Chiesa di S. Antonio – San Pancrazio Sal. – (Br)

La Storia

Le origini di San Pancrazio Salentino risalgono ad un periodo di gran lunga anteriore a quello documentato dalle fonti medievali. La ricerca archeologica ha messo in luce i resti di un insediamento iapigio – messapico, che consentono di far risalire la nascita e lo sviluppo del centro antico tra l’VIII–VII secolo a.C. e il III secolo a.c.
Il nome di San Pancrazio Salentino trae origine dal suo protettore. Sembra infatti, che il primo nucleo abitato di età medievale, sia sorto intorno ad una preesistente chiesetta dedicata al Santo, che si ritiene sia passato per queste terre prima di recarsi a Roma.
Dato quanto scritto da molti autorevoli autori, ossia che sino al V secolo in queste regioni esisteva solo un’immensa foresta, dobbiamo dare per certo che i monaci basiliani ed i fuggiaschi, stabilitisi nell’VIII secolo in questi luoghi abbiano provveduto a soccorrere con ogni mezzo le popolazioni sbandate e perseguitate a causa delle continue scorrerie e razzie fatte dai Goti e dai Saraceni, esercitando l’assistenza religiosa, forse senza formare una vera parrocchia.

In seguito i Vescovi nominarono un sacerdote con tutte le facoltà, come afferma Dugange, il Vescovo Teudosio che nell’813 eresse Cappelle nella grande foresta oritana.
Si suppone perciò che questa vecchia Chiesa risultasse già fondata a quel tempo tanto, ed è certo comunque, che nell’anno 1063 già esistesse con il nome della “Venerabile chiesa di S. Pancrazio”.
Sul finire del XII secolo, a causa delle guerre e della peste che infestò queste regioni meridionali, il Casale di S. Pancrazio fu semidistrutto e abbandonato.
L’Arcivescovo Pellegrino d’Asti nel 1221, a proprie spese lo riedificò con la Chiesa ed il Palazzo (o Castello baronale o Castello Arcivescovile era il luogo utilizzato dagli Arcivescovi sia come residenza estiva, a causa della sua aria salubre molto diversa dall’ambiente paludoso di Brindisi, sia per la sua posizione durante le Visite Pastorali) e largheggiò in favori al clero ed al popolo perchè potessero ritornare più facilmente alla terra natìa.

Castello arcivescovile un tempo comunicante con la chiesa di S. Antonio

Vi furono in San Pancrazio gli Arcipreti fin dal Medio Evo. Se ne hanno esempi fin dai tempi in cui sono citati nelle collette, cioè dal 1274. Se quindi vi erano gli Arcipreti e i chierici si deduce che la chiesa doveva essere parrocchiale.
San Pancrazio fu saccheggiata dai Turchi, sbarcati a San Cataldo, una prima volta nel 1480 (subito dopo la presa d’Otranto); una seconda volta, la notte del 1° gennaio 1547, quando cinque galeoni turchi approdarono a Torre Colimena, sulla costa jonica: in quest’occasione quasi tutti gli abitanti furono deportati in Turchia e venduti come schiavi. L’avvenimento è narrato negli affreschi della Chiesa di S. Antonio, già matrice, la cui ricostruzione avvenne nel 1551 come attesta una epigrafe datata e conservata nella vecchia sacrestia.

Lapide in Sagrestia
Lapide

La successiva riedificazione del paese e il suo ripopolamento segnarono l’inizio di una lunga stagione feudale terminata la quale il casale rimase aggregato, in qualità di frazione, a Torre Santa Susanna. Sembra che poi la cittadina riuscì ad acquisire l’autonomia grazie a Ferdinando II che, con decreto del 17 dicembre 1838, stabilì che dal successivo primo gennaio 1839 il paese formasse “un comune con amministrazione isolata e indipendente”.

L’affresco del 1547 – I turchi saccheggiano S. Pancrazio

Pittura murale, “L’assalto dei turchi”

Si deve alla perizia e alla diligenza di un privato cittadino, il sig. Gino Muscogiuri,  il salvataggio dell’affresco con il saccheggio del casale di S. Pancrazio nel 1547 che, anche se non riveste particolare interesse dal punto di vista artistico, ha un interesse enorme da quello storico in quanto ha contribuito a ricostruire la storia del paese con la sua descrizione dettagliata dei fatti.

