Professioni e mestieri a Lecce nel 1700

Sottoponiamo ai nostri lettori questo articolo di Nicola Vacca ritrovato sulla rivista storica Rinascenza Salentina (Anni 1933-1934): “Professioni e mestieri a Lecce nel 1700”, non solo e non tanto per la scoperta di mestieri e professioni che ormai non esistono più e che anche i più anziani non potranno ricordare in quanto nel 1933-34 erano già scomparsi, ma perchè invitano a riflettere sull’impatto travolgente che ha avuto la tecnologia a partire dal Novecento sulle nostre vite. Tanti lavori sono scomparsi, talvolta per essere sostituiti da macchine e qualche altra volta no, negati dall’aumentato benessere economico che ha reso più conveniente comprare un oggetto nuovo piuttosto che ripararlo.

In conclusione, dall’analisi dei dati fatta da Nicola Vacca esce un mirabile affresco del Settecento, crediamo valido per tutte le città del meridione d’Italia e quindi anche per Brindisi, della quale  è stato possibile reperire alcune foto tratte dalla Fototeca Briamo gentilmente concesseci dalla Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo”. E’ giusto evidenziare che presso questa storica biblioteca ci è stato possibile consultare la rivista della collana Rinascenza Salentina, cui appartengono anche i disegni che vi mostriamo della antica città di Lecce.

Lecce verso la fine del 1600. Con una prospettiva arbitraria, e pur così sintetica, si vedono a volo d’uccello tutti i principali monumenti di Lecce (Rin. Sal.)

La Cattedrale di Lecce con la torre campanaria del 1230, da Lecce Sacra (Rin. Sal.). Per saperne di più sulla Cattedrale di Lecce e la sua piazza vedi QUI

Lecce verso la fine del 1500 – S. Nicolò e Cataldo; la facciata è quella originale del 1180. Sulla guida di questa meravigliosa stampa potrebbe ricostruirsi la facciata (Rin. Sal.)

Lecce verso la fine del 1500 – S.M. della Porta, com’è noto, l’attuale chiesa è del 1854 ( Rin. Sal.)

Lecce verso la fine del 1500 – Lato est della pubblica piazza, Chiesa di S. Maria delle Grazie e Loggetta laterale – mercato del pesce – demolita verso la fine del 1700 (Rin. Sal.)

“Elaborando un mio studio di antica topografia leccese ho avuto occasione di notare nelle mie carte curiose notizie sulle professioni e sui mestieri che si esercitavano a Lecce nel 1700, e precisamente nel 1755, anno in cui fu espletato il Catasto Onciario o Numerazione dei fuochi della città di Lecce, che deve considerarsi non soltanto un’operazione a scopo fiscale, ma anche uno dei primi tentativi di un serio censimento della popolazione. Dal Catasto possono trarsi notizie interessanti sulla vita di quei tempi. I ponderosi volumi del Catasto Onciario – dai quali ho tratto queste notizie – si trovano in stato di perfetta conservazione nel nostro Archivio Provinciale.

Una prima nota su questo argomento la pubblicai sul Giornale d’Italia del 4 aprile 1931, ora vi aggiungo altre notizie.

