Proseguiamo con la seconda parte dell’inchiesta edilizia sulla città di Brindisi degli architetti Sergio Lenci e Carlo Aymonino pubblicata sulla Rivista Internazionale di Architettura “Casabella continuità” n. 222 del 1958, da cui sono stati presi testi e fotografie. La Rivista era allora diretta da Ernesto N. Rogers e aveva nel Comitato di Redazione personalità influenti come il prof. Giulio Carlo Argan, Pier Luigi Nervi, Ludovico Quaroni e Giuseppe Samonà.
E’ possibile leggere la prima parte dell’articolo a questo link
Il periodo fascista
Le conseguenze della erezione di Brindisi a capoluogo di provincia non si avvertono immediatamente nella trasformazione del tessuto urbanistico della città. Gli edifici pubblici si adattano in palazzi e conventi, ad eccezione delle Poste e Telegrafi, le banche si limitano a qualche succursale, tranne l’Istituto più forte, il Banco di Napoli, che costruisce il suo palazzo «rinascimentale».
Tuttavia la macchina degli sventramenti non tarda a mettersi in moto e nel 1934 viene presentato e approvato il Piano Regolatore e di Diradamento della Città, con gli identici obiettivi già realizzati o in corso di realizzazione in molte città italiane: distruggere i nuclei popolari ancora esistenti nel centro storico, sostituendoli con alcuni grossi edifici destinati a Enti o uffici. Tale programma è chiaramente espresso nella relazione del Piano:
« … con gli abbattimenti stabiliti vengono a formarsi piazze e strade di comunicazione indispensabili al traffico. E tutto ciò con un miglioramento estetico edilizio in dipendenza di nuove costruzioni di edifici pubblici e privati… Infine gli abbattimenti delle casupole vecchie porteranno allo sfollamento della popolazione rurale della città, trasportandola verso la periferia e in prossimità della campagna, con casamenti più adatti alle loro particolari esigenze (!), che, costretti in rioni centrali, danno attualmente luogo a gravi inconvenienti, inceppando il progresso dei servizi di polizia urbana, quali si convengono a un più razionale e decoroso tenore di vita di una città Capoluogo di Provincia ».
Il programma tarda però a realizzarsi per la lenta evoluzione economica della città. I primi interventi pubblici sono a carattere del tutto eccezionale, legati più alla funzione militare di Brindisi che alla trasformazione moderna delle sue strutture. Per il Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia fu bandito un concorso nel 1932; vinse il progetto di Luigi Brunati e Amerigo Bartoli, realizzato in seguito con poche varianti, in particolare l’aggiunta degli archi agli estremi del muro di sostegno. Nell’ambito della retorica fascista è uno dei monumenti meno fastidiosi, bene inserito come è nel verde della costa settentrionale del Seno di Ponente. Recentemente è stato «completato» con una statua della Madonna, di cui si ignorano i legami con i marinai d’Italia.
Il secondo episodio di architettura moderna fu la costruzione nel 1936 del Collegio Convitto Navale, progettato dall’architetto Gaetano Minnucci secondo un chiaro impianto razionalista. Situato anch’esso fuori della città e realizzato affrettatamente, non ha inciso nella produzione edilizia locale ed appare oggi, nell’aspetto esterno, non molto dissimile dalle costruzioni spontanee, povere e bisognose di manutenzione.
Seguirono pochi altri edifici, riflessi di provincia della «evoluzione» dell’architettura ufficiale: particolarmente significativi la Stazione Marittima e il Comando dei Carabinieri, entrambi rivestiti in klinker secondo i dettami estetici dell’epoca (basti ricordare la Città Universitaria di Roma), il che ha però permesso una loro maggiore durata nel tempo. Posti ai due estremi del centro storico, non previsti nelle trasformazioni del Piano Regolatore, restano due edifici distaccati dal tessuto esistente, con una funzione necessaria ma una dislocazione urbanistica casuale.
Il Piano fu realizzato solo nel tratto di sistemazione della banchina nord, con la distruzione del quartiere delle «Sciabiche», un quartiere di poveri pescatori, trasportati in un «villaggio» nuovo sulla sponda opposta del Seno di Ponente, e la sistemazione con scalee e belvedere della piazza S. Teresa, avulsa dalla vita della città.
Questi interventi sporadici non lasciarono alcuna influenza sulla produzione architettonica successiva: dovuti ad architetti esterni come progettazione e ad iniziative centrali come finanziamento, restano documenti di quell’inizio di trasformazione «dall’alto» dell’edilizia cittadina, dovuta più alle pressioni di qualche persona influente presso i Ministeri che alle reali esigenze della vita economica locale.
