Recentemente si è fatto un gran parlare circa le attività commerciali aperte anche la domenica e feste comandate (come venivano chiamate una volta) che in pratica costringono i propri dipendenti al lavoro festivo sebbene (in alcuni casi) retribuito maggiormente.
La risposta della Chiesa è oggi orientata a non avversare il lavoro domenicale, richiamando però i credenti alla necessità di santificare la festa partecipando magari alle sante messe vespertine del sabato e della domenica.
La celebrazione eucaristica vespertina del sabato sera – comunemente chiamata «pre-festiva», anche se è a tutti gli effetti la Messa festiva della domenica – venne istituita ancor prima del Concilio Vaticano II da papa Pio XII con la costituzione apostolica «Christus Dominus» del 1953 (ulteriori disposizioni furono indicate nel motu proprio «Sacram Communionem» del 1957). Questa nuova possibilità fu un’attenzione di natura pastorale: il papa volle venire incontro a coloro che per ragioni determinanti non potevano partecipare alla celebrazione domenicale del mattino.
“Riprendendo l’uso giudaico di iniziare il giorno dal tramonto della sera precedente – si ricordi Genesi 1,5: «…e fu sera e fu mattina, primo giorno» – la comunità cristiana dei primi secoli ha celebrato i giorni delle solennità e delle domeniche a partire dalla sera precedente, con i «Primi vespri», ossia la preghiera liturgica collegata al tramonto del giorno prima (per esempio: il giorno liturgico della domenica inizia con i primi vespri che vengono celebrati il sabato sera).
Dal 1953, dopo l’istituzione di papa Pio XII, nel pomeriggio del sabato è stato possibile celebrare oltre ai primi vespri, anche la liturgia eucaristica domenicale dando così maggiore disponibilità di tempo per adempiere al precetto festivo e poter celebrare il giorno del Signore.” (don Roberto Gulino, docente di Liturgia su Toscana oggi)
La cosa però ha suscitato forti critiche della parte più ortodossa della comunità religiosa che ha visto nell’abuso di questa possibilità la perdita progressiva del senso della domenica come festa comunitaria che per il cristiano ha al centro la celebrazione dell’Eucarestia; mentre spesso la Messa domenicale viene percepita come un gravoso dovere da assolvere in fretta e preferibilmente il sabato pomeriggio per dedicare poi la domenica al tempo libero individuale o al più familiare.
Guardando un po’ alla storia, vediamo che il problema non è nuovo. “La cronaca dei Sindaci” di Brindisi di Rosario Jurlaro (p. 62 ) racconta:
“1796-1797. Carlo Montenegro sindaco.
Il 21 febbraio 1796 in Napoli si stabilì l’applicazione dell’editto reale, rinnovato il 6 febbraio e pubblicato il 10 dello stesso mese, riguardante la santificazione delle feste con l’astensione dal lavoro. Un esemplare a stampa del documento, con il quale si stabili l’applicazione di detto decreto sta nelle carte del fondo curia dell’Archivio storico diocesano di Brindisi a prova che le stesse norme furono applicate anche nei paesi della diocesi di Brindisi oltre che nella città. In esso si legge: «Ne’ giorni festivi si facciano tener chiuse tutte le botteghe, a riserba di quelle, che o sono destinate a vendere commestibili ed altro per lo sostentamento e comodo della vita, oppure hanno bisogno di esser tenute aperte per ricevere l’ingrediente lume». Si tollerava che potessero restare «mezze chiuse» le «botteghe de’ zagarellari», dei barbieri, dei parrucchieri e «de’ tabaccali». Le taverne e le cantine dovevano restare sorvegliate perché «non si facessero giochi di carte di nessuna sorta; né giuochi d’invito, chiamati volgarmente di padrone e sotto; né conversazioni con femmine». Si imponeva che fanciulle e fanciulli andassero in chiesa alla «dottrina cristiana»” (ACuB, cart. 235, opuscolo a stampa di p. 6 – non rinvenuto).
