Il tumultuoso progresso tecnologico degli ultimi anni ha il suo epigono attualmente nel moderno smartphone, che si inserisce senza dubbio nel solco tracciato nel XX secolo da quei mezzi di comunicazione cosiddetti istantanei come la radio e la televisione, che hanno contribuito alla diffusione dell’informazione a livello di massa, in tempo quasi reale.
Vogliamo presentare alcuni esempi che consentono di seguire quel che è stata l’evoluzione dei mezzi di comunicazione in poco più dello spazio di un secolo: “Erano esattamente le ore 19 e ventisei minuti del giorno 23 Novembre 1980 quando un sisma di inaudita potenza e durata (solo a Napoli fu calcolato del sesto grado della scala Mercalli per la lunghezza di un minuto e quaranta secondi) sconvolse buona parte delle regioni Campania e Basilicata. I danni furono enormi, le vittime umane accertate superarono le cinquemila persone” (M. Migliorini, 1987, p.16). Dopo appena pochi minuti, radio e televisione trasmisero le prime notizie con le relative immagini del disastro.
Questo episodio può essere confrontato con un’analoga vicenda che avvenne il lunedì 28 dicembre 1908 (appena settantadue anni prima), quando un sisma spaventoso e un maremoto terrificante sconvolsero lo stretto di Messina. “Due città, la stessa Messina e Reggio Calabria, furono completamente rase al suolo. Le vittime accertate si calcolarono in più di settantamila”. Ma le prime notizie del disastro apparvero, in maniera ancora assai vaga e approssimativa, soltanto sulle edizioni del mattino dei giornali del successivo giorno 29 dicembre… Si dovette attendere il 10 gennaio 1909 per avere le prime fotografie, pubblicate in una edizione speciale di 32 pagine dalla “Illustrazione Italiana” il settimanale illustrato che allora era all’avanguardia nella informazione commentata e documentata, soprattutto, da fotografie o disegni” (id. p. 17-19).
Ancora, nel recente terremoto nel Centro-Italia, la cui prima scossa si è verificata il 24 agosto 2016 e purtroppo non ancora definitivamente concluso, abbiamo avuto la possibilità di vedere tremare la terra in diretta durante il collegamento televisivo e addirittura nella Rete e in tv abbiamo visto le immagini riprese durante il sisma, da comuni cittadini attraverso i telefoni cellulari.
Innegabili sono quindi gli enormi sviluppi fatti dalla tecnologia nel campo delle telecomunicazioni, e per questo si ritiene utile ricordare a coloro che questi progressi li hanno vissuti, ma soprattutto far sapere alle più giovani generazioni che ne sono del tutto ignare, come sono stati gli albori della comunicazione e la nascita del servizio telefonico nella nostra città, raccontata da un paragrafo di “Vecchia Brindisi tra cronaca e storia” del prof. Alberto Del Sordo per Adda Editore, che richiamiamo alla memoria con queste immagini conservate nella fototeca Briamo presso la Biblioteca Arcivescovile A. De Leo che gentilmente ce ne ha concesso l’uso.
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Il 1° agosto 1905, fu inaugurato il servizio telefonico Brindisi-Roma attraverso Bari, Barletta, Foggia, Benevento e Napoli, e Brindisi-Reggio Calabria-Messina, attraverso Roma, con un anticipo di quasi due anni sulla data prestabilita.
La cosa oggi può apparire tanto più strana quanto più si consideri che ogni realizzazione nelle nostre provincie meridionali ha sempre subito ritardi rispetto alle scadenze.
Ciò potè verificarsi, grazie all’interessamento del brindisino on. Pietro Chimienti, che fece bruciare i tempi, al fine di dotare al più presto Brindisi di sì importante servizio. Infatti era stato stabilito per legge che nell’allora provincia di Terra d’Otranto il telefono sarebbe entrato in funzione il 1907, tant’è che i collegamenti con Lecce e Taranto si ebbero appunto rispettivamente nel gennaio e nel marzo di tale anno.
A quella emozionante inaugurazione non pochi furono gl’invitati oltre — s’intende — le autorità locali e provinciali, fra cui il cav. Flores, Direttore provinciale delle Poste e Telegrafi di Lecce, da cui dipendevano i servizi postali, telegrafici e telefonici di tutta la provincia, il quale rivolse alle autorità e agli intervenuti il saluto dell’Amministrazione postelegrafonica. Subito dopo prese la parola il cav. Archimede Montella, direttore tecnico dei servizi telegrafici e telefonici, il quale mise in evidenza la straordinaria conquista della scienza e la utilità del nuovo servizio per lo sviluppo delle comunicazioni, dell’economia e del commercio del Mezzogiorno, passando quindi a fornire dettagli tecnici sul funzionamento del telefono.
