Non è solo nella nostra città che, ormai non si vedono più le corti (versione contratta di cortili), nate nel medievo in ambienti poveri e rurali. In buona sostanza semplici piazzette scoperte, in mezzo a un gruppo di case povere, che servono a dare loro luce ed aria. Un tempo non molto lontano, che forse alcuni di noi hanno vissuto, in cui i mezzi di comunicazione erano inesistenti o limitati alla sola radio, e, alla fine della giornata, d’estate quando la calura surriscaldava le pareti delle case, la gente della corte tirava fuori le sedioline e si sedeva a conversare con i vicini godendosi il fresco della sera. Le corti, sopravvissute fino agli anni ’60, ma poi fortemente aggredite dal boom economico e da palazzinari in cerca di aree nel centro storico su cui costruire, adesso sono quasi del tutto scomparse.
E’ comprensibile quindi la nostra sorpresa nel constatare la sopravvivenza di una di esse, nel cuore della città vecchia, in via T. Rischinieri, unica apertura lungo la via S. Chiara.
Da poco è diventata il “bad & breakfast – Corte della Monaca” per accogliere i turisti nel rispetto dei luoghi.
Il nome disvela la confinante chiesa di S. Chiara e annesso monastero delle Clarisse, fatti costruire da mons. Bernardino de Figueroa, arcivescovo di Brindisi dal 1572 al 1586.
Pare che nel ‘500 ivi fosse un giardino a disposizione delle monache che lo tennero fino al 1619; il passaggio avveniva attraverso un’apertura nel muro, adesso chiusa, di cui si vedono ancora i segni. Sembra anche, che vi coltivassero un tipo particolare di uva non commestibile, usata per la tintura delle lane, a conferma delle diverse attività che fervevano nei conventi e monasteri: la cosiddetta “uva turca” nome scientifico “Phitolacca americana” detta anche uva da colore, cremesina, erba dell’inchiostro. Vegetale che abbiamo avuto la possibilità di fotografare, insieme al piccolo giardino e ad alcune stanze che un tempo erano le abitazioni della corte, che vi mostriamo e che ne fanno un luogo davvero caratteristico.