Questa storia seppur triste merita di essere raccontata per molti motivi, innanzi tutto perchè vi sono coinvolte vite umane a ricordare, se ce ne fosse bisogno, gli orrori della guerra, ma anche per far capire a chi è più giovane quanto la tecnologia ha potuto cambiare le nostre vite nell’arco di poco più che un secolo.
Durante la Prima Guerra Mondiale, la comunicazione radio non era ancora perfezionata e diffusa; i collegamenti erano incerti e bastava un ostacolo naturale o una perturbazione atmosferica per impedirne il collegamento. Francesi e tedeschi all’inizio delle ostilità si erano attrezzati con i “cani da guerra”, eccellenti portatori di messaggi, addestrati a superare ostacoli e insidie per raggiungere la meta stabilita con il messaggio ricevuto. Altri Stati tra cui l’Italia, per il medesimo scopo utilizzarono il piccione viaggiatore. A Brindisi venivano allevati nella caserma Manthonè, ex Convento dei padri Teresiani, di fianco alla chiesa di S. Teresa, oggi Archivio di Stato. Questo forse spiega anche la nutrita presenza di piccioni sulla piazza.
Venivano forniti ai reparti dalle colombaie militari e trasportati in cestini. I risultati ottenuti per mezzo di “colombogrammi” furono ottimi; essi permettevano di tenere costantemente informati i comandi sulle varie operazioni militari in corso, così il piccione viaggiatore divenne un sicuro agente di collegamento.
Scopertane l’efficacia vennero impiegati un po’ dappertutto; e perfino i carri d’assalto ebbero in dotazione questi messaggeri alati con un leggerissimo tubo di alluminio attaccato alla zampa, in cui veniva introdotto il messaggio.
L’esercito italiano provvide così ad istituire speciali reparti “colombofili” e “piccionaie militari” che si rivelarono molto utili allo scopo.
A Brindisi la maggior parte delle unità navali ne era dotata.
Anche il comandante del sommergibile W 4, Alessandro Giaccone, nell’aprile del 1917, prima di partire per la sua ultima missione aveva imbarcato una coppia di piccioni viaggiatori. Ma il sommergibile non fece più ritorno e vana fu ogni ricerca. Un giorno tornò alla colombaia della Caserma Manthonè un piccione che aveva perduto le penne della coda, purtroppo, senza nessun messaggio degli scomparsi.
L’equipaggio del Sommergibile W 4, comandato dal ten. di vascello Alessandro Giaccone, era composto da 22 uomini; il mare non rese nè una salma nè un rottame, unico superstite fu il piccione viaggiatore.
Di seguito i nomi e le qualifiche degli scomparsi:
Alessandro Giaccone Tenente di vascello (comandante)
Michelangelo Melchiorri Tenente di vascello
Umberto Opiperi Tenente di vascello
Giuseppe Moliterni Capo mecc. 2^ classe
Ferdinando Faruss 2° capo Torp. E.
Santo Orticello 2° capo Torp. S.
Arduino Perillo 2° capo R.T.
Giovanni De Leonardis 2° capo Meccanico
Salvatore Marinucci Sottonocchiere
Francesco Esposito S. C. Meccanico
Gennaro Azzolini S. C. Meccanico
Francesco Marazzi S. C. Meccanico
Michele Di Meglio Marinaio scelto
Vincenzo Pepe Marinaio scelto
Sebastiano Romeo Marinaio scelto
Sebastiano Zappulla Marinaio scelto
Angelo Bertolini Torp. E.
Andrea Glena Torp. E.
Filippo Cassieri Torp. S.
Ugo Della Libera Torp. S.
Antonio Erba Fuoch. A.
Antonio Del Rio Fuoch. A.
Per la cronaca, l’immagine riporta un sommergibile nel porto di Brindisi e la stazione sottomarini è stata impiantata a Brindisi nel periodo precedente la II Guerra Mondiale
Abstract – dal libro di G. Teodoro Andriani, La base navale di Brindisi