Nel tratto di litorale tra Punta Penne e Punta del Serrone incontriamo la Torre costiera, testimone silenziosa della paura che gli assalti pirati hanno da sempre provocato negli abitanti delle nostre zone. Anche la Torre di Punta Penne come la maggior parte delle torri in Puglia e in tutto il Regno di Napoli risale al XVI e XVII secolo. La potenza ottomana costituiva un reale pericolo per l’Occidente e l’uso di torri di segnalazione per evitare attacchi a sorpresa provenienti dal mare divenne necessario. Però solo fra il 1560 ne il 1563, col governo del vicerè don Parafan de Ribera fu varato un piano efficace di difesa del regno che prevedeva una catena ininterrotta di torri di avvistamento lungo le coste che potessero segnalare con il fumo di giorno e col fuoco di notte, gli sbarchi nemici.
La Torre di Punta Penne preesisteva all’ordinanza vicereale e, pertanto, se ne dispose la ristrutturazione che vide impegnato dal 1568 il maestro brindisino Giovanni Parise.
Ogni torre doveva contenere pochissimi uomini armati in quanto avente funzione di avvistamento e non di difesa, e l’interno misurare non più di m. 5 x 5. Le torri tipo del periodo vicereale erano di forma tronco-piramidale con forma scarpata e caditoie a coronamento.
La Torre di Punta Penne fino ad oggi ha resistito alle ingiurie del tempo, ma non versa in buone condizioni per cui è in attesa di un urgente restauro.
In quello stesso tratto di litorale nasceva pochi anni fa l’Area di interesse storico naturalistico voluta dall’Amministrazione Comunale, che comprende anche la Batteria Menga, costruita agli inizi del secolo scorso sempre con scopi di difesa, ed alcune casematte a Punta del Serrone.
Proprio nello specchio d’acqua compreso tra Punta del Serrone e la Secca di Sant’Andrea, a circa 400 m. dalla riva e una profondità di 16 m., il 19 luglio 1992 durante una immersione subacquea, fu ritrovato il piede di una statua in bronzo che diede l’avvio alle ricerche di quella che sarebbe diventata la “scoperta dell’anno”. Dal 2005, dopo anni di ricerche e di restauri, quelli che ormai erano conosciuti universalmente come i Bronzi di Punta del Serrone, furono esposti su un intero piano del Museo Ribezzo di Brindisi, di cui costituiscono ancora una delle attrazioni più importanti.
Nella Sala intestata a B. Sciarra, all’ultimo piano del Museo Ribezzo di Brindisi, “L’Archeologia subacquea e i Bronzi di Punta del Serrone”
I Bronzi rinvenuti sul fondale di Punta del Serrone formano un insieme significativo di reperti bronzei.
Sebbene siano stati recuperati circa settecento manufatti, solo poco più di duecento sono identificabili. Gli altri sono frammenti o pezzi informi.
La maggior parte sono sculture, con due statue in gran parte conservate e numerose altre documentate da frammenti. Queste sculture, risalenti a un periodo compreso tra il IV secolo a.C. e il II secolo d.C., rappresentano sia divinità e personificazioni ideali che personaggi iconici del mondo antico, inclusi intellettuali, politici e membri di famiglie prestigiose. La qualità stilistica e formale delle statue è considerata di alto livello in quanto riproducono personaggi che ricoprivano nel mondo antico un posto di elevato rilievo.
Volto di filosofo
La testa rappresenta un uomo maturo il cui volto e la lavorazione particolare di barba e capelli fa pensare ad alcune immagini di intellettuali del III sec. a.C. in particolare al Kolotes di Tirana.
