20 cose da vedere a Brindisi. La Foto-Guida di Brundarte

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Brevi cenni storici
Situata su un promontorio che si protende verso il mare, deve la sua importanza al porto, considerato fin dall’antichità il più sicuro dell’Adriatico. Originariamente città messapica, divenne colonia romana e poi municipio nel 247 a.C. Come tale partecipò a eventi significativi della storia romana, inclusa la seconda guerra punica e le lotte civili tra Cesare e Pompeo. Nel 40 a.C., Ottaviano e Antonio firmarono qui il Foedus Brundusinum. Durante questo periodo, Brindisi prosperò culturalmente grazie anche alla presenza di Cicerone che nel suo esilio qui dimorò presso il brindisino Lenio Flacco.
La città vantava numerosi edifici pubblici e privati, di cui oggi restano poche tracce, tra le quali più significative sono le due Colonne definite terminali della Via Appia. Purtroppo, dopo un terremoto, solo una colonna rimase in piedi, mentre l’altra fu trasferita a Lecce nel XVII secolo, con lo scopo di erigere una colonna a S. Oronzo che, secondo la credenza popolare, aveva salvato il Salento dalla peste. Le sculture sul capitello superstite, raffiguranti divinità marine, riflettono l’importanza della vita marinara di Brindisi. Le vie Appia e Traiana favorirono le comunicazioni con Roma, incrementando la prosperità della città.


Dopo la caduta dell’impero d’Occidente, Brindisi subì le incursioni dei Saraceni, e, la distruzione della città ad opera dei longobardi di Romualdo duca di Benevento, nel 674.

Sarà il protospatario Lupo a tentare una prima ricostruzione della città nell’886, così come è ricordato dall’epigrafe incisa alla base della colonna superstite nel porto.

Tuttavia nel X secolo, con la nascita di centri benedettini, la città iniziò a riprendersi, sino alla rinascita completa avvenuta con Normanni e Svevi. Furono costruiti: la Cattedrale, il Castello di Federico II, il Chiostro e la chiesa di San Benedetto dal bel portale scultoreo, la chiesa di Cristo dalla facciata romanica, la interessante chiesa di S. Lucia, la chiesa di S. Giovanni al Sepolcro – unico esempio nell’Italia meridionale di costruzione romanica a pianta centrale con protiro, la chiesa gotica di San Paolo, la chiesa di S. Maria del Casale dichiarato monumento nazionale. Vestigia che rappresentano i migliori testimoni del mondo di una volta.
Sotto il dominio degli Angioini e degli Aragonesi, Brindisi ricevette un piano urbanistico organico che trasformò il suo aspetto. Tuttavia, il dominio veneziano e spagnolo, insieme a terremoti ed epidemie, portarono la città a un declino economico tra il XVI e il XVIII secolo. Solo la riapertura del canale tra il porto interno ed esterno, ostruito la prima volta da Cesare durante la guerra civile per impedire la fuga di Pompeo e una seconda, nel secolo XV, dal principe Orsini del Balzo per impedire l’accesso ai veneziani, migliorò la situazione. Nel XVIII secolo, sotto il regno di Ferdinando IV, i lavori di riapertura furono eseguiti e descritti dall’ingegnere Andrea Pigonati.

Panorama del porto visto dal Monumento al Marinaio


L’inaugurazione della stazione ferroviaria nel 1865 e nuove vie di comunicazione marittima favorirono il commercio, migliorando le condizioni della città e stimolando un fervore edilizio, nonostante tutto si svolgesse ancora all’interno delle mura angioine. Intorno al 1950, Brindisi iniziò a espandersi in periferia e divenne sede di numerosi complessi industriali, trasformando significativamente il suo volto.

 1 – Lungomare tratto ovest e Castello Svevo 

Il seno di Ponente del porto interno è dominato dalla grande mole del Castello di Terra che si sa completamente rifinito nel 1233. La struttura fu utilizzata dal 1814 al 1908 quale bagno penale. Dal 1908, dismesso dal Ministero di Grazia e Giustizia, il castello è stato acquisito dalla Marina Militare. Durante il primo conflitto mondiale Brindisi costituì per l’Italia una base navale importantissima. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre 1943, il re Vittorio Emanuele sbarcò a Brindisi che divenne Capitale d’Italia. Nel castello vennero attivate le principali funzioni di comando.
Di fronte ha la Lega Navale, che offre i suoi ormeggi ai proprietari di barche e il Villaggio Pescatori. Separato da un cancello che lo divide dal Castello, è l’antico quartiere delle Sciabiche che ospitava la maggior parte del popolo brindisino, composto quasi esclusivamente da pescatori e ormai ridotto a poche case.
Proseguendo verso levante si incontrano le scalinate che conducono a Piazza S. Teresa; su una delle quali è la Fontana detta dell’Impero, costruita nel 1939 a cura dell’Amministrazione Provinciale.
A sinistra, su via Camassa e corte Capozziello, ”massi isodomi” (grandi pietre collocate con tecnica già usata dai Greci in età ellenistica), probabili resti del sistema difensivo di origine messapico-romana.
Più avanti è il Palazzo Montenegro, sorto nel XVII secolo. Ha facciata molto elegante con portale racchiuso tra colonne che sorreggono la mensola su cui s’imposta la loggia.
Nell’interno, sul muro dello scalone d’accesso è murata un’iscrizione rinvenuta nel giardino dello stesso palazzo, dedicata all’imperatore Traiano, resosi benemerito per aver restaurato la via che da Benevento raggiungeva Brindisi detta appunto Appia-Traiana. Di fronte al Palazzo l’attracco dei traghetti che collegano la città al quartiere Casale (distante 2 km circa), e, al Monumento al Marinaio.

Il Castello Svevo visto da via A. Vespucci (quartiere Casale)

Castello Svevo

Il Castello Svevo visto dalla Lega Navale (quart. Casale)

Il cancello dell’Arsenale Militare Marittimo

 

Tratto superstite della banchina delle vecchie Sciabiche

Fontana dell’Impero

Tratto di banchina con vista sul Monumento al Marinaio

Via Camassa e corte Capozziello, con i probabili resti del sistema difensivo di origine messapico-romana

Palazzo Montenegro

 

Iscrizione  dedicata all’imperatore Traiano, resosi benemerito per aver restaurato la via che da Benevento raggiungeva Brindisi detta appunto Appia-Traiana

Attracco dei traghetti che collegano la città al rione Casale e al Monumento al Marinaio

2 – Lungomare tratto est e Colonne Romane
Dopo la via S. Chiara, che fiancheggia il palazzo Montenegro e prende il nome dalla omonima chiesa con annesso monastero delle Clarisse,  ormai scomparsi; una sequenza di antiche strutture e monumenti si presenta ai nostri occhi:

