Le opere di restauro del Castello Alfonsino e di Forte a Mare ad esso collegato, sono costate 5 milioni di euro a valere sui fondi del PON Cultura e Sviluppo 2014-2020; la notizia ci viene data dallo stesso Segretariato Regionale MIBACT Puglia (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo). L’intervento della Soprintendenza, iniziato nella primavera 2018, si sarebbe dovuto concludere nel giugno 2019, ma il termine slitta a marzo 2020 per la pandemia e l’inaugurazione dell’importante monumento, magnifico e ricco di storia, avviene soltanto nel maggio di quest’anno.
Vi accompagneremo con le nostre foto attraverso le opere di restauro che hanno riguardato, tra le altre cose, il ripristino del “camminamento di ronda”, il recupero della Piazza d’armi e il consolidamento dei muri esterni e interni.
“Lode al Castello restaurato”
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Messo da Alfonso a difender la città
da assalti di turchi, pirati e avventurieri,
su un grosso scoglio al varco se ne stà
del porto a protezion di libertà,
il cor de’ brindisini talor freme
come quando a conquistarli viene,
il veneziano Lando e la sua flotta (*)
che inaspettato trova un castel che lotta,
difende la sua speme col cannone
contro invasore e battaglione,
riuscendo a mandar via entrambe
che se ne vanno con la coda tra le gambe,
amici brindisini abbiate fede
fa parte della nostra storia,
che prima noi si cade e poi si avvede
per far tornare l’antica vecchia gloria,
il restauro del Castello è il primo atto
da qui si parte l’inizio del riscatto,
nella bellezza diventiamo messaggeri
della città che amiamo restiam fieri.”
(*) Si fa riferimento ad un fatto realmente accaduto nel 1528: Pietro Lando, al comando di 16 galere venete, tenta di entrare nel porto di Brindisi – “dove essendogli impedita l’entrata dalla fortezza dell’Isola, che la guardava, tentò d’aprirsi la strada per forza, espugnando la fortezza per innalzarvi le bandiere di San Marco, e atterrire con questo la città, acciò se gli rendesse…L’artiglieria del Castello, tuttavia, reagì efficacemente tanto che le navi s’allontanarono con la maggior fretta possibile…” (Andrea Della Monaca, Memoria historica dell’antichissima città di Brindisi pp.624/5)
Di seguito le nostre foto:
Camminamenti di ronda prima del restauro
Camminamenti di ronda dopo il restauro
Le antiche fondamenta del muro lasciate a vista dalla Soprintendenza
Portale Filippo III e Forte a mare (Piazza d’armi)
Le nostre foto prima del restauro
Le nostre foto dopo il restauro
La vicenda de “Il Generoso” che attacca il Castello a mare
Era una fresca mattina di quel 9 aprile 1799 e già da qualche tempo le armate napoleoniche insidiavano l’Italia. Nel gennaio di quell’anno i francesi riuscirono ad entrare in Napoli, costringendo il re Ferdinando e la sua corte a imbarcarsi sul vascello comandato da Nelson per fuggire in Sicilia.
Il signor de Boccheciampe comandante provvisorio del Castello per le operazioni militari, si muoveva nervosamente tra le mura decidendo sul che fare nella strana situazione in cui si era venuto a trovare. Di fronte a lui, in mare aperto, stava una nave di smisurata grandezza battente bandiera russa, quindi una nazione alleata dei Borboni che rispondeva ai soliti saluti, eppure c’era qualcosa che non lo convinceva. Ad un tratto, sciolti gli indugi, la nave si dirige a vele spiegate verso l’entrata del porto e subito viene riconosciuta per il vascello francese “Il Generoso”.
A quel punto, per lui, la scelta si poneva tra una fuga indecorosa e la resistenza, tenendo però presente che, a difendere il castello erano rimasti in tre, lui, l’ufficiale di artiglieria Giustiniano Albani e il bravo artigliere Lafuenti. In pochi attimi gli passarono davanti agli occhi gli ultimi mesi trascorsi da quando era arrivato in Italia: lui, ufficiale anglo-corso, fuggito insieme ad altri sei colleghi dalla propria patria dopo le prime vittorie di Bonaparte per non soggiacere agli scempi e alle stragi cui erano sottoposti i realisti, si era trovato a vivere nel nostro Paese una storia che ha dell’incredibile ma è vera, in cui diventarono protagonisti della controrivoluzione del 1799 nel Salento.
