A pochi Km a sud di Brindisi, lungo il litorale adriatico, la zona umida di Punta della Contessa, con i suoi stagni e le saline habitat naturale di uccelli migratori e piante rare, è parco naturale regionale dal 2002 (qui la legge di istituzione del Parco). La natura è magnifica, ma schiacciata tra le massicce concentrazioni industriali del polo petrolchimico da una parte e la centrale elettrica a carbone di Cerano dall’altra.
In passato le Saline sono state ampiamente utilizzate per la produzione del sale, ma già dal XVIII secolo questa attività è stata abbandonata e le acque – non più irregimentate – hanno formato nel tempo una zona umida di elevato valore naturalistico, soprattutto per la presenza di un diversificato e alto numero di uccelli. Quest’area, infatti, si trova lungo le principali rotte dei voli migratori degli uccelli che si spostano dall’Europa all’Africa e viceversa, e di conseguenza rappresenta oggi un’importante area di sosta, svernamento e di nidificazione per molte specie, tra cui alcune rare.
L’area comprende quindi un insieme di bacini costieri, alimentati da canali e da sorgenti di acqua dolce provenienti dall’entroterra, che risentono notevolmente della vicinanza al mare, dal quale sono separati da un’esile cordone di dune che nella zona sud del sito diventano più alte e ospitano specie di grande interesse. La spiaggia sabbiosa si estende anche per una larghezza di 15 metri.
Il parco ha un’estensione complessiva di circa 1.600 ettari, di cui poco più di 200 sono rappresentati dall’area SIC (Sito di interesse comunitario), l’area cioè ad elevato valore naturalistico e paesaggistico, mentre la restante parte è occupata da terreni agricoli, principalmente seminativi e carciofeti, mentre gli oliveti sono poco diffusi.
In quanto confinante a nord con il polo chimico di Brindisi e a sud con la centrale ENEL di Brindisi Sud, l’area è inserita tra quelle “a rischio ambientale”.
La vera risorsa naturale del parco è l’avifauna. Sono presenti, in differenti periodi dell’anno, ma prevalentemente durante i periodi del passo e di svernamento, anatre, trampolieri, come gli aironi bianchi, cenerini, garzette, uccelli marini (beccacce di mare, fratini, piovanelli, gabbiani reali, comuni e corallini, cormorani) e, nelle zone più interne, fagiani, rapaci e numerosi passeriformi.
Non meno preziosa è la vegetazione del parco, senza la quale non sarebbe pensabile la presenza di qualsivoglia specie di animale, in stretto legame quasi simbiotico con il contesto che la ospita. Fra lagune costiere e stagni temporanei mediterranei, non poteva mancare, oltre agli abbondantissimi salicornieti e alle steppe salate, la presenza di una rigogliosa vegetazione sommersa, accanto a quella costituita dalle piante psammofile che proliferano lungo la stretta striscia dunale, alle macchie di cannuccia di palude che circondano ampiamente i bacini e a diverse altre specie tipiche degli ambienti umidi.
Il Comune di Brindisi, ente gestore dell’area, ha negli anni scorsi allestito dei percorsi e dei capanni di osservazione con l’ausilio di alcuni finanziamenti europei.
Le Saline di Punta della Contessa
Le Saline di Punta della Contessa, un tempo conosciute come Saline Regie, costituite dai bacini più a nord rispetto gli stagni, ebbero intenso sfruttamento commerciale tra il XIII e il XVIII secolo, con un tentativo di riuso nel XIX secolo. Da qui proveniva il sale che veniva donato ai cittadini locali su disposizioni di re Ferdinando I d’Aragona (1465-66), al fine di favorire il ripopolamento della città dopo il terremoto e la peste. Il sale a quei tempi infatti rappresentava un bene importantissimo, sia per l’uso alimentare (oltre ad insaporire i cibi serviva anche per la conservazione della carne), sia per il suo grande valore commerciale.
Nel 1734 una nave, sbarcata alle 2,00 di notte, portò gli invasori ad impadronirsi della torre del sale di cui oggi si possono ancora intravedere le rovine erose dal tempo.
Con l’abbandono dell’attività di estrazione del sale l’area divenne una estensione paludosa asciutta d’estate.
Masseria “Villanova”
Al centro di questo territorio si può osservare l’antica torre della Masseria Villanova.
“È al centro del comprensorio delle Saline […]. I fabbricati della masseria hanno il loro fulcro in una torre, munita di caditoie, parapetti e postazioni che consentivano l’uso anche di artiglieria. […] la torre, nel complesso, fatte salve ovviamente le modifiche novecentesche, potrebbe intendersi quale relitto della medievale abbazia di Santa Maria de Ferulellis che possiamo, con certezza, qui ubicare. Intorno alla torre si dispongono moderni fabbricati e, dal lato opposto alla strada, le corti per il bestiame. La ricerca archeologica ha reso memoria, per il periodo romano, di una necropoli, con il rinvenimento di non poche epigrafi.”
(Angelo De Castro, Giacomo Carito, “Le Masserie dell’agro di Brindisi dal latifondo alla riforma”, Edizione Amici della “A. De Leo”, Brindisi, 1999, pp. 1015-1016).
Questa la Masseria Villanova come appariva nel 2013 il giorno dell’esproprio e dello sgombero da parte del Comune nelle foto di quotidiani online del periodo:
Qui come appariva dopo un primo restauro effettuato con fondi pubblici e sulla cui modalità di attuazione diversi esperti hanno sollevato forti dubbi e perplessità.
Il colore arancione è stato poi sostituito dall’attuale giallino e anche gli infissi sono stati ulteriormente cambiati. Il cancello principale e quello secondario sono stati divelti e rubati, così come i termosifoni, materiale elettrico ed altro all’interno. La supposta funzione di Centro Direzionale del Parco non è stata a tutt’oggi attivata e la struttura è preda di atti di vandalismo, degrado, incuria ed abbandono.