– Palazzo INA che contiene al suo interno le antiche vestigia dell’antica chiesa di S. Giovanni dei Greci;
– Casa del Turista: è un sito significativo, con tracce di vari periodi storici, dall’età romana all’età moderna. Gli scavi iniziati nel 1999 hanno rivelato strutture murarie e resti risalenti al XIV secolo, collegati alla chiesa di San Giovanni dei Greci. Le successive indagini hanno portato alla luce reperti medievali e romani, tra cui sepolcreti, murature, frammenti ceramici, e monete di bronzo, associati anche a un impianto termale imperiale scoperto nel 1985. La struttura attuale, su tre piani, mostra varie modifiche nel tempo, con archi murati e un arco d’accesso decorato con una croce patente, legata forse ai Templari.
– Hotel Internazionale: già Albergo delle Indie Orientali, la cui costruzione si rese necessaria al tempo in cui Brindisi fu scalo della Valigia delle Indie.
– Scalinata Virgiliana e Colonne Romane: Piazza e via Colonne prendono il nome dalle colonne dette terminali della via Appia, la cui funzione e datazione sono ancora dibattute, ma si pensa risalgano alla metà del I secolo a.C., in base al tipo di capitello. Nel XVI secolo, un terremoto abbatté una delle colonne, di cui rimane solo un rocchio sul grande basamento marmoreo. Gli altri pezzi, insieme al capitello, furono portati a Lecce per costruire la colonna di S. Oronzo, in segno di gratitudine al santo per aver salvato il Salento da una grave epidemia di peste. La colonna superstite è alta 19 metri, con un capitello ornato di foglie d’acanto nella parte inferiore e figure di divinità in quella superiore. Per proteggerlo dagli agenti atmosferici, il capitello originale è stato trasferito a Palazzo Nervegna (Sala della Colonna) e sostituito da una copia. Sul basamento, un’iscrizione ricorda Lupo, governatore bizantino che risollevò Brindisi dalla miseria dopo la conquista longobarda da parte del duca Romualdo I.
Il complesso scultoreo, posto proprio davanti all’imboccatura del porto, ci dona una suggestiva immagine che permette di scrutare sulla opposta sponda il Monumento al Marinaio e, in lontananza, perfino il Castello Alfonsino sull’Isola di S. Andrea. Adiacenti alla piazzetta, Palazzo Perez (XVIII secolo) e Palazzo Scolmafora, distrutto da un incendio nel XVII sec. fu ricostruito dal proprietario facendo incidere sugli architravi delle finestre il motto “Combusta revivescit” (ciò che è stato bruciato rinasce a nuova vita), ancora visibile.
– Il neogotico Palazzo Dionisi sulla omonima piazzetta che, percorsa in salita, ci conduce direttamente al magnifico portale di Palazzo De Leo, della stessa famiglia di cui fece parte l’arcivescovo Annibale, insigne figura di studioso che diede il suo nome alla Biblioteca Pubblica Arcivescovile.
– Sulla piazzetta alberata Vitt. Emanuele II (per i brindisini i Giardinetti) fanno bella mostra di sé la Fontana dei Delfini (A. Belliazzi, 1876),  il Monumento a Virgilio (F. Bodini, 1988) e, la recentissima (2024) acquisizione del busto in bronzo di Mahatma Gandhi. La statua donataci è copia di quella regalata sempre dall’India alla città di Hiroshima. L’importanza storica di Gandhi per Brindisi risale al 14 dicembre 1931, quando il Mahatma, dopo aver partecipato alla seconda conferenza sulla questione dell’India a Londra, decise di modificare il suo percorso di ritorno verso l’India facendo tappa nella città portuale. Il suo saluto alla partenza da Brindisi con il fazzoletto bianco rimane un’immagine legata alla iconografia della storia contemporanea della città.

– A sinistra la Stazione Marittima e a destra le strutture di Dogana e Capitaneria di Porto con un’epigrafe che ricorda il salvataggio dell’esercito serbo con il trasbordo a Brindisi di 115.000 profughi nel 1916.

Via S. Chiara vista dall’alto

Resti della chiesa di S. Chiara e annesso Convento

Tratto di Lungomare

 

Palazzo INA che contiene al suo interno le antiche vestigia dell’antica chiesa di S. Giovanni dei Greci

Casa del Turista con reperti medievali e romani

Hotel Internazionale

Tratto di lungomare

Palazzo del Lloyd Austriaco poi diventato Lloyd Triestino di Navigazione

Palazzina Belvedere e Collezione Archelogica Faldetta

Scalinata Virgiliana e Colonne Romane

 

 

Palazzo Perez (XVIII secolo)

Palazzo Scolmafora

Palazzo Dionisi sulla omonima piazzetta

Palazzo De Leo

Palazzo della Capitaneria di Porto con la meridiana del 1917, la grande epigrafe a ricordo del salvataggio dell’esercito serbo e targa bronzea di conferimento della Croce al merito di guerra alla città

Meridiana del porto

Epigrafe a ricordo del salvataggio dell’esercito serbo

Targa bronzea di conferimento della Croce al merito di guerra alla città

Piazza Vitt. Emanuele II (per i brindisini i Giardinetti) con la Fontana dei Delfini,  il Monumento a Virgilio e, la recentissima (2024) acquisizione del busto in bronzo di Mahatma Gandhi

Monumento a Virgilio

Fontana dei Delfini

Busto di Mahatma Gandhi

La Stazione Marittima

 

3 – Piazza Duomo

Nella grande piazza si possono ammirare:
il Palazzo Balsamo – Al termine di via Duomo compare la trecentesca Loggia Balsamo. Sorretta da otto archi scolpiti con strane raffigurazioni di mostri e figure umane. Si pensa che fosse l’antica sede del Palazzo della Zecca, istituita da Carlo D’Angiò a Brindisi. La parte inferiore presenta due archi ogivali che sono attualmente chiusi. L’attuale proprietario ha il cognome Balsamo.

il Palazzo del Seminario – A destra della piazza troviamo il Palazzo del Seminario, progettato dall’arch. Mauro Manieri nel XVIII sec. Sulla facciata una loggia su cui si innalzano otto statue, in rappresentazione delle arti liberali.

la Biblioteca De Leo – Nel Palazzo del Seminario trova sede la Biblioteca De Leo, prima biblioteca pubblica istituita nel Salento, ricca di pergamene, incunaboli e manoscritti.

l’Episcopio – La dimora e la curia del vescovo

il Palazzo De Marco – Situato tra via Montenegro e via S. Chiara, prende il nome dalla famiglia che lo costruì alla fine del Seicento. Nel 1887, fu acquistato dalla Comunità delle Suore di San Vincenzo, le quali si dedicarono a Brindisi alla diffusione della cultura e ad attività a favore delle giovani ragazze, insegnando loro anche l’arte del ricamo e del cucito.

la Cattedrale – La prima costruzione fu eseguita all’inizio del XII sec. Restaurata una prima volta nel XV secolo, fu quasi completamente distrutta dal terremoto del 1743. Ricostruita prese l’attuale aspetto. Affianca la Cattedrale il super

il  Campanile voluto dalla’Arcivescovo G.B. Rivellini, nello stesso periodo. Dell’antica Cattedrale normanna, oggi rimane solo l’abside esterna e i resti dell’antico pavimento musivo visibili nella navata sinistra e dietro l’altare maggiore, di cui fu esecutore lo stesso artista che lavorò nella Cattedrale di Otranto. Pregevole il Coro ligneo del XVI sec. su cui sono splendidamente scolpite rappresentazioni di Santi e figurazioni di mostri.Sugli altari laterali due tele del pittore salentino O. Tiso, allievo del Solimena. Nella Cappella del Sacramento, un altare dedicato a S. Teodoro con una tela di S. Teodoro a cavallo che ha sullo sfondo il porto di Brindisi, opera del pittore F. Palizzi (1830).

Palazzo Balsamo

Loggia Balsamo

Piazza Duomo

La Cattedrale

Navata centrale

Facciata lat. 

