Nel corso della II Guerra Mondiale la nostra città fu più volte colpita dalle forze alleate, ma, senza dubbio, il bombardamento che provocò più danni avvenne nella notte tra il 7 e l’8 novembre 1941! L’incursione aerea iniziò verso la mezzanotte e terminò alle cinque del mattino.
Furono cinque ore terrificanti in cui
“Una formazione di aerei inglesi bimotori Wellington della 104^ squadra della R.A.F. provenienti da Malta tentò invano di smantellare le fortificazioni del porto di Brindisi, da dove partivano i convogli navali diretti a Tripoli e a Bengasi.
Quella notte molti edifici della città furono rasi al suolo dai continui bombardamenti che causarono decine e decine di morti e centinaia di feriti, malgrado il fuggi-fuggi della popolazione nei ricoveri antiaerei, ricavati in diversi punti della città: uno sotto Piazza S. Teresa; un altro nei pressi della Questura, nello scantinato del palazzo Tarantini, poi Filodrammatica Goldoni e ora ristorante Il Cantinone (oggi Pizzeria Brunda); un altro negli scantinati dell’edificio scolastico Costanzo Ciano ora De Amicis in via S. Nicolicchio; e poi altri ancora ai piani interrati di grossi casamenti”.
Nonostante gli Alleati attraverso Radio Londra, informassero che si puntava ad obiettivi militari, invece del Castello Svevo sede del Comando Marina fu centrato un agglomerato di case in via Cittadella, distante un centinaio di metri dall’obiettivo militare. Lo stesso accadde con la stazione ferroviaria, al posto della quale venne abbattuto il palazzo della GIL (Gioventù Italiana del Littorio), sul cui suolo, tanti anni dopo, venne edificato l’Hotel Jolly.
“Destò tra l’altro vivissima emozione nella popolazione, la tristissima fine di una intera famiglia sepolta tra le macerie di un forno di via Sant’Antonio Abate, nei pressi di via Porta Lecce; fino ad un decennio fa, un sacello, nel vecchio centro del cimitero, ricordava queste vittime con due bombe in pietra poste ai margini.
Sempre in quella tragica notte furono colpiti da bombe e razzi incendiari la Chiesa dell’Annunziata, via Cortine, Via Santabarbara, via Lauro e i dintorni di S. Giovanni al Sepolcro, Largo Guglielmo da Brindisi e altre vie del quartiere Sant’Aloy”.
Proprio a causa di questa brutta esperienza circa l’80 per cento della popolazione si spostò in direzione dei paesi della provincia con ogni mezzo e, spesso, con i carri bestiame. Le scuole brindisine tornarono a popolarsi solo nell’aprile del ’42.
Brindisi. II Guerra Mondiale. Caseggiati abbattuti nelle incursioni aeree dell’8-11-1941
Brindisi, Corso Umberto. La Casa della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) colpita dai bombardamenti aerei della notte 7-8 novembre 1941 (angolo Corso Umberto – Via Indipendenza)
Brindisi. La Casa della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) colpita dai bombardamenti aerei della notte 7-8 novembre 1941 (lato Via Indipendenza)
Brindisi. II Guerra Mondiale. Fabbricato in via Cittadella colpito da incursione aerea. Sul fondo la Caserma d’Artiglieria
Brindisi. II Guerra Mondiale. Fabbricato in via Cittadella colpito da incursione aerea
Bibliografia:
Giuseppe Teodoro Andriani, Brindisi da capoluogo di provincia a Capitale del Regno del Sud. Grafica Aprile – Ostuni, dicembre 2000
Foto e didascalie appartengono alla Fototeca Briamo presso Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo”
Per me c’è una inesattezza. Ricordo benissimo quella sera e non poteva essere mezzanotte ma molto prima, perché allora avevo solo sei anni(25–12–35–) e pur essendo un vivace monello, solo d’estate potevo essere in giro solo e a quell’ora. Sdraiato regolarmente (come oggi so a pancia in giù) in un campo al limite del paese curioso osservavo le luci e il tuono delle bombe. Sono sincero non ebbi paura perché ignaro delle conseguenze
osservavo la scena come uno spettacolo pirotecnico. Oggi mi vergogno, ma fu così Saluti Emanuele Piccinno
“Una svolta molto importante per cementare la fiducia che aveva riposto nella mia persona si verificò in seguito al disastroso bombardamento del novembre 1941, quando tutti ebbero l’impressione che la guerra vera per noi cominciava allora. La città si spopolò, i paesi viciniori furono presi d’assalto e molti Ufficiali superiori, che avevano la casa e con loro le famiglie, cercarono anch’essi di mettere al sicuro le masserizie più importanti.