Piano regolatore e di diradamento (1934)
Luigi Brunati e Amerigo Bartoli, Monumento al Marinaio d’Italia
Le trasformazioni del centro
E’ solo nel dopoguerra — trascorso il primo periodo di assestamento e di ripristino dei danni provocati dal periodo bellico — che ha inizio la trasformazione del centro secondo le linee tracciate dal Piano Regolatore del 1934, linee quanto mai banali, impostate unicamente sulla apertura di nuove strade, non tutte necessarie, e la conseguente utilizzazione delle aree di risulta per la costruzione di «palazzi» a schema chiuso, in pratica delle facciate più o meno monumentali a contorno delle strade.
Le iniziative tuttavia procedono con lentezza a causa della resistenza dei privati a vendere le loro case individuali, degli scarsi mezzi a disposizione dell’Amministrazione Comunale per gli espropri, e delle molteplici richieste degli Enti, sempre pronti a prospettare la possibilità di trasferire altrove o di non costruire affatto la loro sede.
Sorge così nel 1949 la sede dell’Istituto Nazionale di Assicurazioni, progettata dal suo ufficio tecnico: un edificio informe, rimasto incompleto per il mancato acquisto dell’ultimo lotto di area, con una cubatura notevolmente superiore a quella consentita dal Regolamento Edilizio vigente e un vocabolario da «casa popolare» nobilitato da un alto portico al piano terreno. L’episodio è tanto più deprecabile, in quanto lo stesso Istituto ha realizzato in altre città edifici pregevoli per sistemazione urbanistica e valore dei progettisti.
Sull’esempio di questo primo intervento altri ne seguono: il metodo è sempre identico: massimo sfruttamento dell’area, seguendone i perimetri, «abbellimento» del pianoterreno con rivestimenti di marmo, totale anonimato del linguaggio architettonico. Tale sarà la sede dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, che dopo quattro anni di trattative con il Comune è ora in fase di costruzione; tale è la sede, recentemente ultimata, dal Credito Italiano, con la sola variante che il rivestimento marmoreo è esteso a tutta la facciata. Anche la nuova sede degli Uffici del Genio Civile, in area angusta e del tutto insufficiente per un edificio a pianta libera, è stato progettato dai funzionari del Corpo sugli schemi «scatolari», ormai diffusi in tutta Italia.
Il palazzo del Credito Italiano
La sede dell’INA; a destra il Banco di Napoli
Gli uffici del Genio Civile; a destra la sede dell’INA
Unica eccezione a tale produzione anonima, frutto di continui rimaneggiamenti da parte degli uffici tecnici e di notevoli accomodamenti con la Commissione Edilizia Comunale, è stato il progetto per gli Uffici Finanziari della città di Brindisi, dell’architetto Vittorio Gandolfi, previsto nel 1949 in un’area centrale, in Largo Angeli, totalmente svincolato dagli allineamenti stradali del Piano Regolatore, data la forma aperta dell’organismo.
Per sopraggiunte difficoltà di acquisto dell’area necessaria, il progetto è stato in seguito meccanicamente spostato al Parco della Rimembranza, senza nemmeno consultare l’autore.
Progetto Uffici finanziari, 1949
La nuova chiesa del rione Casale
Tutta la trasformazione del centro è avvenuta o avverrà con la completa distruzione del vecchio Rione S. Pietro, costituito da un tessuto fittissimo e minuto di case pugliesi, elementi unifamiliari primitivi. La ristrettezza dell’area, le richieste degli Enti e la centralizzazione degli edifici pubblici voluta dal Comune non hanno permesso di conservare almeno ad una parte della zona la destinazione a carattere residenziale, in modo da evitare la scomparsa di attività commerciali e ricreative dal centro cittadino. Una nostra proposta, in qualità di progettisti del Nuovo Piano Regolatore, tendente a considerare le costruzioni insistenti sull’area del Rione S. Pietro come un unico organismo a diverse funzioni (uffici, abitazioni, negozi ecc.), in modo da mantenere, in mutate condizioni, l’attuale carattere pedonale della zona e nello stesso tempo migliorare l’arteria di traffico prevista nel vecchio Piano Regolatore e già iniziata con la costruzione della sede I.N.A., non è stata realizzata per le difficoltà sollevate dagli Enti a rinunciare a un loro «palazzo» particolare, isolato da quattro strade e bene individuabile, contrapposto ad altri «palazzi» simili.