Appena arrivati nel Regno di Napoli erano stati tutti incorporati nell’esercito borbonico. Si trovavano di guarnigione a Barletta mentre a Napoli i francesi proclamavano la Repubblica Napoletana. Costretti questi “nobili giovani” a fuggire dalla città di Barletta, cominciarono a cercare un’imbarcazione per andare a Palermo, ma ovunque trovavano città che aderivano alla Repubblica. Decisero quindi di recarsi a Brindisi dove sventolava ancora il vessillo reale, accompagnati dal massaro Buonafede Gerunda che avevano conosciuto al loro passaggio dal paese di Monteiasi. Il Gerunda, infatti, indotto dalla forte rassomiglianza di uno dei fuggitivi, tal Raimondo Corbara, con il principe ereditario Francesco, che aveva visto due anni prima nel corso di un viaggio nel Salento con i genitori, si era offerto di accompagnarli fino a Brindisi li aveva scambiati, nonostante loro cercassero di smentire, per il principe erediario e la sua corte in incognito. Qui arrivati, avevano già noleggiato una feluca che li doveva trasportare a Palermo quando si sparse la notizia; il popolo dei brindisini e delle vicine provincie si accalcò sotto la loro residenza. Il voluto principe, un tal Corbara, fu consigliato per il loro bene di sostenere la parte e così la plebe, convinta di trovarsi davanti ai reali “li trascina nel Duomo dove, al canto del Te Deum, viene avallata e perfezionata la grande impostura”. Due principesse francesi zie di Luigi XVI°, che si trovavano su un bastimento nel porto in attesa della partenza per Corfù, vollero incontrarli e segretamente si portarono lì ove fu chiarito l’equivoco. Intuendo quale apporto loro potessero dare alla causa regia le principesse li convinsero ad approfittare della favorevole occasione, assicurandoli del gradimento e dell’appoggio del sovrano che loro avrebbero provveduto ad informare. Dopo di ciò, il “principe da scena” Corbara ed altri si imbarcarono per Corfù, onde ottenere dalle potenze alleate, soccorsi e truppe. Infine rimasero in Brindisi solo due del suo seguito, il Boccheciampe e De Cesare come “Incaricati di Sua Maestà” per agire contro i nemici del trono e dell’altare. Ebbe così inizio la spedizione dei corsi che, seguiti da turbe fanatiche crudeli e avide di sangue e di bottino, realizzarono in breve tempo la regione salentina, culminando nell’osceno sacco di Martina, eroica cittadella repubblicana. Il Boccheciampe era al castello per riadattare le fortificazioni deteriorate quando una nave apparve all’orizzonte.
Adesso era lì a decidere se fuggire affrontando una vita da codardo o morire da eroe, scelse la seconda strada risoluto a vender cara la pelle.
Sia pur maneggiando un solo cannone, per tre ore riuscirono a difendersi facendo danni gravissimi al vascello; un gran numero di marinai e soldati persero la vita. Anche il primo comandante, colpito mortalmente morì dopo due ore e, il secondo, a cui una palla di cannone (detta ancelotto) aveva portato via le gambe, andò a morire dopo alcuni giorni in Ancona. Intanto il vascello, durante la manovra era andato a finire in una secca e non poteva più virare. Purtroppo, una palla di cannone colpì alla testa il bravo Lafuenti e rimasto solo l’ufficiale, si dovette sventolare la bandiera bianca della resa. Il Boccheciampe fu preso prigioniero e non si sa quale fu la sua sorte.
Anche la città fu costretta a negoziare la resa e verso mezzogiorno, circa mille uomini sbarcati dai velieri che seguivano Il Generoso, la occuparono. Quando il De Cesare, saputa la notizia, tentò con le sue orde di facinorosi di riprendersi la città fu respinto facilmente dai cannoni francesi e, riconosciuto inutile ogni tentativo di scacciare il nemico, retrocedè nella vicina Mesagne.
I francesi, intanto, assicurata la via di terra, misero in condizione di assicurare un valida difesa il Forte a mare e vi sbarcarono le munizioni e i viveri prima destinati per la piazza di Corfù.
Il 16 di aprile, otto giorni dopo la vicenda de Il Generoso, ordini perentori arrivati dal generale di Bari imposero la partenza dei francesi da Brindisi.
Il distacco fu talmente affrettato da non poter curare il trasporto delle tante provviste di farina, biscotti, vino, fagioli, ceci e carne salata che erano nel castello, accontentandosi di gettare in mare tutte le munizioni di guerra.
Bibliografia: N. Vacca, Brindisi ignorata pp. 146/51; R. Jurlaro, Cronaca dei sindaci di Brindisi (1787-1860) pp. 116/49; F. Ascoli, Storia di Brindisi pp. 376/78
Consolidamento muri esterni e interni
Prima del restauro
Dopo il restauro