Ma ancor prima si trattava l’argomento nel 1749 quando viene pubblicato l’Editto per l’osservanza delle Feste, che vedete in foto, diffuso dal Vescovo Antonino Sersale, conservato presso la Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi, di cui riportiamo la nostra personale trascrizione di alcuni stralci:
“Noi D. Antonino Sersale patrizio napoletano e sorrentino per grazia di Dio e della S. Sede Arcivescovo di Brindisi della S. Maestà delle due Sicilie consigliere a latere e Signore di S. Donaci e S. Pancrazio.
Nel compiegare a Lor Signori l’ingiunto Editto sono nell’obbligo di seriamente incaricare alla di loro vigilanza ed attenzione, acciò ne’ giorni festivi, ne’ quali può accudirsi all’opere servili, la messa dell’Aurora si dica veramente nell’Aurora secondo la tabella oraria prescritta nell’ordinario, acciò la povera gente non resti defraudata della Santificia e Real clemenza per la tardità de sacerdoti che porteranno il rispettivo peso della celebrazione di detta messa dell’Aurora; e li signori arcipreti restino nell’intelligenza che in detti giorni così come nelle altre tutte festività sono obbligati a celebrare pro populo, come per lo passato.
… Non abbiam termini sufficienti per esprimere il dolore sofferto dal vedere in queste parti più che altrove, affatto obliato il divino precetto della Santificazione delle Feste che si prostituiscono da sfaccendati con mille sorte di laidezze; ciocchè ci ha più volte obbligato a molti rimedi fino a riserbare a noi solamente l’assoluzione di questo reato per alcuni luoghi della mia diocesi; ma tutto invano, sicchè di buonavoglia ci siamo indotti coll’esempio di più Pii Prelati supplicare il Sommo nostro Pontefice acciò, inerendo all’istanze del pietosissimo monarca ch’è egualmente intento al Bene spirituale e temporale de’ suoi popoli, ci concedesse la modificazione delle feste come già è avvenuto nel modo che segue.
Restan salvi come sono stati finora li seguenti giorni festivi coll’obbligo di soddisfarli interamente e di astenersi da ogni opera servile cioè li giorni tutti delle Domeniche dell’Anno, di Pasqua di Resurrezione e di Pentecoste, della Circoncisione, dell’Epifania, dell’Assunzione, del Corpo di Cristo e della Natività del Signore, li giorni della Purificazione, Annunciazione, Assunzione, Nascita e Concezione della S.ma Vergine Immacolata, il dì dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, quello di tutti li Santi, e quello del Santo Patrono della città e di ciaschedun luogo della diocesi, con espressa dichiarazione che il dì festivo del Santo Protettore di Brindisi non obblighi quello di Mesagne, nè quello di Mesagne quello di Leverano, e così degl’altri, ma queste saranno festività particolari di Paese, che solo i paesani son tenuti a santificare, come tutte le altre di sopra espresse.
Due sono stati li motivi principali che han prodotto questo siffatto nuovo stabilimento anche riguardo all’utile temporale della povera gente per facilitarle il lucro e il modo di vivere colla sua fatica manuale, che ora ha più di prima maggior estensione; e questo siccome s’induce a vantaggio de’ poveri giornalieri, così e molto più sarà una ragion palmare (evidente ndr) da rendere inescusabile avanti Dio ed agli uomini que’ commodi, o per meglio dire sordidi, anzi scandalosi Padri di famiglia che da ora in avanti non cureranno di santificare a dovere le feste, non solo per se stessi, ma molto più per quelli che alla loro casa e governo si appartengono e per questi sian Padri, sian Servi confermiamo la riserva fatta di non potere essere da qualunque confessore assolti senza mia speciale autorità e delegazione; qual riserva intendiamo dilatarla in tutta e per tutta l’estensione della mia città e diocesi riservandoci le pene temporali contro a trasgressori anche coll’implorazione del Braccio Secolare.
