Quando nell’aprile del 1919 la stampa pubblicò l’elenco delle città alle quali era stata conferita la croce di guerra, i brindisini scoprirono con stupore, che la città di Brindisi non era stata compresa, nonostante i danni, i disagi e le perdite di vite umane.
Un giornale italiano scrisse: “.. La parte presa e il contributo portato da Brindisi alla grande guerra vittoriosa, si riassumono in queste cifre: 207 azioni navali ed aeree nel porto e nel cielo di Brindisi; 30 incursioni aeree nemiche sulla città; 14 apparrecchi nemiciabbattuti; 660 bombe nemiche sulla città; 227 unità navali italiane da guerra concentrate contemporaneamente nel porto insieme a quattro esploratori inglesi; 12 cacciatorpedinieri francesi ; 10 sommergibili francesi e 213 idrovolanti; 584 crociere; 202 viaggi; il salvataggio dell’esercito serbo..”.
Il Regio Commissario De Maselly, che reggeva l’amministrazione comunale, inviò al Re una ferma delibera della Giunta, con cui si chiedeva di riesaminare i titoli per il conferimento della croce.
Dopo l’accoglimento della richiesta, insignita la città della Croce di Guerra, il Consiglio Comunale presieduto dal Sindaco Giannelli deliberò per acclamazione, che la Croce fosse aggiunta allo stemma della città.
Quando la città venne insignita della Croce di Guerra, la sezione circ.le di Brindisi dell’Associazione Nazionale Combattenti volle consegnare alla storia il ricordo perenne delle sue motivazioni, per cui si fece promotrice dell’iniziativa di far murare la targa in bronzo su sfondo marmoreo, creata dallo scultore brindisino Edgardo Simone, sul muro tra Capitaneria e Dogana.
Questo è il testo della motivazione espressa nella targa:
“Alla gloriosa Città di Brindisi, la cui generosa popolazione nonostante le replicate offese dal mare e dal cielo, le numerose vittime della ferocia nemica e le privazioni indicibili causate dalla sospensione di ogni traffico, mai piegò l’animo, conferisco la Croce al merito di guerra. All’ammirazione degli italiani addito la città decorata per la magnifica prova di coraggio e di fede che ha dato durante la lunga ed aspra guerra, e perché, con la sua fierezza, efficacemente contribuì al raggiungimento della vittoria finale.
19 ottobre 1919
Il capo di stato Maggiore della Marina Italiana
Thaon di Revel“
Il porto e la città di Brindisi furono protagonisti di un altro grande avvenimento accaduto nell’inverno 1915 – 1916: il salvataggio dell’esercito serbo, d’altronde citato nelle motivazioni per la richiesta di concessione della Croce di Guerra.
Nel novembre 1915 le forze austro – tedesche, insieme a quelle bulgare, sferrarono un massiccio assalto contro la Serbia con l’intenzione di invaderla e porre così fine alla guerra almeno in quello scacchiere. L’esercito serbo, guidato dal principe Alessandro, erede al trono, dopo un’accanita resistenza, vistosi circondato, cercò scampo verso l’unica via rimasta ancora libera: la vicina Albania, le cui coste erano validamente presidiate dalla nostra Marina militare.” (..) La marcia di trasferimento però fu molto difficile, tra territori ostili e con pochi viveri, i militari superstiti che riuscirono a raggiungere Durazzo furono in totale 140.000 e ben 300.000 furono i morti. Il governo italiano, appena si rese conto della gravità della situazione, si prodigò di assistere nel miglior modo possibile quella massa enorme di militari e civili, che avevano bisogno di tutto.
Si iniziò così l’imbarco di quello che era stato il popolo serbo; poiché sia a San Giovanni che a Durazzo mancavano banchine, pontili, scialuppe da traghetto si dovettero trasbordare dai pontili improvvisati ai barconi, dai barconi alle navi, decine e decine di migliaia di persone: donne, bambini, vecchi, ammalati, alte personalità serbe, membri delle rappresentanze diplomatiche, soldati. I nostri marinai si prodigarono con grande abnegazione per alleviare nel miglior modo possibile le sofferenze di tanta gente.
Per il trasbordo ci fu un grande dispiegamento di forze navali italiane ma anche inglesi e francesi, e, nonostante ciò gli austriaci riuscirono a disseminare il canale di torpedini galleggianti che causarono la perdita di alcune nostre navi mercantili e militari come la nave Umberto, il cacciatorpediniere Intrepido, l’incrociatore Città di Palermo, i piroscafi Paladino, Iniziativa, Gallinara, Brindisi, e, infine,anche la nave ospedale Marechiaro. I francesi perdettero la nave mercantile Jean Barth.
A ricordo del salvataggio dell’esercito serbo, a Brindisi, il 10 febbraio 1924 fu murata sulla facciata dell’edificio che ospita la Capitaneria di Porto, di fronte al mare, una grande epigrafe scolpita nel marmo in cui si legge:
“Dal Dicembre MCMXV al febbraio MCMXVI le navi d’Italia con cinquecentoottantaquattro crociere protessero l’esito dell’esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindici mila dei centottantacinque mila profughi che dalla opposta sponda tendevano la mano.”