Cinquecentesco Fonte Battesimale

Navata lat. sinistra con mosaici

Predica di S. Leucio di Oronzo Tiso

Martirio di S. Pelino di Oronzo Tiso

Cappella del SS. Sacramento

L’Ultima Cena, 1715 di Diego O. Bianco 

Cappella di S. Teodoro

Balaustra marmorea

Coro ligneo dei canonici

Pavimento musivo area absidale

Il Campanile

Visione angolare della Piazza

Palazzo del Seminario

Episcopio

Visione angolare della Piazza

Palazzo De Marco

 

4 – Museo Archeologico Ribezzo
Sorto nell’area del vecchio Ospedale Civile, di cui ci restano oggi solo le due arcate ogivali rette da una colonna di gusto orientalizzante. Esse rappresentano una piccola parte del porticato dei Cavalieri del Santo Sepolcro che, verso la metà del XIV secolo, offriva ospitalità ai pellegrini in partenza per la Terra Santa. Il motivo delle arcate è stato così utilizzato per la costruzione del nuovo porticato che, come tutto l’edificio, è costruito con la dorata pietra locale, il carparo.
Il Museo comprende, oltre il porticato e l’atrio, sei sale ampie e luminose. Di modo che è possibile fare, in linea di massima, questa suddivisione:
Atrio e sotterraneo: Sezione epigrafica e statuaria;
Piano terra, primo e secondo piano: le collezioni Civica, Arcivescovile, Gorga e Marzano. Notevoli al p.t. gli imponenti capitelli provenienti da S. Andrea dell’Isola (oggi sede del Castello Alfonsino).
All’ultimo piano: Brindisi e il suo territorio; che ha acquisito, ultimamente, anche i bronzi recuperati nel 1992 nelle acque di Punta del Serrone ed inquadrabili tra l’età ellenistica e il III secolo d.C.
Tra i materiali recuperati, di particolare evidenza è la statua raffigurante il console romano Lucio Emilio Paolo che nel 167 a.C. trionfò nella guerra di Macedonia.

Facciata principale del Museo

Portico De’ Cateniano 

I grandi capitelli provenienti da S. Andrea dell’Isola (oggi sede del Castello Alfonsino)

Atrio del Museo

Collezione statuaria

Capitelli di epoca romana

Statue iconiche e ritratti

Collezione di monete e mosaici

Reperti in terracotta

In primo piano: “la nascita di Venere. La dea regge nella mano sinistra un fiore a cinque petali”

I Bronzi di Punta del Serrone

Torso di Lucio Emilio Paolo

Frammenti di personaggi diversi

Torre Penna a Punta del Serrone 

 

5 – Palazzo Granafei Nervegna e l’Area Archeologica di via Casimiro

Il Palazzo, di proprietà comunale, si presenta come un ben conservato esempio di architettura tardo-cinquecentesca, a cui è stato addossato un completamento novecentesco sul lato sinistro. L’edificio, a tre piani, con piccola corte interna, presenta un bel portale ad arco a tutto sesto, riquadrato da una cornice rettangolare che comprende anche uno stemma, affiancato da due finestre rettangolari con stipiti ed architrave riccamente decorati a cui è sovrapposto un timpano triangolare. Tre balconi con le balaustre traforate sono posti a filo della cornice marcapiano, alternati a finestre architravate, riquadrate da decorazioni classicheggianti. Il terzo piano reca cinque semplici finestre affiancate da lesene con capitelli ed è concluso da un lineare cornicione lievemente aggettante. All’interno il cortile è percorso da una balconata sorretta da massicce mensole. Il Palazzo presenta quindi notevole interesse storico-architettonico, ad eccezione del secondo piano che è stato modificato in epoca moderna. I lavori di recupero del Palazzo, svolti tra il 2000 e il 2008, hanno portato alla scoperta di pavimenti e strutture di età romana databili tra la seconda metà del I e l’inizio del II secolo d.C. Le caratteristiche tecniche, l’estensione dell’area di rinvenimento e la qualità, lasciano ipotizzare la presenza di una domus di notevole importanza provvista di diversi ambienti.Inoltre, il sito risulta frequentato anche in epoca tardo antica e medievale.

Il complesso noto come Palazzo Granafei-Nervegna fu costruito attorno al 1565 dalla famiglia Granafei, e, nel 1862 venduto ai fratelli Nervegna, cui si deve il nome comune. Dopo alcuni passaggi di mano, nel 1930 il Comune lo rilevò adibendolo l’anno successivo a sede del Tribunale, rimasta in funzione fino al 1976.
La sala principale a piano terra che fu dell’udienza, oggi è stata trasformata nella suggestiva “Sala della Colonna” ed ospita alcuni componenti originali della colonna romana: il .

Si aprono su via Duomo:
– La piazza Sottile – De Falco, intestata ai due finanzieri caduti in servizio nella lotta al contrabbando;
– l’Arco medievale, unico residuo dell’antica chiesa di S. Pietro degli Schiavoni, di cui purtroppo, non ci sono altre evidenze storiche.

A pochi metri di distanza, è l’Area Archeologica di via Casimiro, con i resti architettonici, scultorei e musivi di un edificio pubblico romano (I secolo d.C.) e i pavimenti di edifici abitativi di epoca repubblicana (I e II sec. sec. a.C.).

Arco medievale e altri resti

Piazza Sottile – De Falco

Via Duomo

Palazzo Granafei-Nervegna

Sala della Colonna – atrio

Sala della Colonna – originale di capitello, pulvino e l’ultimo rocchio della Colonna

Area Archeologica di via Casimiro

6 – Via Tarantini e l’antica “Insula Romana”

Proseguendo da via Santa Barbara, si imbocca via Tarantini, che ci porta nella vicina piazza Duomo a cui non accediamo però, senza aver prima visitato  il vecchio quartiere di S. Pietro degli Schiavoni, con la sua antica “Insula Romana”.

Accediamo sulla destra, da una delle strette vie che, un tempo, costituivano il reticolo viario del quartiere di S. Pietro degli Schiavoni; una comunità dalmata qui trasferitasi nella metà del XV secolo. Quel che rimane del quartiere dopo i recenti sventramenti, è un tipico esempio di architettura spontanea.

L’Insula Romana era nel centro della città antica. Nel 1964 le ruspe iniziarono gli sbancamenti nella miseranda zona di S. Pietro degli Schiavoni e, nel 1966 furono finalmente portate alla luce le strutture murarie, i pavimenti delle case e una strada. Si potrebbe trattare di un “calidarium”, ambiente destinato al bagno caldo con altri due vani riscaldati con il sistema della circolazione al di sotto dei piani pavimentali (hypocaustum). A nord, probabilmente una domus con pareti intonacate e dipinte, pavimentata tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I d.C. A ponente della strada, una struttura abitativa con pavimento in tessere di cotto a spina di pesce (opus spicatum) e resti di canalizzazione. A Sud la soglia di una struttura abitativa.

Su queste antiche rovine, nel 1960 è stato costruito con ardito esperimento architettonico, forse il primo teatro sospeso di cui si ha notizia.  I resti romani a circa 2,5 m. di profondità rispetto alla strada, furono coperti da struttura metallica ad una campata, con la vista dei reperti possibile sia dalle vie circostanti sia dal foyer.

