Dal libro di Angela Marinazzo dedicato al Museo Archeologico “F. Ribezzo” scopriamo che, nella sezione antiquaria del museo “sono esposti due capitelli figurati, datati ad età ellenistico-repubblicana. La documentazione archeologica relativa al loro rinvenimento, ci riporta al 1952, allorchè vennero effettuati i lavori per la costruzione del Palazzo degli Studi che avrebbe ospitato il museo. I capitelli, caratterizzati dall’elemento vegetale, nella fattispecie corone e foglie di acanto, affiancato da protomi umane, sono da attribuire con ogni probabilità, ad un tempio dedicato a Dioniso. Degna di rilievo in tal senso è una sorta di uniformità iconografica visibile attraverso la raffigurazione della protome femminile, dal capo cinto da pampini e grappoli d’uva e della protome maschile identificabile con un giovane satiro, elementi questi riconducibili al culto dionisiaco”.
Questo ci conferma quanto detto da Benita Sciarra in “Brindisi e il suo museo” a proposito di alcuni oggetti ritrovati durante la costruzione del palazzo del Museo, che scriveva: “Questi sono notevolmente importanti, a parte per il loro valore artistico, soprattutto per il contributo che possono offrire allo studio per la conoscenza della topografia di Brindisi antica. Di grande interesse sono i due capitelli che presentano alla base una serie di eleganti e robuste foglie di acanto, magistralmente lavorate, sulle quali si impostano quattro teste di divinità: due femminili e due maschili. Le femminili, plasticamente ben rese, recano alcune sulla fronte una corona di pampini e d’uva, altre eleganti diademi. Graziosa è la vivace testa di satiretto che contrasta con l’altra solenne e barbuta, ricoperta da alto polos.
Le divinità presenti in questi capitelli sono state riferite al culto di Dioniso-Semele e gli stessi capitelli dovevano appartenere ad un edificio probabilmente dedicato a tali divinità il cui culto è documentato anche in altre città dell’Italia Meridionale fin dal IV secolo a.C., come la ceramica vascolare e le numerose statuine fittili ci mostrano.
A questi capitelli, databili alla fine del I secolo a.C. si avvicina tipologicamente, anche se molto più tardo, quello della colonna terminale della via Appia, che si presenta adorno di 12 figure.
Quattro di queste rappresentano busti di divinità che, a mo’ di cariatidi con le braccia sollevate, sostengono l’abaco insieme ad otto tritoni disposti a coppia agli angoli del capitello. Brindisi, nota a tutto il mondo romano per il suo facile e sicuro porto, esaltava in questo capitello le divinità marine, tra cui il dio del mare Nettuno, facilmente riconoscibile nella possente figura dalla barba e chioma fluente.”
Primo capitello (al centro)
Secondo capitello (vicino al muro)