Una nota di Katiuscia Di Rocco, direttrice della Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo”, pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 28 aprile 2018
E’ stato concluso e consegnato il lavoro di digitalizzazione integrale dei manoscritti in ebraico conservati nella Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi che entra a far parte del progetto israeliano “KTIV The International Collection of Digitized Hebrew Manuscripts“, di cui la biblioteca De Leo è stata tra i primi partner; si tratta di una articolata operazione di raccolta su base internazionale di manoscritti ebraici digitalizzati, ed è frutto di una joint venture fra Albert D. e Nancy Friedberg (attraverso la Friedberg Jewish Manuscript Society) e la Biblioteca nazionale d’Israele, in collaborazione con l’Heritage Landmarks Program del Ministero israeliano per Gerusalemme e il suo patrimonio.
L’idea di KTIV, è nata in seguito alla decisione della Biblioteca nazionale di Israele di avviare un rinnovamento tecnologico volto a rendere accessibile on line il proprio patrimonio e far sì che sia a disposizione di un pubblico il più ampio ed eterogeneo possibile, sia in Israele che nel mondo intero. In questo contesto, grazie al progresso tecnologico che ha aperto nuovi orizzonti alla conservazione e alla presentazione di contenuti digitali, la Biblioteca e la Freidberg Jewish Manuscript Society hanno lanciato il progetto KTIV che mira a digitalizzare tutti i manoscritti ebraici: un corpus mondiale che conta, a livello globale, più di 75.000 manoscritti disseminati in più di mille raccolte.
L’Istituto di Manoscritti Ebraici Microfilmati della National Library di Israele sin dal 1950 raccoglie copie di tutti i manoscritti ebraici esistenti, sia di proprietà privata sia di collezioni pubbliche. Attualmente fornisce l’accesso a circa 85.000 manoscritti, il 90% circa di tutti i manoscritti ebraici conosciuti al mondo, più di 4 milioni di immagini. Con il progresso delle tecnologie più avanzate che amplia notevolmente le opzioni per la conservazione a lungo termine, la presentazione e l’accesso ai contenuti digitali, il progetto KTIV intende ora portare questa impareggiabile collezione nell’era digitale. Le raccolte di manoscritti in ebraico dei partner del progetto vengono digitalizzate e pubblicate online: le immagini e gli strumenti di ricerca e visualizzazione per accedere ai manoscritti sono disponibili sul sito Web di KTIV all’indirizzo ktiv.en.nli.org.il.
Il popolo ebraico usa da migliaia di anni la parola scritta per esprimere la propria cultura e la propria conoscenza in una serie di discipline, sia religiose che laiche. Manoscritti e documenti ebraici hanno attraversato paesi e continenti, e molti hanno trovato la destinazione finale nelle sale di grandi biblioteche e nelle camere blindate di collezionisti privati. Ora questa entusiasmante impresa globale. Molte delle raccolte più importanti del mondo hanno già aderito a questa storica iniziativa, a questo progetto aperto ed in fieri. I partner già coinvolti nel progetto KTIV comprendono, oltre alla Biblioteca Palatina, la Biblioteca Vaticana, la British Library, la Biblioteca Nazionale Russa, la Biblioteca Nazionale di Francia, la Biblioteca Nazionale Tedesca, la Biblioteca Nazionale Austriaca, il Jewish Theological Seminary, la Biblioteca Pubblica di New York, la William Gross Family Collection e la Biblioteca del Karlin-Stolin Hasidim e dal 2017 anche la Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” che in questi giorni ha fornito la digitalizzazione ad alta risoluzione dei suoi manoscritti in ebraico attraverso l’intermediazione di Tsafra Siew ricercatrice The National Library of Israel, Jerusalem, manager del progetto KTIV.
Tra i manoscritti della biblioteca “A. De Leo” digitalizzati le Traductiones ebraicae, interessanti brani biblici tradotti da Annibale De Leo e il vocabolarietto di Calci Ignazio, professore di lingue sacre nell’Università di Napoli nel 1761 (Fondo manoscritti, ms. H/15d ). Inoltre, le trascrizioni delle epigrafi in arabo ed in ebraico fatte da Giovanni Tarantini, insigne arcidiacono archeologo brindisino della fine del XIX secolo, al Reale Ispettore degli Scavi e Monumenti di Antichità Vito Fontana il 24 marzo 1878 che chiedeva di “cavare le impronte più schiette possibili di codeste iscrizioni ebraiche, e dove non se ne possa trarne l’importa trascriverle”.
In realtà già nel 1874 Giovanni Tarantini inviava al Congresso degli Orientalisti a Firenze due scrigni con iscrizioni, uno dei quali cristiano con simboli e motti singolarissimi e calchi di iscrizioni ebraiche da lui scoperte e pubblicate tradotte nella relazione alla Commissione di Scavi e Monumenti (Fondo Tarantini, Manoscritti vari, b. 3, fasc. 2, Calchi di iscrizioni ebraiche al prof. I. Ascoli in Milano, dic. 1878). Sono faldoni di saggezza”, secondo la metafora del poeta ispano-ebreo Moses ibn Ezra.
Questi documenti hanno svolto la loro insigne funzione di propagatori di testi e di sapere, col preservare, sin da epoche remote, la continuità culturale in un territorio molto vasto. Essi sono veicoli di registrazioni verbali ma anche manufatti culturali, oggetti fisici latori di elementi figurativi, artefatti denotanti tecniche esecutive speciali, abilità calligrafica e vena artistica, opere che riflettono l’attività intellettuale e gli interessi culturali della società del loro tempo e dell’area di produzione.
Dal punto di vista dell’estensione territoriale e della diffusione, la scrittura ebraica ha avuto fino all’età moderna un impiego più ampio rispetto alle scritture greca, latina o araba, poiché i manoscritti ebraici furono prodotti in un’area territoriale coestensiva con quello di tutte le scritture soprammenzionate. Ecco perché il KTIV è un’impresa globale molto importante e la città di Brindisi attraverso la Biblioteca De Leo ne è fortemente coinvolta.
Sufyan ibn ‛Unyayna riferisce un Hadith (detto) del Profeta dell’Islam: إذاً دخلت خزانة فا جتهد ان لا تخرج منها ختى تعرف ما فيه “Quando entri in un Tesoro, fa’ attenzione a non uscirne finché non hai compreso ciò che contiene!” e il KTIV è un progetto titanico che aiuta a conoscere, e quindi comprendere, un tesoro fino ad oggi frammentato e custodito tanto gelosamente da essere sconosciuto ai più.
Katiuscia Di Rocco