Continuando il nostro percorso incontriamo la chiesa di San Miche Arcangelo e l’ex Convento delle Scuole Pie.
La chiesa è stata voluta nel 1664 dal Vescovo Estrada per ospitare a Brindisi i padri Scolopi dediti al ricovero e all’istruzione dei fanciulli più poveri.  costruita ad unica navata con transetto. Su di essa svetta l’alta cupola rivestita da mattonelle policrome, visibile da tutto il quartiere. All’interno vi sono buone tele seicentesche.

La chiesa è oggi parte di un progetto che, in uno con la chiesa di S. Teresa e S. Paolo, la vede diventare Museo Diocesano.
Di fianco è il complesso dell’ex Convento delle Scuole Pie, caratterizzato da un portale con ricca decorazione e rosone araldico recante la data 1664. Attualmente è utilizzato come spazio espositivo per mostre. Al primo piano è esposta la pinacoteca “Armando Scivales” con dipinti e disegni dell’illustre pittore brindisino, visitabile gratuitamente. Ospita il centro servizi culturali “Accademia degli Erranti”.
Coevo della loggia Balsamo, cui si richiama anche per gli archi ad ogiva nel piano terra, è il palazzo Leanza in via Tarantini, ad angolo con via De Dominicis. Non è da escludere che questo palazzo facesse parte di un unico corpo con l’attigua loggia Balsamo (o Los Rejes), che anche lo storico N. Vacca considera quale probabile sede della seconda zecca angioina.

Reticolo viario superstite in S. Pietro degli Schiavoni

La Cupola multicolore di S. Michele Arc. vista da Largo de’ Calò

Chiesa di S. Michele Arcangelo (ora Museo Diocesano)

Interno

Ex Convento delle Scuole Pie

Palazzo Leanza

 

Nuovo Teatro Verdi

L’Insula Romana

 

7 – Tempietto di San Giovanni al Sepolcro
E’ opinione comune che S. Giovanni al Sepolcro, sia per molti versi una costruzione piena di interrogativi ed incognite e dunque affascinante.
La sua storia si intreccia con la presenza degli ordini religiosi militari a Brindisi, quali i Teutonici, Templari e Gerosolimitani, che hanno ispirato il suo simbolismo architettonico. Il Tempio è un esempio a livello locale di come i modelli architettonici di Gerusalemme, quale ad esempio la Rotonda della Basilica della Resurrezione, siano stati qui reinterpretati.
In un’epoca in cui i pellegrini manifestavano un crescente interesse per i luoghi della Terra Santa, anche quelli lontani e difficili da raggiungere, il Tempio di San Giovanni al Sepolcro si ergeva come una riproduzione evocativa dei luoghi sacri, in particolare del Santo Sepolcro. Da più parti è stata sottolineata la straordinaria somiglianza della planimetria di S. Giovanni al Sepolcro con l’Anastasis di Gerusalemme, costituito da un duplice giro di colonne su impianto circolare edificato dall’Imperatore Costantino nel IV sec. d.C.
La costruzione del Tempio è datata presumibilmente tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, segnando il periodo di rinascita sotto il dominio normanno.
L’edificio presenta affascinanti dettagli architettonici, tra cui tre ingressi. Il primo, rivolto ad ovest e decorato con un portale in pietra calcarea, mostra bassorilievi raffiguranti motivi zoomorfi e geometrici influenzati dall’arte araba. Un secondo ingresso, simile al primo, si trova sul lato nord e presenta un protiro adornato da leoni stilofori e un arco a tutto sesto cuspidato. Gli stipiti in marmo di questo portale sono scolpiti con varie figure del “Bestiarium”. Un terzo portale, di più semplice fattura, attualmente murato, si apre verso il giardino retrostante.
Il Tempio brindisino, costruito interamente mediante il riutilizzo di materiali di recupero da preesistenti edifici romani e tardoantichi, ha una pianta circolare con un anello centrale costituito da otto colonne con capitelli. Di queste, due sono impegnate ai lati del primitivo ingresso; e le rimanenti dividono lo spazio in una rotonda centrale e un ambiente di passaggio limitato dalla muratura esterna.
La superficie interna delle pareti del tempio è decorata con frammenti di dipinti databili dalla metà del XIII secolo. Queste pitture richiamano la tradizione orientale e l’arte associata al movimento crociato. I dipinti si sovrappongono in strati successivi, raffigurando icone simili e, talvolta, tali raffigurazioni sono confrontabili con quelle trovate nei riquadri del coro di Santa Maria del Casale.
Nel 1969, furono condotti scavi all’interno e nel giardino retrostante, rivelando un mosaico romano di una Domus dell’età imperiale (II-III secolo d.C.). Questa Domus, con resti murari e un piano pavimentale in mosaico a 2,30 metri di profondità, subì danni significativi durante la distruzione della città nel 674 da parte di Romualdo, duca longobardo di Benevento.

Portale con protito e leoni stilofori

 

Stipiti scolpiti con varie figure del “Bestiarium”

Interno – rotonda centrale

Frammenti di dipinti del XIII sec.

Mosaico romano di una Domus dell’età imperiale (II-III secolo d.C.)

Ingresso lato ovest con portale in pietra; mostra bassorilievi raffiguranti motivi zoomorfi e geometrici influenzati dall’arte araba

Il Tempietto visto dal giardino retrostante

– Piazza e chiesa di S. Teresa
La piazza prende il nome dall’omonima chiesa del XVIII secolo, dalla sobria facciata divisa da pilastri corinzi e con quattro nicchie incorniciate da festoni di fiori che si aprono nella parte inferiore  unita alla superiore mediante due volute su cui poggiano alti pinnacoli. L’interno ha pianta a croce latina e si sviluppa in un’unica navata con transetto. Le profonde cappelle laterali contengono altari con marmi policromi, stucchi e ornamenti a festoni, testine alate e volute di impostazione tardo-barocca.
Di particolare importanza, nella prima cappella di sinistra, è una tela seicentesca raffigurante il martirio di S. Andrea. Il riferimento è alla confraternita dei marinai e pescatori di Brindisi che infatti aveva in origine sede presso la chiesa di Sant’Eufemia indicata anche come Sant’Andrea piccinno. Di pertinenza dell’abbazia di Sant’Andrea dell’Isola, fu richiesta dai carmelitani scalzi perché fosse incorporata nella loro clausura, risultando da molti anni abbandonata. La richiesta fu soddisfatta; in cambio, i teresiani si obbligarono a dedicare una cappella nella loro chiesa a sant’Andrea, facendo di questa il nuovo punto di riferimento della confraternita. Nel riadattamento della tela, operato da un ignoto pittore settecentesco che ne aumentò le dimensioni, furono aggiunti in alto il coro degli angeli, il Castello (Alfonsino) e la raffigurazione della pesca miracolosa. Dall’aprile di quest’anno, la chiesa diventata una delle tre sedi del Museo Diocesano “G. Tarantini” (insieme alla chiesa di S. Paolo e di S. Michele Arcangelo) ha riaperto i battenti dopo l’esecuzione di importanti e urgenti lavori di restauro.

Attiguo alla chiesa è l’ex Convento dei Padri Teresiani (sec. XVIII) oggi sede dell’Archivio di Stato. Adibito a caserma agli inizi dell’Ottocento e poi abbandonato. E’ notevole l’ampio e luminoso chiostro intorno al quale corre il porticato.