Le professioni più diffuse nella città di Lecce erano quelle di dottor fisico, che equivale a medico; di cerusico (chirurgo) – adopero tanto per le professioni che per i mestieri la pittoresca terminologia del tempo – di R. notare, di procuratore ad lites (avvocato); di speziale di medicina, di scritturale, di studente di medicina e chirurgia. Qualche maestro di scrivere; qualche razionale (ragioniere), un organista, avvocato de’ poveri, studente di notare; professore di musica; maestro di voce o vocale, musico di violino; qualcuno che sta studiando di cembalo, un agrimensore; alcuni regi giudici a contratti; un procuratore fiscale della R. Udienza; un credenziere ed un sostituto de’ sali, ed un Pasquale Errico scrivano della R. Dogana al presente strumentale d’oboe. E poi : mastri d’atti, R. R. trombetta, algozini (erano funzionari della R. Udienza); un misuratore di sali del R. Fondaco della città; un capitano sopra guardia, un ufficiale di Percettoria; un fondachiere del R. Fondaco dei ferri. Alcuni pittori; uno scultore di tela (?), un Ignazio Scalone, statuario, che fa senz’altro pensare alla esistenza nei primi anni del ‘700 degli statuari in cartapesta e che conforta ancora di più un mio studio documentato sulle origini della cartapesta che pubblicherò prossimamente. C’era chi viveva da civile con le sue industrie; un Domenico Protopapa che viveva con quello che gratuitamente gli dava il sacerdote Liborio suo zio ; c’erano padri onusti (1) e figli di padri onusti. C’erano molti chierici beneficiati e chierici coniugati, molti preti, molti monaci e monache, monache bizzoghe, vergini in capillis (indicavano le adolescenti in età da marito e le donne ancora nubili, le quali potevano andare a capo scoperto, mentre le maritate dovevano portarlo in certo modo protetto ndr), parecchi patrizi, parecchi civili, parecchi senza professione, dei quali era data questa indicazione vive nobilmente de suo. I mestieri erano numerosi, molti dei quali non si praticano più e di alcuni non saprei – data la terminologia settecentesca di un dialetto leccese-napoletano-italianizzato in che consistessero. Per esempio, cosa faceva il propellaro? Fosse tutt’uno con il pellettiere? Cosa facevano i vertolari? Erano molti. Vertola, mi si dice, era la bisaccia. E’ rimasta tra noi la frase: otu le ertule e me ‘ndiau, per dire faccio fagotto e me ne vado. Il vertolaro sarebbe, dunque, portatore di bisacce o uastasi, o, italianamente, facchino? Che cosa faceva il fucellaro? e maestro fucellaro? Un tale lo trovo notato: volante (2). Essendo nel 1700 attivissimo nella nostra città il commercio dell’olio, vi erano numerosi trappeti, nonchè le pile dell’olio di San Martino — che dovevano essere una specie di magazzini generali — pile delle quali è rimasta notizia, nelle Cronache, di un terrificante incendio che in esse si sviluppò e che durò vari giorni con minaccia di diffusione per tutta la città. Vi erano, per questo commercio d’olio numerosi curatoli d’oglio (accudivano all’olio per chiarificarlo). Vi erano gli utrari e i discepoli di utrari. Con gli otri si trasportava, e in qualche paese della provincia si trasporta ancora, l’olio.
Vi erano ancora i fiscolari. E’ strano che non trovo notati nachiri e trappetari. Che cosa faceva il vaticale (3)? Pare fosse il trainante che trasportava l’olio ai porti di imbarco che per noi erano San Cataldo e Gallipoli.
Che cosa faceva l’uvattaro? Forse vendeva ovatta per imbottire vestiti. C’era un tale che era vetraro e suvattaro (4). Che cosa faceva il maestro squarcettaro? Uno lo trovo notato che faceva squarcette di scarpe (5). Cosa l’insegliaro? Forse il sellaio.
Che cosa il capestraro? Forse era tutt’uno col funaro. Ma con questa denominazione di funaro ne ho trovati molti. Vi erano alcuni copetari, vari calcaroli, molti cotemari (da còtume) che esercitavano il loro mestiere di figulini nell’isola delli piattari, nel portaggio di Rugge. Vi era un codemaro che per non aver capitania (bottega?) va a giornata.
Nel 1700, secolo dello sfarzo e dell’orpello, si richiedevano molti indoratori, argentieri, oropellari, (6) che nella nostra città erano molti. Difatti ne’ secoli XVII e XVIII – epoca della controriforma – tutte le chiese, tutti gli altari, tutti i tabernacoli, tutti i santi furono indorati, argentati…oropellati.