L’altro motivo riguarda l’utile spirituale di tutti indifferentemente poiché essendosi ristretto il numero delle Feste per lo solo effetto dell’opere servili, ciascuno di qualunque condizione dovrà santificare a dovere quelle che ora gli restano, non solo coll’astenersi dall’opere servili, vale a dire di un peccato mortale ma con assistere seriamente ai Divini Offici, alle pratiche, all’orazione ed alla frequenza de’ santi sacramenti, i quali solamente possono accertarci la salute eterna per la quale ed alla quale dobbiamo noi indirizzar ogni passo. O si ricreda pur alla fine ognuno, che le feste sono state da Dio istituite unicamente per esser Egli glorificato, lodato e ringraziato, non già come s’intende o si pratica comunemente dalla gente per menar fra bagordi in ozi, lascivia ed in tutto ciò che può di male produrre la crapula e il vino.
Ad eccezione dei predetti giorni, cioè di tutte le domeniche di Pasqua di Resurrezione e di Pentecoste, della Circoncisione, dell’Epifania, dell’Ascensione, del corpo di Cristo, della Natività del Signore, della Purificazione della Santissima Vergine Annunciazione, Assunzione, Natività e Concezione, del giorno dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, di quello di tutti i Santi e di quello del Protettore di qualunque luogo e città della Diocesi, qualunque altro dì festivo resta tale soltanto per l’obbligo di sentire la messa, della quale niuno vien dispensato a pena di peccato mortale, com’era prima ed è stato finora, ma per quanto importa qualunque lavoro manuale o sia opera servile, possa da ora in avanti senza verun ombra di scrupolo farsi, dopo detta devotamente la messa: come si farebbe e si fa in qualunque altro giorno feriale.
Perchè la Santa idea del Sommo Pontefice e del nostro pietoso monarca resti in ciò pienamente eseguita intendiamo proibire con divieto e arresto ogni sorta di quelle funzioni che qui chiamansi nostre compagnie o altrettante dimostrazioni per le quali ognun fa quali sconcerti e sozzure si producono in scena pubblica grazie al qual …le feste non paiono feste, ciocchè spesso ci ha dato motivi purtroppo rilevanti da piangere il trionfo e la strage, che il comun nemico dà delle anime redente col prezioso sangue di Gesù Cristo nei più sagrati e venerandi giorni dell’anno. A qual effetto siccome contro ai trasgressori laici non lasceremo d’implorar il Braccio Secolare e di parteciparne ancora per li debiti espedienti il pietoso nostro monarca così intendiamo proibire, sotto pena di sospensione a divinis agli ecclesiastici che celebrassero nelle chiese o che andassero in processione, dove convengono siffatte compagnie e che posson dirsi piuttosto vere schiere di demoni. E perciò, secondo la chiesa: “qui jocarit voluerit cum diabolo, non potest gaudere cum Christo”.
Sia pertanto cura dei parroci tutti della Città e Diocesi nonchè de’ Superiori Regolari, il cui noto zelo in questo incontro vivissimamente imploriamo di spiegare nelle rispettive loro chiese in termini chiari al popolo gli effetti di questa nuova modificazione specialmente facendo capire alla gente che tutte le feste restano tali e quali sono state finora e che a rigore di quelle di sopra due volte espresse, …senza scrupolo veruno fatigare dopo udita la messa epperciò dal dì della notificazione del presente editto debbano i parroci in ogni domenica avvisare il popolo delle feste che occorrono nella settimana, le quali portino seco intiero l’obbligo di santificarle ovvero di impiegarsi all’opere servili dopo soddisfatto il precetto, che riman sempre salvo, di ascoltar la messa, come giusto avverrà addì 24 del prossimo Febbraio , dedicato al Glorioso S. Matteo Apostolo in cui però, quando il popolo avrà adempiuto il suddetto precetto potrà francamente darsi all’opere manuali e servili.
Sarà altresì cura dei Vicari foranei ogni dì festivo eccettuato uscire co’ loro rispettivi attuari uscire per le vicine campagne, quando abbian sospetto, per vigilare a siffatta osservanza, anche colla precedente implorazione del Braccio Secolare per castigare con piccoli pegni li trasgressori che si venderanno per impegarne il prezzo ad usi pii, a qual effetto con questo intendiamo implorar il zelo e il braccio delle rispettive corti secolari di questa città e Diocesi per potersi convintamente assicurare questo ch’è il più rilevante servizio di Dio e de’ nostri zelantissimi Sovrani.