Procedendo infatti dall’alto in basso, in senso orario, si può dividere la pittura in quattro quadranti:

nel primo abbiamo i cinque galeoni che si avvicinano alla costa mentre a terra si vede un esercito schierato che potrebbe essere quello presunto dal Cria a difesa di Avetrana;

nel secondo l’espugnazione del Castello di Avetrana ( o Torre Columena?);

nel terzo, il più cruento, si vedono i cittadini massacrati: una testa mozzata, un uomo nudo per terra con il corpo ricoperto da ferite, una donna che cerca di coprirsi con uno straccio, delle persone che vengono prese prigioniere, un uomo con un bambino che cerca di fuggire ad un turco che l’insegue;

nel quarto, si intravedono ancora appesi ad un albero  i resti di un uomo fatto a pezzi ma, come in tutti i racconti che si rispettino, c’è anche l’immagine del traditore Cria legato ad un palo che subisce la lapidazione da parte di uomini e bambini, mentre uomini armati di balestre lo colpiscono in punti non vitali per prolungare la sua agonia.

Ripercorriamo con le parole del Marciano quei terribili momenti: “

Ancora più devastante fu il saccheggio ad opera dei turchi del 1547 i quali accostatisi con cinque galeotte nella marina della provincia, e presa terra in un porticello della Calimera (Torre Culumena), presero il castello Veterana (Avetrana), la notte del 10 gennajo, …e sbarcarono da circa cento turchi guidati da un certo rinnegato del detto castello chiamato Chria, il quali li menava per prendere Veterana sua patria; ove essendo arrivati, ed inteso il suon di tamburetto, con cui facevansi mattinate, dubitando che non fosse la guardia di qualche presidio militare, passò avanti e li portò a saccheggiare questa piccola terriciola di S.Pancrazio..”.  (G. MARCIANO, Descrizione origini e successi della Provincia d’Otranto, Stamperia dell’Iride, Napoli, 1855, p. 462)

La struttura 
Orientata in senso nord-sud la chiesa di S. Antonio è impostata su una pianta a navata unica, con copertura di volte a botte. Le pareti laterali sono scandite da nicchie comprese fra lesene, entro le quali sono inseriti gli altari minori. La parete laterale che delimita la navata orientale conserva, nella parte alta, estesi lacerti di affreschi, ascrivibili verosimilmente ad epoca tardo-romanica e raffiguranti l’episodio di Cria. L’aula è illuminata da monofore poste alternatamente nelle lunette della volta. La porta alla destra dell’altare maggiore consente l’ingresso alla sagrestia, un vano con copertura a volta ribassata, semplicemente intonacato, illuminato da una finestra affacciata su un piccolo cortile. A quest’ultimo, da cui si accede ai terrazzi e al campanile, si arriva mediante la porta che si apre sul lato sinistro dell’altare. L’ingresso principale, posto a nord, è arricchito da un pregevole portale marmoreo sovrastato da una lunetta, mentre l’ingresso laterale -situato sul lato est, è caratterizzato da un semplice architrave modanato in rilievo. La compatta volumetria dell’edificio è alleggerita dalle esili lesene che ne scandiscono le pareti laterali esterne e dall’aereo campanile a vela sulla parte posteriore.

Chiesa S. Antonio da Padova
Chiesa S. Antonio da Padova – Ingresso lato est
Chiesa S. Antonio da Padova – Part. del Portale
Chiesa S. Antonio da Padova – Part. Monofora

Chiesa S. Antonio da Padova – Ingresso centrale
Chiesa S. Antonio da Padova – Ingresso centrale
Chiesa S. Antonio da Padova – Part. del portale ingresso centrale
Chiesa S. Antonio da Padova – part. lunetta Ingresso centrale

La Sagrestia

Dopo che i turchi il 1° gennaio 1547 “abbruciarono cose, robbe, ecclesia…”, nel 1551 venne modificata l’originaria piccola chiesa in una più ampia struttura, simile nelle sue forme architettoniche all’attuale come testimonia la lapide collocata in sacrestia che riporta fedelmente date, eventi e protagonisti.

Arco di passaggio in sagrestia
Originaria piccola chiesa poi modificata in sagrestia

Antica Acquasantiera
Antica Acquasantiera
Antica Acquasantiera – part. faccina scolpita
Croce e simboli della Passione usati durante le processioni

Acquasantiera in pietra
Acquasantiera in pietra – part.