Anche gli interventi più recenti – molto in ritardo rispetto a quelli di altre città e tuttavia con le identiche caratteristiche e gli stessi difetti – non hanno inciso nella produzione edilizia locale. I progetti sono sempre anonimi, quindi trasformabili a seconda dell’area definitiva prescelta o delle difficoltà sollevate dalle imprese. Resta così l’impressione che l’architettura sia un fatto casuale, senza rapporti con la storia passata e recente, senza un collegamento culturale, perché il problema urgente è quello di utilizzare quei pochi finanziamenti che si riescono a reperire, senza troppo sottilizzare sul risultato estetico.
Case pugliesi nel rione di San Pietro degli Schiavoni
Soluzioni del risanamento del rione S. Pietro degli Schiavoni: in alto quella prevista dal P.R. del 1934; in basso, quella proposta dai tecnici Aymonino, Lenci e Peretto
Prospettiva della nuova via di P.R.
L’edilizia privata e finanziata
La caratteristica residenza brindisina, simile a quella di molte altre città del Mezzogiorno è la casa individuale, costruita in base alle necessità familiari e alle possibilità economiche, ampliabile in altezza quando l’aumento numerico del nucleo originario lo richieda. Se nel vecchio centro, particolarmente nella zona costruita ai primi del secolo, tale residenza è un organismo architettonico ben individuabile – con il piano terreno adibito a botteghe, il primo piano ad abitazione, lo spazio interno a giardino – nelle realizzazioni più recenti, in periferia, l’organismo è ridotto a dimensioni tali da poter essere considerato quasi un «alloggio di fortuna» costruito in modo più duraturo. Tale tipo di abitazione si è diffuso particolarmente (con maggiore o minore intensità a seconda dell’annata agricola) nei rioni Commenda e Cappuccini, determinando con la scala dei lotti fabbricabili, in genere di poco superiori ai 100 mq. ciascuno, la trama edilizia caratterizzata da una serie di strade parallele, monotone nelle dimensioni e nell’aspetto, costose per la manutenzione rispetto al numero di abitanti che vi insiste, anche se l’elevatissima densità fondiaria di 700 abitanti/ettari e il rapporto medio di abitanti per vano ne fanno dei quartieri superaffollati dal punto di vista delle abitazioni. La preferenza per questo tipo edilizio è una conseguenza diretta dell’economia agricola, fluttuante e stagionale, per cui il concetto di proprietà individuale – anche se ridotta al minimo -acquista un valore preminente rispetto al concetto più dinamico dell’affitto o a quello più complesso del condominio.
Nel dopoguerra tuttavia due elementi nuovi sono venuti a differenziare le caratteristiche edilizie della città seppure con diversa quantità di interventi e con finalità del tutto opposte: la casa a più piani in affitto o in condominio e i complessi di edilizia finanziata.
La casa multipiani va diffondendosi assai lentamente, per il costo piuttosto elevato degli appartamenti, e conseguente scarsezza di acquirenti, data la struttura sociale della città, che non offre notevoli differenziazioni nelle categorie produttive. In genere il numero dei piani non supera i 4 o 5, per evitare l’incidenza nel costo totale sia dell’ascensore sia di strutture troppo complesse. Tranne in rari casi dove si è potuti intervenire prescrivendo nuovi allineamenti stradali e interni, il condominio sorge generalmente al posto dell’antica casa individuale, (snaturando quindi l’attuale rapporto di 1/1 tra larghezza della strada e altezza dei fabbricati), distruggendo in pratica lo spazio interno, ridotto dal giardino a piccole chiostrine.
Un condominio nella zona di espansione del 1900: è evidente il cambiamento di rapporti che la strada subirà il giorno che sarà totalmente costruita secondo le nuove altezze
Un unico fabbricato, sulla nuova strada di Piano Regolatore, di fronte alla sede dell’I.N.A., è stato progettato, con la collaborazione di un architetto di Bari, dato che in Brindisi non esistono architetti.
Certo è che l’attuale trasformazione del centro porterà al totale mutamento del tessuto edilizio, che dovrà necessariamente collegarsi a un nuovo schema urbanistico, più libero e complesso, in modo da evitare la utilizzazione totale delle aree centrali per fini speculativi, sopportabile ancora con case a uno o due piani, impossibile con case multipiani, negozi, cinema, parcheggi ecc.
