Dalla Cronaca dei Sindaci di Brindisi (1529-1787) di Cagnes e Scalese rileviamo che nell’anno 1742, Sindaco Giovanni Diego Leanza nobile:
“A 20 agosto andò in Durazzo una tartana (piccolo veliero ndr) (..) con molti marinari di Brindisi, e un piloto chiamato Felice Chisiena, alias di Marro, e approdò in questo porto il dì 7 settembre a mezzogiorno, e condusse un elefante, che da Costantinopoli veniva al nostro re, e subito con ponti fu calato a San Leonardo, e dentro quel giardino sta facendo la contumacia (detta anche quarantena, era una segregazione di quaranta giorni prescritta per motivi d’igiene a chi entrava nel porto ndr), e tutta la gente al romitorio con sei turchi, che governano detto elefante”.
Per vedere esattamente dove sia situata questa chiesa di “S. Leonardo dell’Arcivescovo” ci viene in soccorso la piantina, unica presente sulla copia depositata presso la Biblioteca Arcivescovile A. De Leo di Brindisi, delle undici copie attualmente esistenti in Italia, disegnata a mano della “Città e Porto di Brindisi, secondo attualmente si trovano” sita sulla prima pagina delle “Memorie historiche della città di Brindisi – Scritte da frate Andrea della Monica, Maestro Carmelitano della stessa città. (Stampato in Lecce presso Pietro Micheli 1674, con licenza de’ Superiori)”.
Spiega N. Vacca (Brindisi Ignorata p. 310):
“A est di S. Maria del Casale, quasi sulla sponda del mare (porto esterno) rimpetto all’isola di S. Andrea, era la chiesa di S. Leonardo.
In queste vicinanze il 2 settembre 1742, pilotata da un Felice Chisiena, brindisino, approdò una tartana recante a bordo un carico insolito: un elefante proveniente da Costantinopoli.
Era stato rilevato dalla tartana a Durazzo e « con ponti fu calato su questo molo. Insieme alla scorta di sei turchi l’elefante fu deposto nel giardino di S. Leonardo dove gli fu fatta fare la quarantena.
L’animale fu fatto credere un dono del Sultano al re di Napoli, mentre fu acquistato in Persia, dopo laboriose pratiche, dall’incaricato d’affari napoletano presso la Sublime Porta, con denaro della Corte. Si voleva con questo presunto successo in politica estera rafforzare nell’interno il prestigio del nuovo re Carlo di Borbone.
Elefanti non se ne vedevano nel Salento dai tempi di Pirro e si può… giurare che nessuno li ricordava.Onde la notizia di questo arrivo fece molto strepito e fu un accorrere di gente da tutte le parti. Vennero a vederlo, fra gli altri, il Preside della Provincia Duca di Cerasale con la Principessa di Belmonte, il marchese e la marchesa di Oria, i marchesi di Cellino e quello di Campi ed « un’infinità di forestieri ».
Il cronista non potè fare a meno di notare con meraviglia le caratteristiche del mastodontico animale:
Questa mattina 18 ottobre 1742 è partito da qui l’elefante per Napoli e non cammina più di miglia dieci in circa al giorno; va accompagnato da sette soldati dell’udienza fino all’altra provincia e così di provincia in provincia sino a Napoli col coronello e sei turchi che lo governano ; egli è alto palmi 14 e mezzo, lungo 13, largo più di sei, la proboscine (sic!)è ben lunga sino a terra, e più l’orecchie come due pesce rascie, l’occhi più piccoli di un cavallo, raso di pelo e di color sorcigno, e così la coda, gambe grossissime, egli si ciba di libre 90 al giorno di fieno, e cannazza, rotola 30 di pane, libre 6 di butirro e rotola 4 di zucchero e tre barili di acqua e coll’istessa sua proboscine si ciba e beve e coll’istessa dimostra una forza irresistibile, stando sempre incatenato a tre piedi, e quelli turchi che lo governavano, col parlarli, le facevano fare molte operazioni e li temeva ed ubbidiva.”