“Nel 1844 si cominciò la costruzione della banchina centrale tra l’ufficio della sanità e la piazza Montenegro, e si principiarono i lavori di colmamento a Ponte-grande e a Ponte-piccolo.
Per la costruzione della banchina centrale si dovettero demolire le antiche vasche, dette piscine, le quali servirono, per l’addietro, per misurare l’olio che si esportava.
Queste piscine erano sulla spiaggia, quasi di fronte alle Colonne.
Erano vaste pile, nelle quali versavasi l’olio che era portato dai magazzeni alla marina col mezzo di otri.
Quando queste pile erano piene la Dogana le misurava per conoscere la quantità d’olio che s’imbarcava.
Ciò fatto, si riempivano, col mezzo di un tubo di cuoio adattato alle pile dalla parte del porto, le botti, le quali erano rotolate sulla spiaggia e buttate in mare.
Qui postiamo alcune cartoline d’epoca del tratto di lungomare che va dalla Capitaneria di Porto fino a Palazzo Montenegro nel periodo compreso tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX; ciò aiuta a capire il traffico commerciale e il tipo di merci che venivano vendute che, come si vede dal numero delle botti, erano soprattutto vino ed olio.
Il bastimento che dovea caricarle, ormeggiavasi rimpetto a queste piscine; ed imbarcava le botti che erano rimorchiate vicino ad esso.
Ferdinando affezionavasi sempre più alla città di Brindisi, e gli dispiaceva il vedere come il risorgimento di essa fosse lento e come la popolazione immiserita e triste. Per ajutarla, decretò in una delle sue gite a Brindisi:
- il disseccamento delle paludi circostanti alla città;
- la ripopolazione della città, richiamando gente da fuori con promesse di locali privilegi;
- l’impianto di uno scalo franco e la concessione di considerevoli agevolezze ai negozianti;
- l’edificazione di un deposito franco;
- la diminuzione dei dazi di importazione e di esportazione;
- il miglioramento interno della città;
- l’esenzione dalla leva per 10 anni non solo dei Brindisini, ma anche di coloro che avessero qui fissato domicilio;
- lo stanziamento di 400.000 ducati perchè i lavori procedessero sollecitamente.
I nemici della città di Brindisi e coloro che vedevano mal volontieri lo sviluppo commerciale che avrebbe preso a causa delle concesse agevolezze, andarono sussurrando all’orecchio di Ferdinando che, con l’istituzione dello scalo franco, sarebbesi aumentato il contrabbando in modo spaventevole, e che l’erario pubblico ne avrebbe sommamente scapitato. Gli ingegneri non erano dall’altra parte, punto d’accordo sulla ubicazione dello scalo franco, nè sul modo di erigerlo. Sciolse la questione Ferdinando stesso il quale, in una delle sue gite a Brindisi, accortosi che gli ordini non erano prontamente eseguiti e che le cose andavano per le lunghe, domandò a che punto fossero i lavori dello scalo franco e che cosa erasi fatto. Dalle risposte avute s’avvide che realmente, reconditi motivi tenevano sospese le opere; e, fattosi portare tosto il progetto, si recò alla strada della marina, seguito dagli ingegneri incaricati del lavoro. Dopo averli severamente rimproverati per le loro discordie e massime per il ritardo frapposto alla esecuzione degli ordini ricevuti, si piantò, egli in persona, rivolto al mare, col progetto in mano, allo sbocco di via maestra; e, mandato uno assistente del genio alla spiaggia ordinò che da una parte il muro di cinta dovesse seguire la linea che li congiungeva, e che dalla parte opposta e a una determinata distanza si innalzasse un altro muro parallelo a questo. Così cessarono le questioni ; e Brindisi potè godere finalmente dei vantaggi dello scalo franco, a dispetto dei suoi nemici.”
(F. Ascoli, La storia di Brindisi scritta da un marino. Tip. Malvolti e C. – Rimini, 1886)
Una passeggiata virtuale attraverso le nostre foto mostra il porto com’è oggi
Il porto di sera
Luci di Natale nel porto