebe Mignone, con il critico Dino Villani e Guido Mazzali, dirigente socialista, rispondendo all’esigenza di operare una saldatura tra gli artisti della Liberazione e il mondo del lavoro, di coinvolgere le masse, piene di entusiasmo e di voglia di riscattarsi, istituiscono il Premio Suzzara a cui aderiscono con altrettanto entusiasmo i mercanti d’arte Stefano Cairola e Ettore Gianferrari, il letterato e critico d’arte Orio Vergani, Cesare Zavattini che è anche il teorico della nuova cultura contadina e i critici appassionati del movimento realista Raffaellino De Grada e Mario De Micheli.
Proprio nel 1954 Ampelio Tettamanti vince il premio aggiudicandosi la puledra e Scivales, durante la cerimonia, non si stacca da lui perché, per la sua timidezza, non avrebbe potuto affrontare da solo quella grande rassegna dove, tra tanti nomi famosi, figura, per la prima volta, anche il suo. Nella stessa occasione Tettamanti lo presenta a Stefano Cairola, che gli promette una mostra. Tornato a Milano, nonostante la vita di stenti in cui è coinvolta la famiglia, decide di dedicarsi completamente alla pittura. Due anni dopo, Stefano Cairola,dopo aver visto una panoramica completa della sua opera, gli offre una personale nella sua omonima galleria di Milano con la presentazione preziosa del maestro Raffaele De Grada. Altra personale viene allestita al Circolo Italia di Corso Buenos Aires nello stesso anno.
Ma il duro lavoro cui si sottopone costantemente in quell’abbaino, che non è neppure riscaldato, mina il suo fisico e, tormentato da una tosse costante, è costretto a sottoporsi a visite mediche, che gli diagnosticano un principio di tisi.
È quindi obbligato, dopo 25 anni, ad abbandonare Milano e gli amici più cari, per ritornare a Marina di Carrara, dove vive la famiglia della moglie, che decide di aprire nella casa dei genitori, sufficientemente grande e con giardino, una piccola pensione estiva stagionale a conduzione familiare.
Il clima più mite e le cure gli permettono di riacquistare le forze, frequenti sono i suoi soggiorni a Firenze dove abituali sono le frequentazioni con l’amico pittore Renzo Grazzini.
Gli anni tra il 1968 e il 1973 rappresentano sicuramente il periodo più fecondo della sua produzione artistica in Italia e all’estero. Numerose sono le sue partecipazioni a mostre e incontri di rilievo tra i quali il premio nazionale “Il Fiorino” a Firenze, “Arte italiana contemporanea” in Nuova Zelanda e Australia, “la Donna nell’arte” al Palazzo della Permanente a Milano, il Premio Tettamanti- Milano. Sempre in quel felice periodo allestisce otto mostre personali: nel 1968 alla Galleria del sole, Brindisi; nel 1968-71-72 al “Cavallino bianco”, Suzzara; nel ‘71 alla Galleria “Mantegna”, Mantova; nel 1972 alla Galleria “Statutol3”, Milano; nel ‘72 alla Galleria “Apuania”, Marina di Carrara, nel ‘72 ancora alla Galleria “ Il Corso”, Vicenza.
Nel 1969 vince il vitello al Premio Suzzara con l’opera “Chiedevano lavoro – no morte” e nel 1972 il maiale con “Omaggio a Di Vittorio”, opere pittoriche a sfondo sociale.
Purtroppo tutti questi successi son citati in sordina dalla critica in quanto Scivales è un “cane sciolto”, che orgogliosamente rifiuta di appartenere a qualsiasi scuderia. Un’improvvisa grave malattia della moglie (che fortunatamente un intervento chirurgico tempestivo debella) e un crollo psichico dovuto all’intenso lavoro di cinque anni, che lo ha completamente svuotato emotivamente, lo inducono a considerare l’opportunità di cambiar ambiente per rinvigorire il suo spirito e “purificare la sua arte dalle scorie pesanti del realismo”. Decide dunque con la moglie di ritornare alla sua terra natale per ritrovare “la piattaforma ideale da cui trarre spunti e motivi per una nuova espressività, sempre rigorosamente legata a una memoria storica e culturale della (mia) sua gente”. Mentre lui resta a Marina di Carrara, dove sta allestendo una personale alla Galleria “Apuania”, la moglie, dotata di molto spirito pratico, lo precede a Brindisi e gli prepara un ambiente favorevole entrando come collaboratrice attiva al “Centro studi Falanto” il cui scopo primario è di sensibilizzare la città ai problemi culturali e offrire una sede dove si possano organizzare manifestazioni artistiche, atte a stimolare l’interesse pubblico. Arrivato a Brindisi, trascorre i primi giorni alla ricerca dei luoghi della sua infanzia ed è spesso deluso dai cambiamenti che osserva sia nell’ambiente che nelle persone e dopo avere consumato le sue energie per un ideale e fatto quanto poteva per interpretare le ansie e la miseria degli uomini, sente “il bisogno di rifugiarsi con la sua amarezza in un mondo metafisico, immaginario, senza echi.”