Conseguentemente allo sfollamento del centro, ma soprattutto per il continuo aumento della popolazione immigrata e la graduale eliminazione degli alloggi di fortuna, ha acquistato sempre maggiore importanza l’intervento dell’edilizia finanziata (Istituto Case popolari, INA-Casa, case malsane, Unnra-Casas ecc.), fino a costituire oggi circa il 70% del totale dell’attività edilizia brindisina.
Schema di lottizzazione e progetto di tre abitazioni nel rione Commenda. I lotti medi sono di 400 mq. e su ogni lotto esistono quattro abitazioni con quattro scale.
Si costruiscono sempre i balconi del primo piano mentre si costruisce il piano terra – Altro progetto con ingresso al piano terra in comune
Le prime realizzazioni si differenziavano da quelle preesistenti unicamente per l’abolizione di cortili e chiostrine e per un maggior numero di piani: per il resto si inserivano nel precedente schema urbanistico, allineandosi lungo strade parallele, molto spesso contornanti tutta la casa con un enorme spreco di superficie viaria. Solo con il primo nucleo INA-Casa, progettato dal gruppo dell’architetto Minnucci, si tenta una prima timida differenziazione di spazi, interni e esterni, e la previsione di un minimo di attrezzatura, ad esempio il centro sociale. Se dal punto di vista urbanistico rappresenta il primo tentativo di svincolarsi dalla maglia del Piano Regolatore del 1934, dal punto di vista architettonico i progetti sono poco più rifiniti delle costruzioni private più povere e non formano un ambiente nuovo, meglio organizzato e più proporzionato.
L’edificio costruito nella nuova via di P.R. con la consulenza di un architetto
Planimetria del cinema Di Giulio, costruito al posto di vecchie case eliminando qualsiasi spazio libero interno
Solo con il secondo settennio di attività dell’INA-Casa si può parlare di veri e propri organismi moderni in corso di realizzazione in Brindisi. Infatti sia il quartiere Commenda ovest, del gruppo dell’architetto Alberto Gatti, sia il quartiere C.E.P. nel rione Paradiso, del gruppo dell’architetto Mario de Renzi, sono concepiti in modo unitario, direttamente collegati alle più recenti esperienze della cultura urbanistica italiana, in continua ricerca di uno spazio nuovo, che consideri tuttavia alcuni elementi dimensionali della tradizione locale. I due quartieri inoltre sono inseriti nelle zone di sviluppo previste dal nuovo Piano Regolatore, come elementi determinanti le nuove espansioni e che dovrebbero condizionare l’attività dei privati che seguirà in un prossimo futuro.
Date infatti le particolari caratteristiche dell’edilizia brindisina, l’attività degli Enti che operano nel settore della casa economica può divenire un elemento di guida nel miglioramento del linguaggio urbanistico e architettonico: la maggiore rifinitura delle case più recenti, la migliore attrezzatura degli ultimi quartieri sono già un elemento di concorrenza nei confronti dell’attività dei privati, notevolmente diminuita negli ultimi tempi. Solo l’adozione del Piano Regolatore e la osservazione continua delle norme di applicazione del nuovo Regolamento Edilizio permetteranno la graduale trasformazione dei tipi residenziali tradizionali, la conseguente formazione di tecnici più qualificati, la lenta penetrazione di idee e soluzioni più consone ai problemi del nostro tempo.
Planimetria delle realizzazioni dell’edilizia finanziata del rione Commenda
Case minime costruite dal Comune al rione Perrino
Case INCIS nel rione Casale
Il primo nucleo INA-Casa del gruppo dell’arch. Minnucci
Case del quartiere Commenda Ovest del gruppo dell’arch. Gatti
Planimetria del nuovo quartiere CEP del gruppo dell’arch. De Renzi
Carlo Aymonino e Sergio Lenci
In conclusione di questo lungo articolo abbiamo voluto inserire alcune nostre foto, che riguardano il risanamento del centro storico e la creazione della nuova via prevista nel PRG che prenderà il nome di via Santi; l’osservatore attento noterà sussistere ancora la presenza di Enti e Uffici che all’epoca non vollero “rinunciare a un loro «palazzo» particolare, isolato da quattro strade e bene individuabile, contrapposto ad altri «palazzi» simili”.
Via Santi – la nuova via prevista dal PRG
Palazzo INA
Palazzo dell’INPS
In fondo alla strada il Palazzo del Genio Civile
Sede della BNL in Via Santi ang. Via Maddalena
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