Le anfore commerciali prodotte a Brindisi tra II e I secolo a.C. trasportavano l’olio e il vino della regione per tutto il Mediterraneo. Nel II secolo a.C. erano già presenti a Giancola degli insediamenti romani con le fornaci per la produzione delle anfore.
A partire dal III secolo, fonti letterarie, iconografiche e archeologiche attestano un uso più generalizzato rispetto al passato delle botti per lo smercio del vino. A Brindisi, anche nei periodi di maggiore difficoltà, poichè le nostre principali coltivazioni erano gli olivi e le vigne, abbiamo continuato a fabbricare le botti per commercializzare il vino e l’olio, tanto da diventare dei veri esperti.
Il 14 luglio 1791, attesta la Cronaca dei Sindaci di R. Jurlaro p. 28, il notaio Carlo d’Ippolito raccolse in atto pubblico le attestazioni dei fratelli, maestri bottai brindisini, Sebastiano e Vincenzo Di Giulio sulla condizione di circa 200 botti acquistate a Napoli da don Giuseppe Balsamo “per uso dell’acquavite di esso signor Balsamo” e giunte a Brindisi “con un bastimento inglese”. I periti bottai Di Giulio dichiararono che “la bottame è stata malamente costruita in Napoli, e niente atta all’uso predetto di riporci detta acquavite senza pria farsi (..) un buon accomodo”. Ad aiutare nella riparazione il Maestro Francesco Massa “del Piano di Surrento” vi furono Nicola Di Giulio e Pasquale Vernalione, “mastri bottari” di Brindisi.
“La presenza a Brindisi dei maestri bottai Di Giulio è testimoniata in atti notarili almeno dalla fine del 1600 (..). Le prime botteghe dei Di Giulio erano situate in prossimità del porto, nel quartiere delle Sciabiche, dove era più facile sia l’approvvigionamento del legname che il trasporto delle botti finite all’imbarco sui bastimenti.
Alla fine dell’800 l’impianto della ferrovia convinse i figli di Giovanni Di Giulio – ultimo bottaio ad avere, con il fratello Cosimo, bottega alle Sciabiche – a trasferire l’attività nella via Circonvallazione per Lecce (ora via Bastioni Carlo V), nei pressi della Stazione Ferroviaria. La Casa fondata nel 1888, come recita l’intestazione delle fatture degli anni Trenta, nel censimento degli opifici ed imprese industriali del 1911 risulta infatti intestata ai fratelli Di Giulio, con 15 lavoranti.
Nel 1914 il maggiore dei fratelli, Giuseppe, per dissidi familiari emigrò in Argentina dove impiantò una sua bottega, mentre l’impresa brindisina assunse la nuova denominazione di Ditta Raffaele Di Giulio e fratelli. Risale al 1921 il trasferimento nei locali già sede dello stabilimento vinicolo di Gaston Giran, in via Appia. In quegli anni la produzione arrivò ad 80 botti al giorno, ed il numero degli operai impiegati salì a 150; le botti di rovere e castagno, i bordolesi, i barili, i tini da fermentazione trovavano mercato sia in Italia che all’estero, specie in Grecia e in Germania. A testimonianza dell’alta qualità della produzione stanno i numerosi riconoscimenti conferiti all’impresa – già premiata con medaglia d’oro alla Fiera Campionaria di Milano nel 1900 – in tutte le manifestazioni fieristiche cui fu invitata a partecipare.
La fabbrica, con momenti di crisi dovuti al calo di richiesta greca nei primi anni Trenta o alla difficoltà di approvvigionamento di materiali nel periodo bellico, continuò a produrre fino agli inizi degli anni ’60, quando l’avvento della plastica segnò il crollo definitivo delle ordinazioni. L’attività si chiuse nel 1971 e le strutture dello stabilimento furono abbattute nel 2006.” (Qui…dove la terra finisce e il mare comincia, Mostra documentaria AA.VV.)
Fototeca Briamo presso Biblioteca – Cortile della fabbrica di botti “Raffaele di Giulio e f.lli”, con il deposito del legname e gli operai al lavoro. Al centro della foto, con la giacca e il cappello, Raffaele Di Giulio, morto nel 1922)