Vi erano: un venditore e professore (!) di biancheria, un maestro di lavorar stagni, alcuni guarnamentari, un infermiere del sagro ospidale. Pochi, come anche attualmente, gli zappatori, i contadini, gli uomini di campagna, i bracciali (braccianti) qualche giornadiere, molti giardinieri, un mondatore, alcuni foresi, macchiaroli, e massari. Molti falegnami, qualche mastro d’ascia (carpentiere), uno lavorava sotto le capande; qualche calzettaro, alcuni pizzillari (venditori di merletti) dei quali uno che si accredenza a diverse persone; uno aggiutante (aiutante) di beccamorti, qualche aggiutante di speziaria, un consignatario (teneva in consegna le merci); uno spenditore delle monache Cappuccinelle (faceva la spesa); alcuni brigliari (facevano briglie per i quadrupedi?) molti corrieri dei quali uno senza patente, parecchi chitarrari (erano fabbricanti di chitarre) e discepoli di chitarrari. Molti erano i bastasi che corrispondono ai uastasi di oggi e che trovansi al mercato (mestiere tipicamente leccese).
Nel 1700 si chiamavano anche portarobbe (sic) e così anche li trovo annotati nel Catasto.
Moltissimi erano i sartori, i barbieri, i perrucchieri, parecchi i giovani di fondaco, i torniatori, gli stampatori e i giovani di stampatore.
Vi erano i lignettari (7) e lavoranti di lignetti a giornata (facevano tacchi di legno). Vi era un maestro campanaro (fabbricava campane? ). Non ho mai saputo che a Lecce vi siano state in quel tempo fonderie di campane come a Gallipoli e a Martina. Nel Catasto vi è annotato qualche arrendatore (8) del regio arrendamento della polvere, del tabacco e del sale. Ho trovati due o tre marinari, e si può dire che erano molti per una città senza mare come Lecce. Poi vi erano molti che esercitavano il mestiere di ferraro, di beccaro, di segnettaro (da sanguetta), di zoccatore, di fabbricatore, di conciatore di pelli e di suole, di molinaro, di droghiere, di bollegaro lordo che fa il suo mestiere di boccolotto (vendeva il baccalà), pizzicarolo ; di scalpellino , di coltellaro, di orologiaro, di fusaro, di pettinaro, di merciaiuolo, di galessiere , di carrozziere, di vetturino, di fibiaro (faceva fibie), di farnararo o crivellaro, di maestro focolaro (termine italianizzato di furgularo) – dei quali ve n ‘erano parecchi – ed uno faceva anche il lucernaro che teneva bottega per uso degli artifìzi.
C’era un padrone di retini di galessi che possedeva varie pariglie di mule, tre galesse e traine in ordine.
C’erano i ceraiuoli, i lavoranti di candele di sevo, i bardari o vardari (bardavano i quadrupedi), i cursori (forse messi o uscieri); i venditori di vino, i banditori di vino, i venditori di frutti di mare, i ventaglieri (face­vano ventagli), serventi, legnaiuoli, mercatanti, e mercanti manuali, soldati venturieri, armieri, caldarari, gabellieri o gabellotti, soldati del sale, fanti di dogana (sarebbero le attuali guardie di finanza) cappellari, librari, lavoranti di fiori di falco (!) (facevano fiori artificiali?), maestri boffettari, e maestri di scrigni e boffette (si dice ancora dai vecchi : boffettino, per dire tavolino) repostieri (9) molettieri (fabbricavano pietre mole oppure erano addetti a governare le mule?) pezzettari {sarebbero gli ordierni pezzari o ciapezze?) marescalchi, ripezzatori d’abiti, un credenziere dei grani. Uno faceva il venditore d’amendole zuccarate. E’ stranissimo che abbia incontrato un solo sacrestano, eppure nella nostra città vi erano, nel 1700, ben 40 conventi e cento, e forse più, tra chiese e cappelle.
Poi vi erano ostieri, tavernari, cochi, un repostiere, al presente sorbattaro (10) (faceva sorbetti), molti comminanzieri (11) di molinaro, di beccaro, di fornaro, di vetturino; un cacciatore di giornata, ed un senza professione che di quando in quando va in caccia per mantenersi.
Vi erano inoltre tintori, saponari, camerieri, qualche tintore di capelli (la vanità di apparir giovane è di tutti i tempi), forcinari, che esercitavano il loro mestiere nell’attuale vico dietro la Bagliva, nelle adiacenze della pubblica piazza. I ferrati esercitavano il loro mestiere nell’isola delli ferrari che era nei pressi del Palazzo del Governatore, o Còcule, isola demolita nel 1900 per dar posto alla Banca d’Italia e alla Piazza di S. Chiara. I piattari, come ho detto, ce n’erano molti che esercitavano il loro mestiere nell’isola omonima che era circondata dall’attuale via Quinto Ennio. I conciatori stavano nella via degli scarpari, e precisamente ve n’erano alcuni rimpetto l’Arco del Milanese –isola SS. Giacomo e Filippo -.
Ma il mestiere più largamente esercitato in Lecce, era quello degli scarpari, anzi dei concia scarpe seu sola pianelli, che a preferenza avevano dimora nella via che è rimasta ancora denominata degli Scarpari – via Templari – che era un’arteria principalissima della Lecce settecentesca .
Non si conta poi il numero dei pezzenti: una moltitudine noiosa, petulante, di storpi, di orbi, di paralitici, di cenciosi impotenti, infestava le vie della vecchia Lecce. Alcuni pezzenti dormivano sotto le capande. Questi, in sintesi, i mestieri e le professioni che si esercitavano in Lecce nel 1700. Qualche glottologo-folclorista potrebbe spiegare l’etimologia oscura di alcuni e la loro funzione che io ho notata semplicemente in questi rapidi appunti.