In occasione del suo ritorno a Brindisi il Centro Arte Falanto gli organizza una mostra antologica circoscritta al periodo 1963-1973: una panoramica di opere ricca di riferimenti storico-sociali scottanti che gli attira molti consensi ma anche dissensi soprattutto di natura ideologica.
Nel complesso un successo insperato che culmina con la visita dell’On. Caiati che gli acquista quattro quadri e diventa un suo carissimo amico ed estimatore. La mostra ha un tale successo che viene richiesta dalla galleria “L’esagono” di Lecce e dalla galleria “La mossa” di Siena.
Altro avvenimento di rilievo in questo periodo è la conoscenza occasionale di Rosario Jurlaro, allora direttore della Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo”, che diventa in seguito, nonostante la diversità della loro formazione ideologica, un’amicizia affettuosa e importante.
Qualche tempo dopo, il Prof. Jurlaro gli propone di illustrare un suo libro: “L’utile canna”.
Un po’ sconcertato perché non ha mai fatto una simile esperienza, solo dopo aver letto con grande entusiasmo il libro, accetta. Purtroppo dei venti disegni originali, dieci sono andati distrutti in un incendio provocato da un cortocircuito del televisore. È stato un grave incidente anche per le conseguenze che gli provoca agli occhi: due cataratte traumatiche che colpiscono irrimediabilmente l’occhio sano, mentre dall’altro la visione era già ridotta per un difetto congenito. Sollecitato dall’amico, decide di stampare una cartella di incisioni e in tempo record incide cinque lastre che vengono stampate a Lecce per una tiratura limitata a sole 35 cartelle.
Il suo ultimo impegno di grande portata è il quadro “Dal seno materno alla corruzione” di grandi dimensioni, m 3×2, che espone con altre opere al Centro Arte Falanto nel 1976 e che porta a termine con molte difficoltà per mancanza di uno spazio adeguato e per la complessità del tema. Lo concepisce come una specie di testamento destinato alla sua città come tributo di amore e di fede.
Ma all’inaugurazione della mostra il Sindaco, a cui avrebbe voluto consegnare l’opera, come dono per la sua città, non si presenta, con grande rammarico per l’artista che la donerà anni dopo al Comune di Carrara, in occasione della mostra antologica, patrocinata dal comune stesso e che si terrà nel 1980 nel salone della Camera di Commercio di Carrara.
Nel ’78 ancora al Centro Arte Falanto viene presentata dall’amico Donato Valli, docente di letteratura moderna e contemporanea all’Università di Lecce, la cartella di 3 serigrafie Omaggio alla donna, tema a lui particolarmente caro.
Nel ’79 rientra con la moglie a Marina di Carrara dove allestisce una personale all’Art Gallery Club e a cui segue, appunto nel 1980, la mostra antologica.
Scivales è orgoglioso che sia questa sua seconda patria anarchica e antifascista, ribelle, indomabile a ogni forma di coercizione, di violenze e di ingiustizie ad accogliere il suo messaggio.
Purtroppo tre mesi dopo i suoi occhi si velano e viene ricoverato all’ospedale di Carrara dove viene operato. L’esito si rivela negativo e cerca di superare i momenti depressivi mettendosi a scrivere senza nessuna velleità letteraria, ma con la sua innata modestia.
Si ripiega su se stesso e la sua vita pubblica si va sempre più diradando.”
Alessandro Scivales – tratto dal libro “Armando Scivales”, Progetto e cura del Settore Beni Monumentali Gestione ed Organizzazione delle sedi culturali. Stampato da Locopress Industria Grafica – Mesagne (Br)
I Quadri
I Disegni
Altri disegni (senza alcun titolo ndr)
Si ringrazia l’amico Mario Carlucci che ha collaborato nella realizzazione del servizio
Bellissima mostra, bravissimo e dolcissimo zio Armando; ho rivisto dipinti in “costruzione” a Marina di Carrara….e tutti sono “concordi” con quelli che ho la fortuna di avere sulle pareti della mia casa, dove spicca ” La Brindisina”……ma tutte le sue opere posseggono un fortissimo messaggio di grande Amore e Spiritualità, denuncia, rivolta e speranza…sopratutto nella Donna, Madre e Compagna……matrice terra e conforto necessario all’Uomo. Grazie per il Giusto merito che avete dato e sono certo continuerete a dare, ad Armando un Uomo eccezionale, nella sua naturale modestia un’ Anima ed un Artista per me immensi!
La ringrazio molto per i complimenti, credo sia il giusto riconoscimento al lavoro e alla generosità di suo zio “Armando Scivales”. Poi, volevo dirle che come come “Amici di Brundarte” pubblichiamo e commentiamo anche sulla nostra pagina facebook; sarebbe troppo chiederle di pubblicare lì qualche foto dei quadri che ha in casa e che rappresentano in qualsiasi modo la città? In ogni caso grazie e buona giornata