Nella piazza il Monumento ai Caduti dello scultore brindisino Edgardo Simone. L’opera, dedicata ai circa 500 caduti brindisini della prima guerra mondiale, fu commissionata dall’amministrazione comunale al nostro concittadino, scultore già affermato, Edgardo Simone nel 1926.
Tra le sculture:
in alto – una classica Vittoria Greca, originale nella sua forma, reca nella sinistra la figura di Roma, nella destra la daga col lauro e quercia;
in basso – un guerriero agonizzante con il capo cinto di gloria. Un grande scudo romano medusato poggia sotto il glorioso caduto formando l’elemento principale della grande vasca della fontana anteriore;
ai lati – due grandi gruppi che rappresentano: quello di destra, la madre italica che armato il figlio gli addita la via del dovere; quello di sinistra la vecchia madre accasciata dal dolore che accarezza sul suo grembo l’elmetto coperto di lauro del figlio caduto e stringe al seno l’orfano sacro.

Museo Tarantini – Chiesa di S. Teresa

Navata centrale

Cappella di S. Teresa

U. Colonna, La gloria di S. Teresa d’Avila – Dipinto a olio. Particolare del soffitto

Antico Chiostro ora Archivio di Stato

Monumento ai Caduti dello scultore brindisino Edgardo Simone

 

9 – Chiesa e chiostro di San Paolo Eremita
Sorge sui resti dell’arx romana, riutilizzata dai Bizantini e dai Normanni, abbandonata dopo la costruzione del Castello di Terra nel periodo svevo. Finita di costruire nel 1322, la facciata è stata del tutto rifatta nel XVII sec. Lungo il muro perimetrale esterno sulla fiancata accanto al portale si possono osservare lastre lastre sepolcrali di reimpiego provenienti da un vicino cimitero degli albanesi. L’interno ad unica navata, si conclude nell’abside inserita in un arcone gotico.
La dedicazione a San Paolo di Tebe era legata allo spirito dell’eremitaggio francescano, una vita interamente dedicata alla lode di Dio ed al servizio di tutta l’umanità, attraverso la penitenza e la preghiera. Questo è assolutamente presente nella chiesa di San Paolo Eremita in Brindisi: agile ed austera secondo l’ideale francescano, navata unica, abside slanciata, pareti ampie, originariamente ricoperte da affreschi con teorie di santi e scene di pietà cristiana, solcate da lunghi e stretti finestroni. Sugli affreschi parietali, tra i quali spicca l’ultimo ritrovato nel 2018, della Dormitio Virginis, sono stati sovrapposti gli Altari barocchi policromi od in pietra locale dedicati a San Giuseppe da Copertino, Sant’Antonio da Padova (1632), Santa Maria (1603), Santissimo Crocifisso, Immacolata (1741) e ai Santi Vito, Modesto e Crescenza quest’ultimo realizzato dagli scultori leccesi Agostino de Matteis e Pietro Spongano.
Sotto le travi del tetto si intravedono i gigli, simbolo degli Angioini che vollero la costruzione della chiesa e, diversi stemmi gentilizi.
Di notevole importanza la Cappella di S. Francesco d’Assisi voluta dallo storico brindisino Giovanni M. Moricino (1558-1628). Qui, in uno stesso sepolcro, sono i suoi resti mortali e quelli del figlio che, appena quindicenne, gli premorì. Particolare venerazione ha qui la Vergine Immacolata, cui si attribuì lo scampo dal terremoto del 1743.
Nel 2017 sono iniziati i nuovi lavori per il restauro completo della chiesa che sono stati portati a termine nell’ottobre 2018, mese in cui la stessa è stata aperta al pubblico.

Dal 2022 la chiesa fa parte di un progetto che, in uno con la chiesa di S. Teresa e di S. Michele Arc., la vede adibita a museo diocesano.

Di enorme pregio per la città, l’Arca d’argento di S. Teodoro del XIII sec. In occasione delle nozze di Federico II, le reliquie di san Teodoro d’Amasea furono traslate in Brindisi dalla città anatolica di Euchaita avvolte in uno sciamito e, qui collocate in un’arca le cui quattro facce verticali sono completamente rivestite di lastre d’argento. Su una delle quali sono impresse le antiche mura cittadine.
Attiguo alla chiesa era il Convento francescano di San Paolo, diventato prima sede della Prefettura e dall’ottobre 2014 entrato nella disponibilità della Provincia.

Chiesa di S. Paolo – Museo Diocesano

Ingresso

Ingresso laterale

Navata unica

Arca d’argento di san Teodoro d’Amasea, XIII secolo

Altare dedicato a S. Giuseppe da Copertino 

Altare dedicato all’Immacolata Concezione

Altare dedicato a Sant’Antonio da Padova

Altare dedicato all’incoronazione della Madonna del Carmelo e dei Santi Caterina, Paolo Eremita e Diego, e la famiglia Perez Noguerol

Cappella di San Francesco e Monumento sepolcrale dei Moricino

Sala espositiva

Affresco della “Dormitio Virginis” ritrovato durante l’ultimo restauro del 2018

Convento francescano di San Paolo, diventato prima sede della Prefettura e dall’ottobre 2014 entrato nella disponibilità della Provincia

10 – Chiesa di San Benedetto
La Chiesa di San Benedetto di Brindisi ha subito numerose trasformazioni e restauri nel corso della sua storia, principalmente a causa dei terremoti che colpirono la città, come quello del 1456. Le modifiche strutturali apportate, includono l’innalzamento delle pareti esterne e la costruzione di un vasto coro, ora ufficio del parroco, che ha comportato la demolizione dell’ingresso principale.
La facciata principale della chiesa, eretta tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo sotto i feudatari normanni, è caratterizzata da un portale marmoreo decorato con intricati motivi bizantini e un architrave scolpito con scene di caccia simboliche, datato tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo. Il campanile, di stile lombardo e forma quadrata, è un elemento unico in Puglia.
Gli interni della chiesa, originariamente dedicata a Santa Maria Veterana, sono divisi in tre navate da colonne con capitelli pregevoli. La decorazione interna include affreschi e opere d’arte sacra, come la statua della Madonna della Neve di Stefano Putignano e gruppi statuari in cartapesta del XVIII e XIX secolo.
Il chiostro dell’XI secolo, adiacente al lato nord della chiesa, presenta colonnine di marmo e capitelli decorati con motivi zoomorfi e palmiformi. Nel corridoio che fiancheggia la navata si trovano tracce di affreschi del XIII secolo, tra cui un’Annunciazione insolita.
Infine, l’ambulacro del chiostro ospita vari oggetti di rilievo tra cui anche resti di origine romana e una finestra bifora.