Frammento di una testa maschile
Testa di filosofo
La testa rappresenta un uomo in età avanzata che, secondo Paolo Moreno (*), raffigura Antistene, discepolo di Socrate che, nel 399 a.C. alla morte del maestro fonda la setta dei cinici. La statua sarebbe stata realizzata nel IV sec.a.C. dall’ateniese Silanion
Statua del cd Principe ellenistico
La statua è costituita da due frammenti: la testa e il busto col braccio destro. Il volto incorniciato da chioma a ciocche morbide e una leggera barba delinea in uno col modellato del torso, il carattere di un uomo altero ed energico creato in età ellenista. Un segno all’altezza del bacino è chiaro indizio di un panneggio che un tempo lo cingeva. Greci e Romani che avevano ruoli di prestigio si facevano rappresentare in tali pose. La scultura costituisce l’attestazione più antica finora ritrovata di tale genere statuario, utilizzato da esponenti di spicco del mondo politico-militare. Nello specifico Paolo Moreno (*) riconosce Lucio E. Paolo, il console romano che nel 168 a.C. trionfò sulla Macedonia. Sulla spalla destra sono incise le lettere kappa ed epsilon, probabilmente a scopo di inventario.
Piede di statua femminile colossale
Nel 1972 nelle acque di Punta del Serrone viene ritrovato casualmente da subacquei dilettanti un piede sinistro di bronzo colossale. Dall’analisi diagnostica del reperto si è dedotta l’altezza di una statua femminile di quattro metri. Per analogia si riconoscono le stesse fattezze nella dea Demetra o forse Atena, copia romana di un capolavoro attico in bronzo del II sec. d.C. (Agoracrito?).
Mano pertinente ad una statua femminile colossale
Statua di Giovane – Polydeukion
La statua raffigura Polydeukion, discepolo prediletto di Erode Attico, ateniese, uno degli uomini più ricchi del suo tempo; esponente della classe dirigente vicina agli imperatori Adriano e Antonino Pio, maestro di L. Vero e M. Aurelio. La prematura morte del giovane, avvenuta a soli 15 anni, gettò nello sconforto Erode Attico. La statua bronzea ritrovata nel nostro mare si differenzia da tutte le altre, circa una ventina e tutte in marmo, provenienti dalla Grecia. Qui il giovane è raffigurato con indosso la tunica e avvolto nel mantello; quindi con l’abbigliamento tipico dei greci che svolgevano attività intellettuale.
Frammento di una testa maschile
Testa e braccio di statua di bambina (Faustina?)
Il viso della bambina è rotondo e pieno, il naso delicato, la bocca piccola e carnosa; la pettinatura è del tipo a melone, con una crocchia rotonda puntata in alto nella parte posteriore. Intorno al polso del braccio destro, un bracciale a forma di serpente.Le dimensioni dei reperti consentono di ricostruire una statua alta 1,17 m., è lecito supporre, quindi, che la bambina avesse sette o otto anni. Si segnalano due statue di bambine provenienti dalla fontana fatta costruire da Erode Attico e Regilla, nel santuario di Olimpia. Nelle due fanciulle si identificano Lucilla e Domitia Faustina, figlie di Marco Aurelio e Faustina Minore.
Ritratto femminile dell’età degli Antonini
Le dimensioni della testa consentono la ricostruzione di una statua alta 1,90 m. Il tipo di acconciatura, con i capelli divisi al centro e pettinati in morbide onde, fu introdotto a Roma (160 d.C.) da Faustina Minore, figlia di Antonino Pio
Ritratto di Tiberio
Troviamo qui la testa ritratto di Tiberio, illustre generale che, succedendo ad Augusto, regnò dal 14 al 37 d.C. Immagini analoghe pervengono da un complesso di testimonianze archeologiche create in occasione dei principali eventi che scandirono la sua vita pubblica. E’ verosimile che la testa di Tiberio fosse incastrata nello scollo di una statua loricata.
Coppia di ali frammentarie
Nel frammento di maggiori dimensioni qui riprodotto, si riconosce la parte superiore dell’ala destra. Dell’ala sinistra si conserva un piccolo frammento. Le due ali appartenevano ad una statua alta circa due metri raffigurante la dea che porta la vittoria (Nike) in guerre e competizioni.
Panneggio di statua
(*) Archeologo e storico dell’arte antica italiano, Udine 1934 – Roma 2021
Abstract: AA.VV., Dal Mare…verso il mare (al suo interno il saggio di M. Marinazzo – Le torri nella documentazione cartografica tra XVI e XX sec.)
AA.VV. a cura di A. Marinazzo, I Bronzi di Punta del Serrone (al suo interno il saggio di K. Mannino – Inquadramento storico artistico)