La tensione negli ambienti militari dopo il disastroso bombardamento era diventata viva, così che ad ogni minimo allarme sembrava dovesse verificarsi il finimondo. Altre scaramucce aeree si verificarono in seguito, anzi si può dire che tutte le sere, tra le undici e mezzanotte, non mancava un allarme, con tutto il trambusto immaginabile.
Per precauzione alcune sere io dormii in Difesa, dove vi erano buoni rifugi, al confronto di quelli della città assolutamente inadeguati. Una di quelle fatali sere fui trascinato non so come alle scuole Costanzo Ciano, dove era stato approntato un rifugio, che, ove mai fosse stato colpito, sarebbe stato la tomba di una moltitudine di malcapitati. Gli altri erano nelle stesse condizioni e tuttavia durante gli allarmi le persone si stipavano in modo da rimanere soffocate. Questo non accadeva in Difesa, sebbene molta gente estranea vi cercasse disperatamente ospitalità.
In quelle serate nessuno andava a letto prima di mezzanotte e nella mia camerata passavamo le ore di attesa giocando a stoppa e a sette e mezzo. Siccome molte sere mi intrattenevo a casa di Pedio, in Via XX Settembre per ascoltare Radio Londra, fui sorpreso una volta durante l’allarme. Pedio si caricò sulle spalle la figliola, io il maschietto (ora ingegnere idraulico presso l’Acquedotto Pugliese) e ansando, affannandoci, seguiti dalla moglie nella notte oscura piena di gridi e di strepiti di tutti i toni, raggiungemmo trafelati la Difesa. Il marmocchio ch’io avevo trasportato in mezzo a quel pandemonio non aveva interrotto il sonno, e continuò placidamente a dormire, estraneo a ciò che succedeva intorno a lui.
È inconcepibile il panico che prendeva tutti in quei terribili momenti, quando da un momento all’altro potevi trovarti coinvolto in un’immane carneficina. La paura, dicono, è un sentimento abbietto di viltà, ma è il sentimento più comune di fronte al pericolo imminente, tanto più di fronte ad un pericolo occulto e invisibile. Quello che io ho visto e anche provato mi fa pensare con profonda ammirazione al popolo inglese e al londinese in particolare, che, sottoposto così lungamente a bombardamenti aerei terrificanti e a piogge di missili V1 e V2, seppe superare impavidamente la terribile prova. Tenacia e costanza lo condussero alla vittoria e ahimè! alla perdita della sua prosperità e della sua potenza. Strano a dirsi, America e Inghilterra, che furono i veri autori della disfatta del nazifascismo, furono i popoli cui la pace mostrò un sogghigno crudele e atroce. Germania e Giappone, che furono praticamente distrutti, ebbero dalla pace il ruolo di antesignani di un progresso, ch’era follia sperare.
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Per tornare al disastroso bombardamento di quella notte fatale su Brindisi, devo dire che mi consta che il Comando della Piazza fu costretto trasferire d’urgenza in Sicilia alcune batterie contraeree e molte munizioni e che le postume critiche dei faciloni e degli imboscati non intaccano minimamente l’opera dei responsabili della difesa. Mi fu raccontato – e lo cito con sincero compiacimento – che l’Ammiraglio Spalice al segretario federale Romano, che gli chiedeva come mai si fossero verificate tutte quelle distruzioni, rispondesse seccato: Voi pensate a fare il federale che l’Ammiraglio lo faccio io – e gli voltò subito le spalle infischiandosi di lui” .
(Da MI RACCONTO LA MIA VITA – Tommaso Bellanova (1902 – 1979).
Grazie
Prego. Cordialità.