La facciata

Il portale

Architrave con tre scene di caccia, simbolo della lotta del Bene contro il Male

Interni

I capitelli figurati

Le tele

Assunzione della Vergine

Adorazione dei pastori

Statuaria

Madonna della Neve

San Benedetto da Norcia

Il Chiostro

Resti di affreschi

11 – Chiesa di Santa Maria degli Angeli
In Largo Angeli troviamo la chiesa voluta da San Lorenzo sull’area in cui era la propria abitazione.
I lavori iniziarono nel 1609 su progetto proveniente da Monaco di Baviera. Al di sopra del portale, come pure ai lati dell’altare, è lo stemma dei duchi di Lorena, tra i principali finanziatori dell’iniziativa.
La chiesa fu ingrandita negli anni seguenti alla messa in opera e il portale d’ingresso, che si apriva su via S. Lorenzo venne spostato su piazza Angeli. La bella facciata che termina con volute è movimentata da quattro paraste corinzie unite fra loro da ricchi festoni. L’interno è a croce latina, con una sola navata e profonde cappelle laterali. Il soffitto è coperto interamente da affreschi rappresentanti, tra finte architetture, l’Estasi di S. Francesco e le Storie di S. Chiara.
Da segnalare, tra gli altri oggetti presenti:
– il Crocefisso d’avorio inviato da San Lorenzo alla sua chiesa nel 1615, opera della scuola di tornitura eburnea di Monaco di Baviera. Il telo di fondo, in seta con ricami in oro, è tardo settecentesco;
– Il pulpito ligneo dorato, opera del XVII secolo, con le figure dei Santi Pietro e Paolo, riprese anche nel portone ligneo;
– Sull’altare maggiore, la grande tela rappresentante l’Immacolata tra Angeli, attribuita ad ambito di Cristoph Schwarz;
– il Crocefisso in legno laccato attribuito a fra’ Angelo da Pietrafitta (1699);
– alcune tele del pittore locale Barnaba Zizzi (1780-90);

– S. Antonio del pittore ateniese Giovanni Papagiorgio (1641);
– quattro tele, nel transetto, di Diego O. Bianco (1720-30).

Da piazza Angeli si prosegue su via Carmine, la strada più antica della città, su cui si affacciano i secenteschi palazzi Cafaro e Ripa.

Facciata principale

Navata unica con quattro cappelle per lato

Pulpito ligneo dorato del XVII sec.

Decorazioni del soffitto

Immacolata tra Angeli

Stemma nobiliare di Massimiliano di Baviera e dei duchi di Lorena

Crocefisso d’avorio – Monaco di Baviera, XVII sec.

Croce di di S. Lorenzo con alcune reliquie

Statua di S. Lorenzo

S. Anna e la sacra famiglia

Crocefisso ligneo (fine XVII secolo)

Il Beato Lorenzo da Brindisi

Madonna del latte (XVII sec.)

La deposizione (1672)

 

San Pasquale Baylon

Palazzo Cafaro

Palazzo Ripa

12 – Chiesa di S. Lucia
Percorrendo la via Lata, all’incrocio con via Santa Lucia, nella parte alta della città, troviamo la chiesa di S. Lucia.

“E’ una chiesa molto interessante per il suo vetusto aspetto, per la sua bella chiesa superiore della SS. Trinità, per la sua preziosa minuscola chiesa inferiore e perchè, fino da un primo colpo d’occhio, fa presagire subito, a un complesso monumento importante che testimonia di molte antiche vicende brindisine, e mostra notevoli forme d’arte, dal bizantino ad oggi”. (arch. C.L. Cesanelli).

Oggi è possibile ammirare la facciata monocuspidata, la cui semplicità di linee è interrotta solo dalla lunetta che sormonta il portale. Alla chiesa si accede da una scala a due rampe che ha sostituito una scala semiovoidale preesistente, simile a quella della chiesa di San Paolo Eremita. Si ritiene eretta nel XIII secolo, ed è un tipico esempio di architettura romanica che precorre e si include al linguaggio gotico. È dotata di cripta e in origine doveva esservi annesso un monastero femminile di monache premonstratensi, probabilmente le penitenti di cui è memoria in un documento del 1248, e che erano dette “monache bianche” dal colore del loro abito.
L’interno è a tre navate che sostituirono la navata unica probabilmente dopo i gravissimi danni subiti dalla chiesa con il terremoto del 1456. Le navate sono divise da quattro pilastri con archi ogivali; il tetto è a capriate.
Nella navata sinistra notiamo: “Il Martirio di S. Lucia” ove viene raffigurata la giovinetta che volge lo sguardo al carnefice che posto alla sua sinistra sta per pugnalarla, opera firmata nel 1770 dal pittore Giovanni Scatigno, verosimilmente di origine brindisina.
Nella navata destra il polittico della Madonna del Dolce Canto proveniente dalla non più esistente Madonna del Ponte, oggetto di culto perchè ritenuta miracolosa. La paternità della Madonna del Dolce Canto è stata ascritta da Rosario Jurlaro al pittore e nobile brindisino Jacopo De Vanis, attivo tra il 1559 e il 1570.
Di particolare interesse artistico è la Chiesetta inferiore, un tempo sopraelevata rispetto al livello stradale. Dell’originaria struttura romanica conserva il muro di fondo con l’abside e i resti del matroneo sul muro longitudinale di sinistra. Con i resti romanici si fuse nel sec. XII-XIII l’attuale struttura della chiesa a tre navate.
Queste 4 colonne con raffinati capitelli decorati con motivi vegetali dai profili taglienti e tralci che partono da maschere sputaracemi, sono “riconducibili alla cultura di maestranze pugliesi e abruzzesi della fine del sec. XII e l’inizio del XIII che mostrano significativi contatti con la produzione artistica degli ateliers della Terrasanta.

Lungo la via Lata, una delle più antiche strade di Brindisi perchè di epoca romana (secondo lo storico A. Della Monaca “…fatta a somiglianza della via Trionfale di Roma, detta via Lata, havendo voluto quei primi romani che vennero ad habitar Brindisi farsi una immagine della lor Patria, quanto più era possibile somigliante.”) è possibile vedere ancora qualche casa di epoca settecentesca. Qui mostriamo i palazzi: Orlandini, Lacolina e Greco.

Facciata laterale sin.

Facciata principale

Interno a tre navate

Polittico “Madonna del Dolce Canto” – di Jacopo de Vanis

Serie di affreschi della chiesa superiore

Accesso alla Cripta

Matroneo sulla parete longitudinale sinistra

Decorazioni di santi sui pilastri

Santa martire (part.)

S. Nicola

Capitelli decorati con motivi vegetali dai profili taglienti e tralci che partono da maschere sputaracemi (secc. XII-XIII)

Palazzo Orlandini

Palazzo Lacolina

 

Palazzo Greco

13 – Le mura di Porta Lecce e la  Chiesa di Cristo (o del Crocifisso)  
La città di Brindisi, un tempo circondata da una cinta muraria ricostruita dall’imperatore Carlo V nel XVI secolo, si estendeva fino all’Ottocento seguendo il perimetro medievale. Oggi, gran parte della cinta muraria è distrutta, ma sono rimaste oltre a qualche torrione, Porta Mesagne e Porta Lecce. Quest’ultimo ingresso alla città è un elegante arco a tutto sesto sormontato da un timpano marmoreo con gli stemmi di Brindisi, Carlo V e Ferdinando de Alarcon.
Accanto a Porta Lecce, si trova la Chiesa di Cristo o del Crocifisso, che spicca con la sua facciata romanica rivestita di carparo dorato. Costruita nel 1230, la chiesa ha lungo i lati del tetto una serie di archetti pensili che incorniciano un bel rosone delimitato da un falso protiro. L’interno, più volte restaurato, è costituito da un’unica ampia navata con un arco trionfale a sesto acuto sopra l’altare principale, sul quale si trova un bellissimo Crocifisso ligneo del XIII secolo, considerato opera di un artista tedesco ispirato a modelli francesi. Nella nicchia a destra dell’ingresso principale si trova una Madonna lignea con Bambino, anch’essa databile al XIII secolo. L’interno della chiesa è arricchito da sontuosi altari barocchi. L’abside esterna, decorata nella parte superiore con una serie di archetti tipicamente romanici, è visibile dal cortile adiacente alla chiesa.