Al Montella piacque ricordare, in quella occasione, che vent’anni prima, destinato a Brindisi, in qualità di Capo ufficio del Telegrafo, aveva avuto la possibilità di completare e approfondire gli studi sull’elettricità, con la guida dello scienziato brindisino Raffaele Rubini, che nel 1870, lasciata, per motivi di salute, la cattedra di Algebra superiore della Università di Napoli, si era ritirato a Brindisi, sperando di trovare nell’aria nativa lenimento alle sue sofferenze.
Si passò quindi alla sperimentazione telefonica, dopo avere ottenuto il collegamento con Bari e Roma.
La prima conversazione fu quella fra il Sindaco di Brindisi, Federico Balsamo, e l’on. Chimienti. Ne seguirono molte altre con le autorità romane e baresi e non mancarono quelle della stampa locale con i giornalisti delle città collegate con Brindisi telefonicamente.
Il servizio telefonico pubblico entrò in funzione il giorno seguente.
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Si coglie l’occasione per pubblicare, dello stesso autore sul medesimo libro, un analogo intervento per la costruzione dell’attuale edificio sede provinciale delle Poste e Telecomunicazioni di Brindisi.
Una scelta difficile
Cinquantanni or sono, ultimato nelle strutture e negli impianti, apriva al pubblico i suoi battenti il tanto sospirato Palazzo delle Poste e dei Telegrafi. Prima di quel momento Poste e Telegrafi, cui s’era aggiunto, nel 1905, il servizio telefonico, avevano avuto come sede il pianterreno del palazzo Barnaba, che, per la sua particolare posizione angolare, affaccia e sul corso Roma e sul corso Umberto.
Era il primo edificio pubblico di rilievo che, sorto sull’area di risulta di alcune fatiscenti botteghe, dava l’avvio alla sistemazione della piazza Vittoria (già piazza di Basso), che è da considerarsi il cuore della città. Dal momento in cui era stato posto il problema (fine secolo) di dotare Brindisi di un edificio postelegrafonico decoroso e rispondente alle esigenze di una città marittima, con un porto di prim’ordine e con un movimento di turisti stranieri rilevantissimo, alla sua realizzazione, era passato più di un quarto di secolo, in quanto la costruzione effettiva dell’opera aveva richiesto due anni di tempo, ma la scelta dell’area oltre venti.
Ma seguiamo passo passo la difficile storia di questo edificio, che non è certo una delle meraviglie del mondo.
Correva l’anno 1903, quando il Ministero delle Poste e Telegrafi, accogliendo le reiterate istanze delle autorità locali che reclamavano l’urgenza di tale edificio, aderì, sostenendo, però, l’opportunità che esso sorgesse nelle vicinanze del porto e propendendo per l’area adiacente alla vecchia Dogana, che si rivelò insufficiente per estensione.
Ripiegò quindi su quella del giardinetto di piazza Vittorio Emanuele II, cozzando contro la presa di posizione della Stampa locale (La città di Brindisi dell’8-1-1904), portavoce della pubblica opinione, che riteneva indispensabile «riservare» quello spazio «allo sviluppo commerciale del porto» e proponeva la fascia occupata dalle stamberghe di proprietà comunale fra piazza Vittoria e via dell’Orologio (attuale via Raffaele Rubini), la stessa su cui sorse nel 1960 il moderno palazzo della Previdenza sociale.
Intanto fra sì e no, fra proposte e controproposte, seguite da lunghe pause di riflessione, il tempo inesorabilmente passava. Nel 1908, ricominciò la girandola delle scelte dell’area e sembrò che la soluzione stesse per maturare, ma fu solo illusione: la proposta di demolire un rilevante numero di casupole a tegole, fra via Pozzo Traiano e Largo S. Dionisio (oggi piazza Marcantonio Cavalerio), per far sorgere l’edificio postale, fu scartata dal Ministero, che riprese in esame le aree adiacenti alla piazza Vittoria. Il 1914, foriero di guerra (che dopo alcuni mesi divampò nell’Europa centrale, coinvolgendo ad una ad una tutte le Nazioni), bloccò ogni passo avanti nella soluzione, per l’insorgere di più grossi e preoccupanti problemi d’ordine militare.
Il discorso venne ripreso al termine della guerra e si protrasse per ben cinque anni, prima che i lavori avessero effettivo inizio. La scelta definitiva dell’area era caduta su piazza Vittoria, sul lato opposto a quello ch’era stato proposto vent’anni prima. Il 1926, Brindisi potè finalmente disporre di un decoroso edificio postelegrafonico, rispondente alle esigenze dei cittadini.
Ma la lunga e sofferta storia di quell’edificio non era ancora terminata, ché, con l’elevazione di Brindisi a capoluogo di provincia e con il conseguente graduale moltiplicarsi dei servizi, fu necessario, nel 1954, sopraelevarne il secondo piano e, nel 1959-’60, procedere ad un totale rinnovamento, secondo una più moderna e più logica strutturazione dei servizi medesimi.