Lavori nei campi in Puglia – di Woldemar Kaden

(…) E’ inoltre interessante conoscere la vita dei lavoratori nei campi, primieramente in Puglia, quella ricca provincia agricola. Qui si differenziano nettamente, come solo nelle caste in India, quattro classi dei latifondisti, dei piccoli proprietari, dei fittavoli e dei lavoratori. Però prevalgono i primi.

..in mezzo ai campi si rivengono edifici per deposito di grano e paglia. Nelle vicinanze le abitazioni del padrone, dei lavoratori e gli alloggi per il bestiame. Il padrone viene raramente qui, quasi sempre però quando c’è la semina e la vendemmia, per paura della malaria e della solitudine impietosa, che così cerca di evitare.


Dove manca la presenza del padrone, ogni comodità è assente, senza dire poi di un conforto qualsiasi. Dove poi non si fa vedere mai, nelle Murge e nel Tavoliere, gli edifici appaiono vecchi, cadono in rovina, sono quasi inutilizzabili, come case o abitazioni per gli uomini e mancano le stalle efficienti.

..ogni lavoro è determinato e definito esattamente e così si evita ogni confusione.

Ogni anno, all’8 di settembre, il lavoratore viene caparrato, cioè stabilito con una somma passata a mano e questo accordo dura fino al 7 settembre dell’anno successivo. Oltre a queste persone che sono impegnate con salario annuale, vi sono anche dei giornalieri: zappatori e zappellari che, nella Puglia, formano la categoria dei cosidetti cafoni (denominazione divenuta dispregiativa) e i mietitori, ancora al disotto degli zappatori. Inoltre è da osservare che questa gente, dal Curatolo al mietitore, non deve essere imparentata, ad evitare rapporti che risultino a danno del padrone.

..quale vita si possa condurre con una lira al giorno, si capisce facilmente. Spesso deve mantenere moglie e figli, che abitano in città e non possono guadagnare niente. Non può dunque andare a casa e nella Masseria la sua abitazione consiste in un buco affumicato e nero, senza sedie, con un fornello, dove viene accesa in genere paglia. Quivi regna una puzza, di cui uno si spaventa, se gli è rimasto ancora un po’ di olfatto. Questi lavoratori non sentono più niente, e quivi mangiano il loro pane con cipolle. I figli di questi poveretti non imparano niente, diventano poveri gualani e buttari, senza speranza di arrivare a un gradino più alto.
Il capobuttaro che distribuisce pane, olio e sale non inganna il padrone, ma quelli che sono più miseri di lui. Il salario dei lavoratori giornalieri muta secondo la necessità, l’offerta, le condizioni atmosferiche, la stagione e anche secondo i prezzi di mercato. Però, anche se questo è basso, lavoratori se ne trovano sempre: 8/10 della popolazione lavorativa pugliese è costituita da contadini.

..anche il bambino di campagna, già nella primissima gioventù reca al pascolo un paio di animali, maiali o vitelli, e deve trasportare una fascina di sterpi o un carico di sterco di vacche atto ad alimentare il fuoco. Quando è sui dieci anni, quest’ultimo è in grado di portare a casa 30 centesimi, lavorando da mattina a sera. La fretta di approfittare delle forze giovani nel momento che si sviluppano è una delle ragioni della debolezza della razza, della grande mortalità dei ragazzi e di breve durata della vita.
Questi ragazzi pugliesi, sui quindici anni, vanno dietro l’aratro, e guadagnano soltanto da 40 a 50 centesimi al giorno. L’adulto poi, che zappa ed è addetto all’aratro, riceve, oltre al pane, da 0,85 a 1,25 lire, secondo il periodo di semina o di raccolto. In alcuni paesi si dà, nel periodo del raccolto, anche una zuppa di verdura. Ragazze che si utilizzano per rompere le zolle di terra guadagnano del pane e da 40 a 60 centesimi.
Il lavoro inizia presto: alle nove si fa una breve pausa, per mangiare un pezzo di pane, il cosidetto panozzo; alle 12, la stessa cosa. Al tramonto, lasciano il lavoro e ritornano in gruppo alla masseria. Quivi depositano gli attrezzi, spezzano i resti del panozzo in una scodella, panozzo che per ogni giorno dovrebbe essere di un Kg e un quarto. Poi si recano verso un grande recipiente di acqua calda, da cui un uomo o una donna versano un po’ d’acqua e del sale nella scodella. Poi vanno dal Buttaro che a sua volta versa sopra la cosidetta croce di olio, della peggiore qualità. Questa zuppa d’acqua, chiamata acqua-sale, mangia il cafone pugliese ogni sera, trovandola gustosa, nonostante che il buttaro rubi sale e olio, e distribuisca il pane peggiore. Lui è soddisfatto. Per ogni sessanta persone il Capobuttaro riceve ogni giorno una caraffa (5/6 di litro) di olio e 5/6 di chilo di sale. Poi tutti vanno a dormire.

Un sacco di paglia posto in un angolo della Cafoneria è il letto. Per coprirsi ci si serve del cappotto, spesso più vecchio dei noti trent’anni. All’età di quarantanni sono già uomini vecchi, mostrando un viso giallo e pieno di rughe, in cui sta scritto tutta la miseria del loro destino. Al disotto dei cani, molto al disotto di qualsiasi uomo, sono considerati i mietitori.

Però da alcuni anni questi sono stati scossi dall’Internazionale, ribellandosi contro i salari ed effettuano, in gran parte, il lavoro a cottimo.
Questo in Puglia.

Abstract dell’articolo di Woldemar Kaden: LAVORI NEI CAMPI IN PUGLIA pubblicato su “Viaggiatori in Puglia dalle origini alla fine dell’Ottocento” di M.L. Herrmann – Angelo e Raffaele Semeraro. Schena Editore.

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