Arco di Porta Lecce

Edicola del XVI sec.

Chiesa di Cristo (o del Crocifisso)  

Facciata principale

Rosone

Interno ad aula unica

Altare della Madonna del Rosario  

Altare del Sacro Cuore di Gesù

Crocifisso ligneo (sec. XIII)

Madonna della Luce, statua lignea del XIII secolo (?) attribuita ad intagliatore italo-francese

Abside visibile da via Bettolo

 

14 – Porta Mesagne e Vasche Limarie
Alla fine di via Carmine, si staglia Porta Mesagne, costruita da Carlo V nel XVI secolo per collegare le imponenti mura di fortificazione volute da lui stesso per proteggere la città.
Uscendo dalla città, subito a sinistra, si trovano le cosiddette Vasche Limarie, unici resti dell’imponente acquedotto che in epoca romana forniva acqua alla città di Brindisi. Questa struttura, realizzata in opus reticulatum, è composta da piccoli blocchi di pietra viva squadrata con precisione e serviva a far depositare i detriti contenuti nell’acqua proveniente dalla vicina località di Pozzo di Vito, dove si trova ancora oggi il bacino di raccolta. Attraversata la Porta, sulla sinistra si apre via Bastioni S. Giorgio, il cui ricorda un bastione scomparso durante i lavori di costruzione della ferrovia.
Porta Mesagne, principale ingresso alla città, era costituita da un grande fornice ogivale di epoca sveva (il fornice piccolo fu aperto negli anni ’30 del Novecento) e affiancata da un torrione su cui è visibile, in alto sull’angolo, lo stemma di Carlo V (un’aquila bicipite); sul cartiglio sono incise le parole:

CAROLUS QUINTUS ROMANORUM IMPERATOR SEMPER AUGUSTUS MDLI

Gli altri tre stemmi appartengono: quello centrale a Ferdinando di Alarcon, generale della cavalleria; i due laterali, con leone rampante, alla nobile famiglia napoletana dei Caracciolo.
A destra di via Bastioni, in piazza Crispi, è la Stazione Ferroviaria del 1865. Brindisi era considerata porto privilegiato sull’Adriatico per il traffico merci e passeggeri diretto in Oriente. Dal 1870, con l’inaugurazione della Stazione Marittima, Brindisi divenne il porto d’attracco per la “Valigia delle Indie” che collegava, attraverso la ferrovia ed il mare, Londra con Bombay. Di fronte alla Stazione il lungo rettilineo che arrivava fino al porto. Il primo tratto, dalla Stazione Ferroviaria a Piazza Vittoria denominato Corso Umberto, il secondo tratto fino al mare, Corso Garibaldi. I palazzi ivi disposti, costruiti quasi tutti tra la fine dell’Ottocento  e gli inizi del Novecento, in occasione della Valigia delle Indie, risentono dell’influenza floreale dello stile Liberty, all’epoca dilagante.

Porta Mesagne e Vasche Limarie

Porta Mesagne vista dall’interno della città

Vasche Limarie di epoca romana

Porta Mesagne vista dall’esterno

 

15 – Dalla Stazione Ferroviaria a Piazza Cairoli  

Nella seconda metà dell’Ottocento la città aveva urgenza di rinnovarsi, non solo per poter accogliere più degnamente i viaggiatori della Valigia delle Indie, ma anche per ampliare il numero delle case, visto l’accresciuto numero di abitanti. Poichè la Stazione ferroviaria era stata inaugurata il 20 febbraio 1865, la si volle congiungere al porto, con una strada ampia e diritta.
Provenendo dalla Stazione ferroviaria in direzione piazza Vittoria, si percorre Corso Umberto e, a metà circa della strada, si incontra piazza Cairoli con la monumentale Fontana delle Ancore.

Stazione Ferroviaria

Piazza Cairoli – Fontana delle Ancore

16 – Da Piazza Vittoria alla Stazione Marittima

Arrivati all’incrocio di corso Umberto con corso Roma, troviamo l’ottocentesco Palazzo Pinto-Barnaba. Al centro di piazza del Popolo svetta la statua in bronzo di Cesare Augusto,  copia di quella rinvenuta nel 1863 a Prima Porta e regalata alla città in occasione del bimillenario augusteo del 1937 per la lealtà sempre dimostrata da Brindisi nei confronti di Roma.

Alle spalle di piazza del Popolo vi è piazza Anime che accoglie la chiesa di S. Sebastiano, detta comunemente delle Anime.La chiesa più volte restaurata, presenta sul portale lo stemma in pietra di Brindisi, su cui sono scolpite le due colonne su testa di cervo. Dopo la demolizione della chiesa di S. Antonio Abbate, che era nei pressi del rione detto di Montecristo, il culto del santo venne trasferito alla chiesa delle Anime. Infatti, nel largo antistante la chiesa, nel giorno della festa di S. Antonio Abate (17 gennaio) s’impartiva la benedizione agli animali da tiro: cavalli, asini, muli decorati da nastrini multicolori (zagaredde) e di fiori finti e naturali, sfilavano di fronte al sacerdote benedicente.”

In Piazza Vittoria è la Fontana De’ Torres, così chiamata dal nome del governatore spagnolo (Pietro Aloisio De Torres) che la fece costruire nel 1618, per soddisfare le esigenze della città costretta a prendere l’acqua nei pressi di Porta Mesagne. Le spese furono sostenute dai cittadini più ricchi cui il Governatore impose, a seconda delle loro possibilità, quanto dovevano pagare, per non intaccare le sempre esauste finanze comunali. La fontana ha una elegante forma a tazza con testine bronzee zoomorfe da cui zampilla l’acqua. Sulla faccia esterna sono scolpiti lo stemma di Filippo III e una iscrizione che ricorda l’avvenimento.

Percorrendo Corso Garibaldi, sorto dove un tempo era il canale della Mena,  un braccio di mare che si addentrava fino all’attuale piazza Vittoria, si incontra a metà strada piazzetta Rubini, con un’epigrafe che ricorda il grande matematico Raffaele Rubini (1817-1890).

Alla fine di Corso Garibaldi è possibile vedere l’esterno della Stazione Marittima, stupendo esempio del “razionalismo” italiano opera dell’ing. G. Rapisardi.

