Europa sostenuta da Africa e America
Quando l’arte affronta i retaggi della schiavitù, del potere coloniale e la crisi climatica
All’ingresso del Victoria & Albert Museum, proprio davanti alle Tre Grazie di Canova, troneggia maestosa e bellissima questa scultura di Sokari Douglas Camp, artista e scultrice nigeriano-britannica, formatasi alla Central Saint Martins College of Art and Design e alla Chelsea College of Art and Design, entrambe a Londra. Nata proprio negli anni in cui veniva scoperto il petrolio nello stato di Rivers in Nigeria, con effetti devastanti per il delta del Niger, nel suo lavoro fa riferimento costante all’impatto ambientale e umano dell’estrazione di combustibili fossili, un colonialismo economico perpetuato dalle compagnie petrolifere multinazionali, ma anche acuito dalla cattiva gestione del governo nigeriano.
Europa sostenuta da Africa e America, di Sokari Douglas Camp, 2015
Foto Brundarte
Si tratta certamente di una delle più importanti scultrici del panorama odierno inglese: ha esposto le sue opere in mostre personali e collettive in tutto il mondo, tra cui al Museo Nazionale di Arte Moderna di Lagos, Nigeria, alla Whitechapel Gallery di Londra e al National Museum of African Art del Smithsonian Institution negli Stati Uniti
La sua arte spesso esplora temi legati alla cultura e alla storia africana, utilizzando materiali tradizionali come il legno, il ferro e la ceramica, ma ama particolarmente i materiali riciclati. Lei stessa descrive il suo lavoro come “saldatura, taglio e piegatura di lamiere d’acciaio e barili di petrolio riciclati per dargli nuova forma”. Prendendo ispirazione dalla sua eredità Kalabari e dalla storia dell’arte europea, crea opere che affrontano questioni socio-politiche e mettono in luce la storia della diaspora africana. Il gruppo scultoreo in mostra alla V&A affronta i retaggi della schiavitù, questioni di potere e di genere e la crisi climatica.
L’opera del 2015 si intitola “Europa sostenuta da Africa e America” ed è stata ispirata da un’incisione abolizionista di William Blake con lo stesso titolo, in cui le tre figure allegoriche rappresentanti questi continenti si abbracciano. La composizione ricorda le rappresentazioni delle Tre Grazie: Eufrosina (allegria), Aglaea (eleganza) e Talia (giovinezza e bellezza), figlie del dio greco Zeus. La loro espressione più famosa in scultura è il gruppo marmoreo neoclassico di Antonio Canova, esposto proprio in questo museo.
Le Tre Grazie, scultura di Antonio Canova, 1814 – 17, Italia
Foto Brundarte
Nella stampa abolizionista di Blake del 1796, le figure sono nude con solo modesti ornamenti: Europa indossa una collana di perle e le sue compagne dei braccialetti. Sebbene Blake avesse intenzione di presentare le figure come uguali, i braccialetti di Africa e America simboleggiano schiavitù, enfatizzando la loro sottomissione. Europa si copre con i suoi lunghi capelli sciolti, mentre Africa e America si affidano alla ghirlanda – probabilmente fatta di foglie di tabacco – per coprire la loro nudità.
Nella versione di Douglas Camp, le grazie di Blake sono trasfigurate: sono vestite, unite, uguali nella statura, negli ornamenti e nell’abbigliamento. I tessuti giocano un ruolo importante, esprimendo l’identità e il patrimonio culturale. Le figure sono “africanizzate” con costumi e foulard nigeriani alla moda, ispirati ad una fotografia di famiglia della scultrice scattata ad un matrimonio in Nigeria (questa immagine è stata ripresa dal video youtube che segue).
Le figure così vestite denotano lo stile materiale di ciascun continente: Europa indossa un motivo simile a quello di Mondrian, Africa un tessuto proprio dell’Africa occidentale, ma l’artista veste l’America con un tessuto paisley, i cui motivi sono di origine persiana e indiana, ma il cui nome deriva dalla città scozzese e dal centro di produzione di quel tessuto. Ci ricorda in questo modo che il tessuto porta dentro di sé narrazioni intrecciate di commercio, spesso complicate dalla geopolitica.
Le tre figure sono in piedi su una fertile collina con erba e fiori contro uno sfondo montuoso, ma la ghirlanda che tengono finisce terribilmente con gli ugelli di una pompa di benzina, sottolineando così la nostra responsabilità condivisa di prenderci cura dell’ambiente.
Qui Sokari Douglas Camp al lavoro nel suo studio cui racconta di più della sua opera
Qui il nostro articolo sul V&A MUSEUM
FONTE
Europe Supported by Africa and America by Sokari Douglas Camp – V&A MUSEUM