“Via Madonna della Scala è la quinta trasversale destra di via Lata.
Il toponimo, d’indubbia epoca medioevale, attinge la sua origine al culto della Madonna di Scala (giunto fino a noi con il titolo di Madonna della Scala), portato a Brindisi dagli Amalfitani, nel sec. XII, quando costituirono le loro colonie nelle principali città marittime di Puglia.
La chiesa trae il suo nome dalla “scala” che, nell’iconografia cristiana rappresenta uno degli strumenti della Passione di Cristo insieme alla croce, i chiodi, la corona di spine e la lancia, solo per citarne alcuni.
A Brindisi, gli Amalfitani ebbero arsenale, case, magazzini, chiesa (dedicata appunto alla Madonna di Scala) e palazzo del console, in quel rione detto “Scala”, che si estendeva dai pressi di via Lata fino all’attuale stazione marittima.
In virtù dei privilegi e delle autonomie di cui godevano, poterono essere governati da un proprio console, che amministrava la giustizia, secondo le loro consuetudini civili e commerciali.
La colonia di Brindisi, qualificata con il generico attributo di amalfitana, fu in effetti costituita da mercanti di Scala e di Ravello (si ricordi che già nel IX sec. i territori di Scala, Ravello, Atrani, Maiori, Minori e di altre cittadine facevano parte della Repubblica di Amalfi). Di qui la ragione della dedicazione della Chiesa alla Madonna di Scala, ideale trasferimento della protettrice dalla patria d’origine in quella elettiva. Furono, infatti, proprio le famiglie di Scala e di Ravello che vennero esuli in Puglia, nel sec. XII, dopo che Amalfi fu, nel 1131, definitivamente sottomessa dal normanno Ruggero II. Questi, tuttavia, le riconobbe il titolo ducale e i privilegi di cui fino ad allora aveva fruito. Scala in particolare, ch’era stata quasi totalmente distrutta, nel 1073, da Roberto il Guiscardo, e aveva subito, nel 1135 e nel 1137, il saccheggio dei Pisani, gelosi della potenza marittima e commerciale di Amalfi, era stata ridotta a poco più di un borgo.
La chiesetta dedicata alla Madonna di Scala, tradotta dal popolo in “Madonna della Scala”, valse a indicare il toponimo di cui ci siamo occupati.
Fino ad una cinquantina d’anni orsono, si celebrava, nel giorno della Ascensione, la festa rionale della Madonna della Scala, con riti religiosi e luminarie: il Capitolo metropolitano, in processione, visitava la Chiesa e, dal limite della strada, arroccata sui bastioni S. Giacomo, impartiva la benedizione alla parte della città, che si estende a sud-est. “ (Alberto Del Sordo, Toponomastica Brindisina – Il centro storico. Schena Ed. 1988, pp. 140-141)
Facciata della chiesa
La facciata oggi:
La facciata in una immagine del 1966 della fototeca Briamo presso BAD:
Interno ad aula unica
L’interno si presenta ad aula unica e completamente restaurato dopo i lavori eseguiti nel 1986 che interessarono soprattutto il tetto, voluti da Don Ferruccio Biasi.
Nella vetrinetta dietro l’altare ci sono due affreschi della Madonna con Bambino, uno molto più recente sovrapposto all’altro, più antico ma quasi illeggibile. Purtroppo, quello più vicino a noi non viene presentato secondo l’iconografia classica e la Vergine Maria è priva dell’aureola con un vistoso trucco agli occhi
Parete sinistra
Il dipinto del prof. Alessandro Briamo era un tempo collocato sull’altare come possiamo osservare in questa foto della fototeca Briamo presso BAD del 1963
Oggi invece si presenta sulla parete destra:
Foto del prof. Briamo del 1966, fototeca presso BAD
Parete destra
Una foto del sac. Don Ferruccio Biasi
Qui di seguito riportiamo alcuni dati di una ricerca storica effettuata con la collaborazione della D.ssa Katiuscia Di Rocco, Direttrice della Biblioteca Pubblica Arcivescovile, tra le carte di un faldone nell’archivio della Curia, in cui erano vari documenti oltre alle Sante Visite, che ci hanno evidenziato quanto segue:
- nel 1641 la chiesa della Madonna della Scala riceve la visita pastorale di Mons. Odriscol nella quale viene rilevato come l’altare maggiore sia “mediocremente ornato con solo due tovaglie d’altare”, l’altare del Crocifisso male ornato con una tovaglia vecchia e l’altare di Santa Maria della Grazia similmente male ornato;
- nella successiva visita pastorale di mons. Lorenzo Raynos, il 22 agosto 1654, si riportava di aver visitato la Chiesa della Madonna della Scala e di aver trovato un altare sotto il titolo della Madonna della Scala decentemente ornato. Qui vi era la confraternita dei Laici e da questa veniva amministrata la chiesa. Vi era il campanile e la campana e la chiesa era stata trovata nel complesso decentemente ornata;
- nel 1890 gli abitanti del quartiere organizzano una petizione di firme indirizzata all’Ispettore Demaniale perchè provvedesse a confiscare delle case e ortali di proprietà di privati per aggiustare e riportare la cappella all’antica forma rettangolare, ripristinando la vecchia sagrestia. Tali locali erano stati confiscati alla chiesa dopo l’unità d’Italia e poi venduti dal Demanio a privati.
In quest’ultima richiesta, di cui riportiamo il frontespizio, gli abitanti dicono che “da tempo immemorabile esiste una Cappella sotto il titolo Madonna della Scala, che ha dato il nome a quel rione”.
Evidentemente, con il passare dei secoli, gli abitanti del quartiere smisero di collegare il nome della chiesa alla città amalfitana di Scala, che nel frattempo si era ridotta a poche case e per tutti diventò la chiesa della “Madonna della Scala”, con riferimento a uno dei simboli della Passione di Cristo, la Scala appunto, che venne anche raffigurata insieme alla Madonna col Bambino, in un dipinto del prof. Briamo del 1903 un tempo riposto dietro l’altare.
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