Piazza del Popolo

Statua di Cesare Augusto

Piazza Anime

Chiesa di S. Sebastiano (o delle Anime)

Stemma di Brindisi con le due colonne

Interno

Palazzo Pinto-Barnaba

Corso Umberto

Piazza Vittoria

Fontana De Torres (1618)

Piazzetta Rubini (su vico Sacramento)

Stazione Marittima

 

17 – Chiesa di S. Maria del Casale – (zona Casale)

La chiesa di Santa Maria del Casale, costruita all’inizio del Trecento a 2 km dal centro della città, è un monumento di grande valore artistico, dichiarato monumento nazionale nel 1875. La struttura è nota per la sua sobria eleganza e i colori tenui del paramento murario che cambiano al variar della luce.
La data della sua fondazione è incerta, ma nel 1310 ospitò il tribunale disposto dal pontefice Clemente V per giudicare l’ordine dei Cavalieri Templari, soppresso due anni dopo con bolle papali conseguenti alla sentenza di condanna. Il suo legame con gli Angioini, principi di Taranto, è rilevabile dai documenti e dagli affreschi (si veda il grande pannello con il Giglio Angioino).
L’unico portale è sormontato da un Protiro pensile. L’interno è a navata unica con transetto e presbiterio rettangolare. Le semi-colonne hanno capitelli con mostri antropomorfi, zoomorfi, fitomorfi.
I preziosi affreschi, riscoperti nella seconda metà del secolo scorso, debbono riferirsi a due cicli pittorici separati.
Il primo gruppo, probabilmente voluto da Filippo Principe di Taranto comprende: il Giudizio Universale (sulla controfacciata), di Rinaldo da Taranto che lo ha firmato; l’Albero della Croce (a sinistra), sul quale è affrescato anche lo stemma araldico della città;  Cristo Re (abside); l’Annunziata e le storie di S. Caterina d’Alessandria (transetto);
Il secondo gruppo comprende affreschi devozionali. Di notevole interesse è il chiostro del Cinquecento annesso alla chiesa.

Facciata principale e Chiostro

Facciata

Chiostro

Interno a navata unica

Il Giudizio Universale di Rinaldo da Taranto 

Albero della Croce (o della Vita)

Madonne benedicenti le armate 

Santa Caterina – Episodi della vita della Santa

Maternità, Sant’Erasmo di Capua e la Maddalena

Maternità

18 – Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia – (zona Casale)

Nel 1925 Mussolini acconsentì alla costruzione del Monumento Nazionale al Marinaio Italiano a Brindisi, presiedendone il comitato d’onore. La scelta era caduta su Brindisi per i meriti acquisiti durante la prima guerra mondiale, quando era stata sede della base navale del Basso Adriatico, insignita della croce di guerra. La città aveva ospitato le flotte italiana, inglese, francese, giapponese e americana, contribuendo alla vittoria sul mare.
Il progetto del monumento, ideato dall’architetto Luigi Brunati e dallo scultore Amerigo Bartoli, vinse il concorso nel 1932, scelto tra i 92 lavori esposti.
I lavori iniziarono il 28 ottobre 1932 e furono completati in un anno con un costo finale di 2.300.000 lire, finanziato in parte dalla Lega Navale Italiana e dal Comune di Brindisi. Il monumento, alto 54 metri, al centro di una esedra fu realizzato in pietra di carparo, con i gradini in pietra bianca di Trani, ed inaugurato il 4 novembre 1933, alla presenza di Vittorio Emanuele III.
Ai lati della scalinata vi sono due ancore che appartenevano alle corazzate austro-ungariche Tegetthoff e Viribus Unitis, quest’ultima affondata dagli italiani nella rada di Pola il primo novembre 1918; accanto due cannoni tedeschi della Prima Guerra Mondiale.
Nella cripta, la statua della Madonna del Mare fusa nel bronzo nemico; nelle cappelle laterali i nomi dei Caduti nel mare.

Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia 

Vista del Seno di Levante

Di sera

La città di Brindisi vista dalla sommità del Monumento al Marinaio

La Cripta

L’Ara votiva sul piazzale

19 – Castello Alfonsino – (zona Casale)
Fu esplicitamente il pericolo turco alla base della decisione reale di fortificare adeguatamente Brindisi. E’ infatti mentre i turchi sono ancora asserragliati in Otranto che, nel febbraio del 1481, Ferrante d’Aragona dispone l’avvio dei lavori per la costruzione di un torrione a guardia del porto di Brindisi. L’isoletta su cui sorge era stata la sede di un’importante abbazia benedettina denominata S. Andrea dell’Isola, di cui rimangono gli imponenti capitelli conservati nell’atrio del Museo Ribezzo. Nel 1485 Alfonso duca di Calabria inizia a trasformarlo in un vero castello, isolato con il taglio dello scoglio su cui poggiava e l’apertura di un canale. Nel 1492 il castello è completamente finito con il grande salone al primo piano.
Nel 1558 si avvia la costruzione del Forte che durerà per 46 anni. Il canale diventerà una darsena tra nuova e antica struttura e si provvederà anche all’adeguamento del baluardo circolare di S. Filippo. Il Forte sarà separato dall’opera a corno da un nuovo canale. Gli alloggiamenti vengono sistemati lungo i tre bracci della piazza d’armi.
L’accesso è dalla darsena, sul cui portale sono le insegne di Filippo III e del vicerè, conte di Lemos.

Il Castello Alfonsino (o di mare) visto dal Porticciolo

La Darsena

La Darsena di sera

 

 

I camminamenti di ronda

L’interno

Le stanze e i saloni

20 – Villaggio Pescatori – (zona Casale)

Al Casale, partendo da Brindisi ci si può arrivare solo in due modi, con la motobarca o passando per via Prov. San Vito. Se si sceglierà questo secondo modo si potrà vedere sulla sinistra la storica Fontana Tancredi,  del 1192. Voluta dal normanno Tancredisulla preesistente fontana di età romana, in occasione delle nozze del figlio Ruggiero con Urania di Costantinopoli. L’epigrafe di re Tancredi non è più leggibile ma è ancora visibile l’incisione voluta da Ferdinando Loffredo, Governatore della provincia d’Otranto, nel 1540, per l’avvenuto restauro.
All’interno del quartiere Casale trova posto il pittoresco Villaggio Pescatori, progettato dall’ing. Ugo D’Alonzo nel 1938, per accogliere la gente del quartiere marinaro delle Sciabiche, sull’opposta sponda del seno di ponente, come previsto dal piano regolatore del 1934 e portato a compimento nel 1959.
A dare inizio all’inconsulta azione demolitrice delle Sciabiche nei primi anni del XX secolo, furono le cronache dei giornali che parlavano di case “fatiscenti e sconnesse” e “senza i servizi essenziali” come ricordavano gli anziani. Pescatori, barcaioli, gente semplice con i propri attrezzi animava questa caratteristica zona della marina detta appunto Riva dei Pescatori; erano queste le figure sociali che d’un tratto furono “obbligate” a prendere posto in quella che da sempre era considerata luogo in cui le classi più facoltose decidevano di trasferirsi per le vacanze o per sfuggire ai pericolosi miasmi del porto interno.
E fu proprio per questi motivi che l’Ufficio Tecnico comunale, data la conformazione della zona prescelta digradante verso il mare, completamente visibile dalla città e situata nel rione Casale considerato città-giardino, ritenne opportuno redigere un progetto che desse alle nuove costruzioni il carattere di piccoli edifici staccati e sparsi sulle falde digradanti. Lo scopo era quello di evitare la vista dalla città di grandi edifici che per il loro carattere modesto di case popolari potevano costituire un elemento di disturbo nel panorama circostante.

Fontana Tancredi

Villaggio Pescatori

English Version

2 commenti

  1. Bravi, bravi, bravi, grazie di cuore, un lavoro certosino, da encomio, curato nei minimi particolari.
    Opera da conservare e custodire gelosamente.

    1. Grazie Sergio, se permetti riferirò questo tuo commento al comune amico Mario (Carlucci) che mi ha già chiamato poche ore fa e vuole sempre nuovi aggiornamenti che riguardano il sito e il lavoro svolto come Brundarte

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