Nicola Vacca nel suo libro “Brindisi ignorata” (1954) scrive :
“Tracce sicure di sacre rappresentazioni in Brindisi, nel ‘500, raccolse Eduardo Pedio in una dotta e garbata nota nella quale illustrò il Martirio di S. Teodoro del dottor fisico Antonio Monetta brindisino (per approfondire vedi QUI).
Ma gli storici locali trascurano di ricordare che la nostra città ebbe un teatro stabile prima dell’attuale teatro «Verdi». Il vecchio piccolo teatro brindisino, coperto da tettoia, sorgeva addossato al palazzo Palma, accanto alla farmacia Ceglie e Benigno, ora Perrino, in via Ferrante Fornari che nel 1869 era chiamata via del Teatro, continuazione, oltre la Piazza dei Nobili, della Rua maestra.
Prima del 1843, ma certamente dopo il 1818, in Brindisi si davano spettacoli teatrali in un locale a fianco alla casa Palma ceduto da Giovanni Sala a Raffaele Monticelli-Cuggiò. Il locale, già adibito dal Sala a cantina, fu adattato ad uso di teatro, con palchetti e palcoscenico, ma era angusto e poco confortevole.
(“Non era comunque niente di particolare. Ricoperto da una tettoia per quasi tutta la sua grandezza, aveva dei palchi intorno abbelliti da carta di Francia, i sedili in legno, un palcoscenico con scenario fisso ed un cielo appeso decorato.” descrizione di Nadia Cavalera – I palazzi di Brindisi).
Palazzo Palma già Palazzo Fornari – foto (2)
Interno – Palazzo Palma già Palazzo Fornari – foto (2)
Nel 1843 su proposta del barone Francesco Monticelli e di don Raffaele Monticelli-Cuggiò si ebbe l’iniziativa di costruire un teatro stabile e si chiese l’autorizzazione al re. L’impresa fu finanziata mediante l’emissione di azioni parte delle quali rimasero di proprietà del Comune e parte furono acquistate da vari cittadini privati. Non saprei dire quali spettacoli si siano succeduti, ma il teatro doveva esser chiuso da tempo se un giornale leccese del 1861 ascrisse al sindaco Balsamo, di parte liberale, la benemerenza di averlo riaperto al pubblico e di averlo intitolato a uno « splendido nome » che da altra fonte sappiamo essere Marco Pacuvio.
Il sindaco Balsamo il 1° maggio 1862 con una circolare pregò i privati azionisti di cedere al Comune i loro diritti allo scopo di rendere possibile la rifazione del teatro ch’era scomodo ed in stato di abbandono. Con lodevole sensibilità civica i cittadini cedettero le loro azioni al Comune. Al patriottico invito del sindaco non aderì Francesco Consolo, proprietario dello stabile. Fu necessario, perciò, procedere all’espropriazione con decreto reale del 26 giugno 1864 e all’acquisto di una zona adiacente. Sorse così il primo vero stabile teatro comunale. “ (1)
In realtà, secondo la ricostruzione della Cavalera, fatta con i verbali delle deliberazioni del Consiglio Comunale, “nel dicembre del 1862 risultava già rilevato dal Comune, tranne la parte che era di Francesco Cosolo, per averla acquistata dalla Romito. E il Cosolo, solo dopo essere stato più volte contattato dai consiglieri Teodoro Titi, Tommaso Passante e Giambattista Mancarella, si decise a vendere. Il Consiglio Comunale in tornata ordinaria l’11 novembre 1864 ne deliberò l’acquisto per L. 4.590, con spese a suo carico.
Ma la sua storia non dovette essere felice se i verbali successivi a questa data sono spesso puntellati di lamentele e richieste di sussidi e finanziamenti da parte dei privati che lo tenevano in gestione. Nel 18 ottobre 1868 il signor Brucioni chiedeva che gli fosse rimesso l’affitto «per scarso abbonamento» e gravi spese sostenute per la compagnia.Cosi il 10 maggio 1870 il signor Almirante chiedeva la riduzione del fitto per «poco abbonamento e gli affari limitati della compagnia comica» (e dalle iniziali 120 lire gli fu in seguito ridotto a 40 lire con l’impegno di realizzare 40 recite). Inoltre il 18 ottobre 1870 si chiedeva un sussidio di L. 120 per poter mettere in scena 40 recite. Ancora il 5 maggio 1871 l’impresario teatrale Nicolò Martini sempre « per meschino abbonamento » richiedeva un sussidio, pena il rilascio dell’affitto, convenuto per 60 recite.
Dopo il 1871 il teatro viene menzionato nei verbali solo perché richiesto durante i veglioni di carnevale.
E dovette cadere del tutto in disgrazia se il 19 ottobre 1874 Raffaele Rubini, tra le proposte di costruzioni di opere pubbliche, inserì anche quella di un teatro. Subito però la proposta venne bocciata perché ritenuta «di lusso». Non tutti comunque in quella circostanza furono d’accordo. Infatti il consigliere Calabrese ribattè che non poteva considerarsi di lusso proprio il teatro «che è la scuola pubblica di morale, ove il popolo trova di che educarsi a forti e sani principi ».” (2)
“Ma la popolazione cresceva ed i tempi si facevano più esigenti. Nel 1891 il Consiglio Comunale sentì la necessità di dotare Brindisi, che contava ormai 20 mila abitanti, di un teatro decoroso adatto agli spettacoli lirici. Sindaco E. Dionisi, la prima pietra di fondazione del nuovo teatro, che sorse al corso Umberto I, fu posta il 28 marzo 1892.” (1)
Ovviamente si sta parlando del Teatro Verdi, ma questa è tutta un’altra storia.
(1) N. Vacca, Brindisi ignorata. Ristampa anastatica
(2) N. Cavalera, I palazzi di Brindisi. Schena Ed. Fasano