Ulteriori ritocchi strutturali alla chiesa furono realizzati agli inizi del 1600. E, in conseguenza degli eventi tellurici verificatisi nel 1740, 1743 e 1807, che deturparono la chiesa con lesioni profonde nel muro d’appoggio dell’altare maggiore, nel 1886 la cadente struttura della chiesa venne rafforzata con nuovi muri.

Ulteriori interventi furono eseguiti nel 1892 con la collocazione di un piedistallo con Croce, che prima era sulla pubblica Piazza,  sul lato est della chiesa.

Facciata lato est
Croce in ferro su piedistallo di pietra

Una riparazione di notevole portata venne fatta agli inizi del 1900 ed, infine, si giunge alla fine del Novecento con il completo recupero statico e conservativo della chiesa.

Il Campanile a vela

Campanile a vela

 

L’Interno

Si presenta a navata unica con volta a botte cadenzata trasversalmente da archi e pilastri, al cui interno troviamo due piccoli altari addossati sul muro ad est ed il solo rimasto sul lato ovest; all’origine le pareti erano interamente affrescate.

Le decorazioni floreali sono visibili attualmente soltanto sul primo altare ad est, nella cui nicchia è collocata la statua di Cristo Risorto. L’altare probabilmente era dedicato a S. Pancrazio Martire, ma l’immagine a rilievo che compare sul paliotto genera dubbi e perplessità.

Veduta dell’altare maggiore
Veduta della controfacciata
Altare del Cristo Risorto
Part.
Tracce di affreschi sotto la lunetta con rappresentazione del sole, della luna e delle stelle

Particolare del paliotto
Resti d’immagine di S. Pancrazio (?)
Affresco raffigurante l’assalto dei turchi
Part.
Affresco raffigurante l’Assunzione di Maria
Part.
Part.

Fonte battesimale a forma ottagonale decorato con palmette e piccole teste alate
Prima nicchia a destra: S. Pietro
Statua in cartapesta raffigurante S. Pietro, 1992 – F.lli Gallucci
Seconda nicchia a destra: S. Antonio da Padova
Statua in cartapesta di S. Antonio da Padova. Autore ignoto – sec. XIX-XX
Part. Paliotto raffigurante S. Lucia
Terza nicchia a destra: S. Lucia
Statua in cartapesta raffigurante S. Lucia. Autore ignoto – sec. XIX
Quarta nicchia a destra: L’Addolorata
Statua in cartapesta (capo e mani) dell’Addolorata. Autore ignoto – inizi XX sec.
Altare maggiore: Sant’Antonio da Padova
Statua in cartapesta di Sant’Antonio da Padova. Autore ignoto – sec. XIX
Altare del SS. Crocifisso
Secondo altare a sin. – Statua in cartapesta del Crocifisso. Autore ignoto – sec. XIX

 

Paliotto dell’altare del SS. Crocifisso raffigurante lo Spirito Santo
Affresco con resti d’immagine di un santo (S. Domenico?)

Gli angeli raffigurati sulla grande parete dell’altare maggiore si ipotizza siano stati dipinti da Salvatore Murra, affiancato durante la pitturazione dal figlio Raffaele, opera molto  simile per diversi particolari a quella dello stesso Murra che si ammira sull’altare principale dlla chiesa del SS. Sacramento in Latiano.

Altare maggiore dipinto da Salvatore Murra e il figlio Raffaele

Acquasantiera pensile
Acquasantiera pensile (part.)
Acquasantiera pensile
Immacolata
Madonna del Carmelo e anime purganti
Sacra Famiglia
Divina Pastora

Bibliografia:
http://sps.br.it/documenti/allegati/dich.-ambientale—rev.2.pdf
http://www.provincia.brindisi.it/index.php/61-cultura/storia-e-tradizioni/163-san-pancrazio-salentino
Pancrazio Stridi, La Chiesa Madre nella storia e nella cultura di San Pancrazio Sal. Grafiche Panico – Galatina (Le), febbraio 2004
Antonio Nitti, Statuaria in cartapesta nelle chiese di S. Pancrazio Sal. Tiemme Manduria – Aprile 1998
La Parrocchia e l’Arcipretura – Materiale di approfondimento religioso

Ringraziamenti:

  • a Mario Carlucci che ha collaborato nelle riprese fotografiche;
  • al sig. Orsini Pancrazio, custode della chiesa di S. Antonio da Padova, che ce ne ha concesso la visita. Si informa che non sempre la chiesa è aperta, ma se si telefona al sig. Orsini egli sarà felice di farvela conoscere (cell. 340 – 2762761)

 

 

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