Nicola Vacca

(1) Padre onusto era colui il quale aveva il privilegio della esenzione dei tributi o tasse che godevano nel Regno di Napoli nel 1700 i padri di famiglia che avevano 12 figli seco viventi
(2) Si dice ancora del popolo: li vulanti de li re magi per dire servitori, palafrenieri.
(3) Da vatica=salmeria, carriaggio; vaticale che guida le bestie che someggiano (D’Ambra – Vocabolario cit.)
(4) Suattaro da Soatto= sugatto, pelle fine (Idem)
(5) Vol. 99, p. 36
(6) Da Oropelle = rame in sottilissime lamine con la superficie di colore simile all’oro Orpello-Orpellaro (B. Puoti Vocabolario cit.)
(7) Lignettaro – il lignetto era il tacco di legno delle scarpe ( a Tommaso Volpicella, lignettaro, fu data la frusta per la città per bestemmie esecrande e fu poi condannato a 7 anni – vedi Cronache leccesi pubblicate in Appendice alla Rivista Storica Sal. P. 96)
(8) Arrendatore=Appaltatore per il più dell’esazione dei tributi (D’Ambra – Voc. Cit.)
(9) Secondo il D.AMBRA ( Voc. cit.) repostiero = credenziere. Il DI GIACOMO -Storia del Teatro S. Carlino (Palermo, Sandron) a pag. 22 parla di repostierl che vendevano caffè­ latte. Sarebbero caffettieri ?
(10) Confermerebbe l’affermazione del DI GIACOMO (V. nota prec.).
(11) Nei paesi dei dintorni di Lecce si dice ancora comminanziere, da comminanza = comunanza. Era un garzone che viveva in comminanza colle famiglie dei massari, molinari, ecc. Oltre al vitto e all’alloggio aveva anche qualche cosa di danaro.

Antichi mestieri nella Provincia di Brindisi, dei quali alcuni tuttora esistenti (foto e didascalie della Fototeca Briamo presso B.A.D.)

La carratizza per la raccolta dei rifiuti

Lo svuota-cessi

Venditori d’acqua

Il pianino per le strade

Venditore ambulante di cioccolatini 

Venditore ambulante di giornali

Fabbrica di botti Di Giulio

Raccolta delle olive

Vendemmia

Raccolta dei melloni

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