Mosaici al MAPRI – Brindisi

A cavallo tra il XIX e XX sec., in conseguenza di un forte incremento della popolazione di Brindisi, dovuto a concomitanti fattori quali il risanamento delle aree paludose che circondavano la città, il rifiorire dell’attività portuale e agricola nonchè industriale per la trasformazione dei prodotti della terra, fu iniziata in città una considerevole attività edilizia con la costruzione di case, scuole, ospedali e infrastrutture urbane.

In tale contesto di ripresa edilizia urbana furono  ritrovati mosaici di ambienti pubblici e di ricche abitazioni private (domus) andati purtroppo perlopiù distrutti. Solo alcuni di epoca romana sono rimasti e si possono ammirare in esposizione presso il Museo Archeologico Provinciale Ribezzo (MAPRI) di Brindisi.

“Negli anni ’60 e ’70 furono messi in luce pavimenti in cocciopesto e tessellato (a piccole tessere quadrangolari ndr) nel Rione di San Pietro degli Schiavoni, in via Pacuvio e in via Casimiro, privi, tuttavia, di dati di contesto.

S. Pietro degli Schiavoni
S. Giovanni al Sepolcro
Via Casimiro

La produzione musiva brindisina è caratterizzata dal gusto spiccato per la bicromia e l’elegante contrasto tra bianco e nero, per gli ornati semplici ed eleganti, per i motivi geometrici. La policromia si riscontra solo nelle scene figurate dei piccoli pannelli centrali (emblemata) di alcuni pavimenti oltre che nei rari disegni a motivi geometrici, come nel caso del tappeto a rete di esagoni formanti il motivo ‘a nido d’ape’ (mosaico n. 4).

Tappeto a rete di esagoni

Di tradizione ellenistica greca è il più antico mosaico brindisino, l’unico a ciottoli (n. 5), purtroppo senza dati di rinvenimento. La stesura bianca è marginata da un elegante motivo ad onda corrente bianco e nero.

Tappeto a ciottoli bianchi e cornice a onda nera. Età ellenistica.

Uno dei mosaici qui esposti corrisponde quasi per intero al rivestimento pavimentale di un vano, forse di rappresentanza di una domus. Scoperto in via Carmine nel giugno del 1884, esso rappresenta un labirinto a tessere nere su fondo bianco.

Il mosaico esibiva un emblema policromo il cui originale è andato perduto, con la scena di Teseo che abbatte il Minotauro. Esso comprendeva inoltre due fasce ad ‘arabeschi’ relative a soglie.

Pavimento a mosaico da via Carmine. Labirinto con mura merlate; al centro pannello con Teseo che abbatte il minotauro, II sec. d.C.
Part.
Part.
Part.
Part.

La datazione si pone nel II sec.d.C., tra l’età adrianea e quella antonina, così come quella del mosaico con decorazione vegetale proveniente da Piazza Santa Teresa (1876 ?), riferibile ad una soglia.

Pavimento a mosaico da piazza S. Teresa. Soglia a motivi floreali, II sec. d.C.

Nel 1961, in via Marco Pacuvio, fu rinvenuto un mosaico con elegante decorazione geometrica, databile nel I sec. a.C. Esso mostra un tappeto con cerchi allacciati – formanti ‘fiori’ quadripetali bianchi e quadrati neri con una rosetta al centro – e una fascia decorata a meandri alternati a quadrati. La frammentarietà del pavimento rende difficile l’identificazione del vano di pertinenza. La fascia a meandri potrebbe essere la cornice del pavimento musivo di un grande vano, oppure una soglia o ancora uno ‘scendiletto’, rinviando quindi al pavimento di una camera da letto (cubiculum).” (1)

Pavimento a mosaico da via Marco Pacuvio. Tappeto a cerchi allacciati formanti fiori quadripetali, fascia a meandri e quadrati, I sec. a.C.

A proposito del pavimento a mosaico ritrovato in via Carmine è interessante notare quanto  viene detto in questo dattiloscritto in Biblioteca “A. De Leo” – Brindisi, pp. 9-22 di G. GUARINO, Papa Pascalinu:

“…Rimpetto alla casa del Canonico Pasquale Camassa, un breve vicoletto dava adito in un larghetto attorniato da case popolari, a destra del quale un vetusto tempio, … denominato: ‘San Giovanni al Sepolcro’, veniva adibito come Museo, ma abbandonato e trascurato da tutti, usato più quale deposito di pezzi antichi, rinvenuti dagli scavi nell’ambito brindisino. A dire il vero, eccettuati: qualche tronco di statua, capitelli smussati, poche basi, e alcuni vasi e frammenti epigrafici, non v’era altro che interessasse l’archeologia. I migliori cimeli che si trovavano dal sottosuolo, venivano trafugati dagli sciacalli che avevano commercio clandestino con i vampiri d’oltr’Alpi; varie cose importanti erano spedite al Museo Nazionale di Napoli o a quello di Taranto; poche cose si raccolsero nella biblioteca arcivescovile e nelle case di privati signori brindisini. Papa Pasqualino che, tra l’altre sue virtù, nutriva la passione per le cose e notizie antiche, ottenne dalle autorità competenti la concessione di aggiustare la tettoia e rimediare a tutto, — ma con poche spese, — e a suo piacimento. Infatti si diede subito a dare un certo aspetto alla disposizione degli avanzi d’anticaglia esistenti, e provvide il luogo di tavolo grande, di pochi scaffali, d’una scrivania, d’alcune sedie e di libri. Conosceva alquanto la lingua greca, a perfezione la la­tina, conversava bene in francese e si arrangiava nell’inglese. Migliore luogo e più atta persona non v’erano per la conversazione, e per illustrare il patrimonio artistico e culturale; per cui, con decreto, fu costituito Direttore, tutelare delle memorie civiche. Fu per merito suo che il Museo acquistò in seguito il credito di essere menzionato e visitato anche da studiosi stranieri, da turisti, e frequen­tato da curiosi e amatori di storia ed arte”. “Il ritrovamento di un intero pavi­mento in mosaico, raffigurante il labirinto di Creta col famoso Minotauro af­frontato da Teseo — fu pubblicizzato al massimo; — lo fece disporre nel mezzo della sala e lo ritrasse in fotografia. Molte copie le inviò a stranieri e nazionali ispettori di monumenti e scavi, ai direttori di musei e ne ricevette approvazioni ed incoraggiamenti. Questo prezioso cimelio, che riusciva a confermare e a dare la precisa conformazione del mitologico labirinto, fu il principio della sua corri­spondenza ed amicizia con tanti studiosi d’antichità, e di avvalorare e sviluppa­re con lui la conoscenza necessaria della storia dell’arte e della scienza archeolo­gica…”  (2)

 

(1) Materiale informativo del Museo Arch. Provinciale Ribezzo (MAPRI) di Brindisi

(2) G. Teodoro Andriani, Pasquale Camassa e la “brigata” pdf. http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Brundisii%20Res/1980/Articoli/Pasquale%20Camassa%20e%20la%20Brigata.pdf

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